mercoledì 5 novembre 2008

LA PADANIA - 05/11/08 GRANDI OPERE STUCCHI: "DALL' EUROPA UNA BUONA NOTIZIA"

Onorevole Giacomo Stucchi, finalmente dall’Europa una buona notizia: il traforo del Frejus sarà finanziato.
“Un’ottima notizia, unita al fatto che si tratta di infrastruttura di valenza europea. Di solito dall’Ue i soldi vanno verso le zone meno sviluppate (quindi il Mezzogiorno). Ora dobbiamo dimostrare che quei pochi soldi che ci tornano dall’Europa siamo in grado di farli fruttare”.
Perché pochi soldi?
“Perché siamo contribuenti in credito nei confronti dell’Ue. Nel senso che il saldo tra quanto versiamo come contribuenti all’Europa e quanto ci torna è di quattro milioni di euro. Cioè paghiamo più di quanto riceviamo. Quindi dobbiamo essere concreti ed ottimizzare i fondi che arrivano da Bruxelles. Il finanziamento del Frejus non è la panacea di tutti i mali, ma sicuramente un buon risultato ottenuto”.
Ci sono altri finanziamenti in arrivo?
"E’ molto interessante guardare al recupero delle aree ex-industrializzate. Soprattutto la Padania ha molte aeree dove sorgevano grandi industrie che ormai non ci sono più. E anche le grandi città industrializzate, come Milano, Torino, Venezia, possono trarre benefici dai fondi ad hoc per questo tipo di interventi legati alla riqualificazione di zone che un tempo vivevano principalmente di industria. E’ un’opportunità direi quasi esclusivamente padana. Le aree deindustrializzate stanno soprattutto dalle nostre parti".
Esiste poi il problema dei fondi che non si riescono a spendere.
“Il Fondo Sociale Europeo viene suddiviso tra gli stati membri in base ai progetti che vengono presentati. Se i soldi non vengono spesi, la beffa è doppia. Già finanziamo i “paesi poveri” con quattro miliardi, con cui ci fanno concorrenza. Se poi i nostri finanziamenti non riusciamo a spenderli, quello che avanza viene distribuito tra gli stessi Stati che godono delle nostre tasse europee”.
Insomma, ciò che non spendiamo deve essere restituito?
“Sì. Anzi, non viene nemmeno dato. Adesso, contrariamente al passato, viene erogato solo il finanziamento rispetto a quanto fatto, il resto rimane a Bruxelles”.
Il piano del Fondo Sociale europeo 2008-2013 è stato fatto un paio di anni fa. Oggi, alla luce della crisi, le condizioni socio economiche sono cambiate. Non crede valga la pena rinegoziare con Bruxelles quel piano?
“Deve essere rinegoziato sia l’importo complessivo dei fondi, sia la destinazione. Ricerca e sviluppo vanno incrementati, così come va rivista la politica agraria comune, chiedendosi se deve continuare ad essere una priorità, oppure se quei fondi debbano essere spesi in un altro modo. Ancora. I fondi infrastrutturali devono essere rivisti in funzione della necessità di considerare “europee” anche quelle da realizzare in zone considerate già abbastanza sviluppate. Un rafforzamento delle infrastrutture in tali zone serve ad affrontare in modo più ottimistico la crisi. Teniamo conto che il bilancio europeo è stato progettato e approvato in un altra era geologica, quando c’era una situazione completamente diversa. Oggi le esigenze dei singoli stati membri e dei loro cittadini sono diverse. L’Unione deve riflettere: non può rimanere con un bilancio ingessato fino al 2013 e pensato nel 2005, nel frattempo è cambiato il mondo, speriamo che anche a Bruxelles se ne accorgano”.

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