giovedì 29 gennaio 2015

IL GIORNALE - 29/01/15 - IN TUTTA EUROPA LOTTA ALLA JIHAD. DA NOI TERZO RINVIO AL DECRETO



Londra, Francia e persino l'indolente Unione europea so­no già pronti a combattere il ter­rorismo islamico con nuove leg­gi e nuove armi. Il nostro gover­no invece discute e temporeg­gia. Il terzo rinvio del decreto legge contenente le nuove, indi­spensabili norme antiterrori­smo viene giustificato, a ben tre settimane dall'attacco a Char­lie Hebdo, con la necessità di concentrarsi sull'elezione del presidente. «Fare un decreto su questi temi mentre sono in cor­so le consultazioni per l'elezio­ne del capo dello Stato non c'è sembrato giusto», spiega il sot­tosegretario con delega ai Servi­zi, Marco Minniti negando, pe­rò, l'esistenza di divisioni all'in­terno del governo. Una giustificazione che non soddisfa il presidente del Copasir (Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica) Giacomo Stucchi. «Resto esterrefatto nel vedere che norme destinate a venir ratificate pochi giorni fa verranno approvate, se tutto an­drà bene, appena la prossima settimana. Mai come stavolta - dichiara Stucchi al Giornale - erano presenti tutti gli elemen­ti d'urgenza previsti dalla Costi­tuzione. Ogni giorno perduto è un giorno regalato ai terrori­sti».Secondo Stucchi dietro l'ennesimo rinvio non c'è la nomi­na del Capo di Stato, mala que­stione della «superprocura», l'organismo chiamato a coordi­nare tutte le indagini sul terrori­smo e a sintonizzarsi non solo con l'intelligence nazionale, ma con tutte le autorità simili a livello europeo e internaziona­le. Osteggiata da quanti, come il presidente del Copasir, riten­gono «superfluo mettere in campo un'ulteriore struttura non ancora collaudata e di dub­bia efficacia», la Superprocura è vista con diffidenza anche da chi ritiene imprudente condivi­dere con la magistratura le in­formazioni sull'operato dei ser­vizi segreti. Ecco perché la solu­zione potrebbe essere la trasfor­mazione della Superprocura in un'appendice della Direzione nazionale antimafia. Una soluzione sottoscritta ie­ri, a nome dell'intelligence, da Marco Minniti. «La cosa miglio­re - spiega il sottosegretario - è creare una sezione specializza­ta nel terrorismo all'interno del­la Direzione nazionale antima­fia, in modo da avere un ele­mento di forte coordinamento in una struttura che già esiste senza partire da zero». Mentre governo e istituzioni italiane di­scutono, gli altri Paesi europei sono già in trincea. Nel Regno Unito il decreto con le norme che prevedono il blocco alle frontiere dei reduci jihadisti, maggiori controlli su intemet e telefoni e una stretta vigilanza su università, prigioni e luoghi di culto risale allo scorso no­vembre. La Francia, colpita al cuore dai jihadisti, ha impiega­to due settimane per approvare lenormevolute dal primo mini­stro Manuel Valls che prevedo­no investimenti p er 425 milioni di euro e la creazione di 2600 nuovi posti di lavoro. E persino il Parlamento europeo, regno di tutti i rinvii e ritardi burocrati­ci, ha discusso ieri il nuovo pia­no antiterrorismo proposto dal­la Commissione Ue.Il piano prevede tra l'altro la raccolta elaregistrazione fino a cinque anni dei dati personali di tutti i passeggeri che viaggia­no da e per l'Europa. E tra le 42 tipologie di informazioni regi­strate, non rientreranno solo nominativi, indirizzi e metodi di pagamento, ma perfino le preferenze alimentari. La scel­tadiun menu islamico rigorosa­mente halal sarà ad esempio motivo di segnalazione e com­porterà la registrazione in un database centrale al quale avranno accesso polizia e forze di sicurezza. Nulla comunque in confronto a quello che già av­viene negli Stati Uniti. Lì, come spiega il Wall Street Journal, è già perfettamente operativo - e a disposizione di tutte le forze di polizia e di sicurezza - un si­stema di rilevamento delle tar­ghe attraverso telecamere capa­ce di registrare ed immagazzi­nare i movimenti degli automo­bilisti su tutte le principali stra­de degli Stati Uniti.

mercoledì 28 gennaio 2015

IL GIORNALE.IT - 28/01/15 - CHIUDERE I CENTRI ISLAMICI CHE VIOLANO LE NORME

Lo scrittore e giornalista, ospite del Movimento universitario padano, ha presentato il suo libro edito dal «Giornale»: «Non perdiamo la testa», e ha incontrato i cittadini pavesi nell'aula magna dell'Università in piazza Leonardo Da Vinci, per una conferenza dibattito dedicata a «L'inverno arabo. Conseguenze della primavera araba». Un'analisi su illusioni e realtà del mondo islamico anche alla luce della terribile strage del 7 gennaio nella redazione del giornale parigino «Charlie Hebdo». Con Magdi Allam c'era anche il presidente del Copasir (il comitato parlamentare di controllo sui servizi) il leghista Giacomo Stucchi. Notevole spiegamento di forze dell'ordine, ma Stucchi ha spiegato che è importante non cambiare la propria vita e le proprie abitudini per paura della minaccia terroristica. Fra i relatori anche Toni Iwobi, responsabile immigrazione della Lega Nord, militante di origine nigeriana che aveva già affiancato il segretario Matteo Salvini sul palco del Duomo nel corso della manifestazione leghista di Milano. Grande attenzione è stata riservata al tema dei centri islamici. «Bisogna chiudere tutti le moschee che non rispettino rigorosamente le norme» ha avvertito Allam. E l'applauso più lungo e convinto lo ha riscosso il no all'apertura della moschea di Pavia. «Bisogna fare le barricate». Il tema è sentitissimo in città e ha spaccato la maggioranza. Dopo un clamoroso pronunciamento del capogruppo del Pd Davide Ottini, infatti, pochi giorni fa anche il sindaco ha bocciato la richiesta della comunità islamica locale, spiegando in Consiglio comunale che il progetto presentato era sovradimensionato e previsto oltretutto in un'area verde.

venerdì 23 gennaio 2015

AFFARI ITALIANI - 23/01/15 - INTERVISTA AL PRESIDENTE DEL COPASIR SEN. GIACOMO STUCCHI

Ci sono novità sui rischi di attentati terroristi in Italia? "Posso dire che siamo stati aggiornati costantemente è che questa settimana ci è stato fornito un nuovo elenco di soggetti che si sono aggiunti alla lista di coloro che vengono seguiti con attenzione dall'intelligence. Abbiamo verificato anche come alcune di queste persone siano già oggetto di indagine da parte della Magistratura. L'incremento del numero di soggetti inseriti negli elenchi da una parte fa piacere, perché dimostra che c'è attenzione massima da parte dei nostri servizi di sicurezza ma, dall'altra, preoccupa perché vuole dire che in questo momento c'è un numero maggiore di persone potenzialmente pericolose".Questi soggetti sono in Italia?"Alcuni di questi sono in italia ma la maggior parte all'estero e molti fuori dall'Europa".Che cosa sapete di queste persone? "Sappiamo i loro nomi e dove vivono, si cerca di capire chi incontrano e si valutano i loro comportamenti. Non vi posso peró rivelare il numero esatto". Sono meno di cento?"Sì, certamente. Si tratta comunque di un numero di soggetti la cui consistenza non è tale da impedire a chi opera sul campo di seguirli in modo adeguato. Non è un numero eccessivo, ribadisco che non parliamo di migliaia di soggetti, però mi lasci dire che l'allerta deve essere massima anche se ci trovassimo di fronte ad un solo caso. Ed essendo più di uno la preoccupazione è più che legittima".Qual è il lavoro della nostra intelligence? "Lavora per evitare che possibili atti terroristici diventino probabili o, speriamo di no, concreti. L'impegno è massimo. Confido in loro". Ci sono anche italiani?"Alcuni sono o erano residenti in Italia e alcuni, pochi, sono anche cittadini italiani. Molti di questi non sono più vivi, sono morti in Siria combattendo per l'Isis. E tanti di questi hanno o avevano una cittadinanza straniera e diversi di loro si trovano ancora tra Iraq e Siria". Tra questi soggetti ci sono anche i famigerati foreign fighter?"Certamente sì". Quali sono i luoghi più a rischio?"Tutto il mondo occidentale è potenzialmente in pericolo. Poi che all'interno del mondo occidentale ci siano zone o città o luoghi che possono risultare più rischiosi è quasi ovvio. In Italia come in altri paesi europei è chiaro che i rischi maggiori di attentati sono i classici luoghi dove ci può essere una concentrazione maggiore di gente. Per questo anche da noi i target sono quelli dove troviamo persone che utilizzano mezzi di trasporto di massa piuttosto che per il tempo libero o quelli religiosi. Gli obiettivi possono essere molti. Per questo la sfida è ardua".L'Italia sta facendo abbastanza per la prevenzione?"Le forze dell'ordine e gli uomini dei servizi ci stanno mettendo il massimo impegno. Il governo ha recepito la richiesta del Copasir e inserirà in un prossimo decreto legge lo stanziamento di più risorse per avere più uomini per combattere il terrorismo internazionale. Incremento di risorse anche per le attrezzature contro il cyber-terrorismo, ovvero per seguire siti e/o blog dove ci possono essere le avvisaglie di chi vuole compiere atti di cyber-terrorismo. Molto importanti sono anche le garanzie funzionali, pure queste in fase di approvazione, che permetteranno ai nostri agenti di agire sotto copertura anche a livello internazionale per ottenere informazioni utili al fine di prevenire problemi che possono verificarsi in Italia".Il Vaticano è nel mirino? "E' un simbolo dell'Occidente, come tantissime altre realtà in Europa. Tutti i potenziali obiettivi vengono controllati il più possibile nella speranza che si eviti quello che può accadere. Ma non ci sono specifici e circostanziati segnali di allarme. Questo però non ci deve indurre a sottovalutare il pericolo".

lunedì 19 gennaio 2015

CORRIERE.IT - 19/01/15 - Il Copasir: «C’è stata contropartita ma dodici milioni sono troppi»

Il presidente Giacomo Stucchi sull’ipotesi che sia stato pagato un riscatto per la liberazione delle due ragazze: «Sarebbe inaccettabile un pagamento così elevato»
 
Continua il dibattito politico, e non solo, sull’ipotesi che sia stato pagato un riscatto per la liberazione di Greta Ramelli e Vanessa Marzullo. Interviene il Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica: «Contropartite ci sono sempre quando uno riesce a liberare ostaggi - spiega ai microfoni di Sky Tg24 il presidente del Copasir Giacomo Stucchi - ma non sempre sono di tipo economico». Il presidente Stucchi aggiunge, poi, che la cifra di 12 milioni di euro circolata «sembra esagerata dal tipo di informazioni che io ho. In ogni caso, sottolinea Giacomo Stucchi, «a prescindere dall’importo, pagare dei soldi, poi magari utilizzati per comprare armi, sarebbe sicuramente un errore da non fare», meglio «individuare altre soluzioni», meno «dannose anche per il futuro perché se io faccio vedere che sono disponibile a pagare poi tutte le persone che si recano in certe zone diventano un bancomat per i terroristi. Mercoledì - ricorda ancora il presidente del Comitato per la sicurezza della Repubblica - avremo una riunione di Comitato (in calendario l’audizione del direttore del Dis, Giampiero Massolo, ndr) in cui ci verrà illustrato tutto l’iter del sequestro: in quella occasione il Parlamento, perché il Copasir è il Parlamento per le questioni legate all’intelligence, verrà reso edotto di tutti questi passaggi e faremo le nostre valutazioni». Se si fosse pagato quel riscatto sarebbe inaccettabile».Per Stucchi, resta il fatto che le due volontarie «sono state avventate e anche un po’ sprovvedute, perché non ci si reca in zone così senza preparazione, sono luoghi molto delicati dove nemmeno le associazioni che vengono gestite da professionisti spesso si recano. Anche Amnesty ha ricordato che sulla cooperazione non si scherza e non si improvvisa, è un messaggio importante anche perché le conseguenze quando si tratta di affrontare un sequestro non solo, seppure importanti, di tipo economico: occorre impiegare risorse e uomini in territori delicatissimi, che mettono a repentaglio la loro stessa sicurezza».

venerdì 16 gennaio 2015

LA REPUBBLICA - 16/01/15 - Stucchi (Copasir): "Dodici milioni di riscatto è inverosimile"

Non è stato pagato un riscatto da 12 milioni di euro per la liberazione di Vanessa Marzullo e Greta Ramelli: non ha dubbi per l'onorevole Giacomo Stucchi (Lega Nord), presidente del Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, organo di controllo dei servizi segreti italiani. "Una cifra inverosimile, diffusa per destabilizzare l'opinione pubblica - dichiara Stucchi - la prassi per l'Italia è di non pagare, ma raggiungere accordi per esempio di fornitura di materiali di soccorso"

mercoledì 14 gennaio 2015

GLOBALIST - 14/01/15 - Rischio terrorismo in Italia, Stucchi: servono più risorse all'intelligence

Il presidente del Copasir, Giacomo Stucchi ha affermato che al comparto dell'intelligence vanno destinate "maggiori risorse, non solo economiche ma anche umane e tecnologiche". Ha così illustrato la proposta avanzata dal Comitato al termine dell'audizione di Marco Minniti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega ai servizi di informazione e sicurezza. Ha aggiunto che serve "nuovo personale, nuove risorse e nuove attrezzature", queste ultime anche per fronteggiare le cyber minacce, ha sottolineato Stucchi, "e il governo e' disponibile a discuterne. La minaccia è tale che richiede il maggior sforzo possibile di contrasto: non bisogna lesinare risorse a chi e' impegnato quotidianamente in prima fila. Con il sottosegretario Minniti ci siamo confrontati su questa nuova forma di terrorismo 'molecolare', caratterizzato da piccole aggregazioni di singoli individui o gruppi estremamente ristretti, molto più difficili da controllare". Ha precisato che per quanto riguarda in particolare l'Italia, "atti e gesti drammatici possono essere compiuti in qualsiasi Paese e noi rappresentiamo un obiettivo al pari di tutti gli altri Paesi occidentali, ma dire che tutto e' possibile non vuol dire che tutto sia probabile: ci sono eventi altamente imprevedibili e altri che possono non esserlo. Ovviamente, noi lavoriamo per prevenire, con uomini e strutture impegnati al 110%". L'inchiesta della procura di Roma (nel cui mirino e' finita una decina di islamici residenti in Italia, sospettati di avere legami con la jihad )? "La procura fa il suo lavoro, e' giusto che la magistratura e le forze dell'ordine tengano alta l'attenzione su quello che accade sul territorio". Per il presidente del Copasir, anche "il rischio emulazione resta alto: fatti come quelli di Parigi portano alcuni a diventare protagonisti negativi a livello mondiale e qualcuno puo' essere portato a raccoglierne l'esempio, ma la nostra intelligence monitora tutte le realta' piu' delicate e preoccupanti, la situazione e' sostanzialmente sotto controllo per quanto la perfezione non sia di questo mondo. Schengen? Non ne abbiamo parlato, per noi l'importante e' accedere alle liste dei passeggeri, perché se ci sono segnali che un soggetto non può volare, ad esempio, sui cieli francesi o tedeschi e' giusto che anche l'Italia lo sappia per impedirglielo, se e' il caso. Nelle prossime settimane - ha concluso Stucchi - torneremo a sentire le agenzie di informazione e sicurezza. Dobbiamo anche valutare l'opportunità di fare un 'tagliando' alle leggi che regolano l'attivita' dell'intelligence e Minniti ci ha spiegato che intende discutere prima proprio in sede di Copasir le eventuali proposte avanzate dal governo"

FORMICHE - 14/01/15 - Vi spiego come l’Italia combatterà il terrorismo islamico. Parla Stucchi (Copasir)

La notizia dell’indagine della Procura di Roma su alcuni residenti in Italia accusati di terrorismo, si è unita, ieri, a quella di una riunione del Copasir. Un’occasione, per il sottosegretario con delega ai servizi segreti, Marco Minniti, di aggiornare il comitato sull’emergenza jihadista. Che rischi concreti corre l’Italia? E cosa si sta facendo per migliorare la sicurezza delle nostre città? Tutti temi affrontati in una conversazione con Formiche.net da Giacomo Stucchi, presidente del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir). ​Presidente, che cosa si è detto durante la riunione del Copasir di ieri? Il sottosegretario con delega ai servizi segreti, Marco Minniti, ha fornito al comitato un quadro completo relativo all’emergenza terrorismo, comprensivo di documenti classificati. Ha parlato della situazione in Italia, dei nostri foreign fighter, ma anche di che è accaduto a Parigi, comunicandoci anche alcune informazioni dell’intelligence francese. Non vi era invece nessun documento che facesse riferimento a rischi imminenti per la Penisola. A proposito di foreign fighter: quanti sono quelli italiani? Dove sono in questo momento? E quanto è alto il rischio, unito a quello dei cosiddetti lupi solitari, che alcuni di loro tornino per colpire? Come in tutto l’Occidente, non solo in Italia, i nostri valori sono oggetto di un attacco da parte dell’Isis e Al Qaeda. Questo non vuol dire che debba scattare la fobia. Le nostre forze dell’ordine hanno già alzato il livello di controllo, ma sono pronte a colpire. Ovviamente è impossibile prevedere tutto, soprattutto se a offendere sono cani sciolti, imprevedibili per definizione. Per quanto riguarda i foreign fighter, i numeri sono quelli che ha dato il ministro dell’Interno Angelino Alfano: in Italia ne abbiamo censiti 53, dei quali conosciamo la loro identità e sappiamo dove si trovano. Più che altro il nostro Paese ha un’anomalia: secondo le leggi vigenti, è reato reclutare i combattenti, ma non non essere un foreign fighter. Questo va rivisto, assieme ad altre cose. Quali iniziative il Copasir ritiene prioritarie per contrastare al meglio il terrorismo? E quali i tempi per realizzarle? Tra una ventina di giorni, forse anche quindici, il comitato si riunirà nuovamente. Si discuterà di mettere a disposizione delle forze dell’ordine e della nostra intelligence, una maggiore disponibilità di risorse umane, soldi e apparecchiature, anche in ambito cyber. Un maggiore controllo della Rete è essenziale, così come l’attività dei nostri 007. Ma anche del bisogno di modifiche normative alla Legge quadro sui servizi – da sistemare anche sulla scorta delle esperienze positive degli apparati di altri Paesi – o di operare nelle pieghe delle leggi in vigore. Per ognuna di queste ipotesi, il Copasir ha riscontrato una forte sensibilità da parte del sottosegretario Minniti, che per questo ringraziamo. Anche in questo caso, infatti, ha voluto discutere preventivamente col comitato la proposta che verrà poi portata in Parlamento. Dal vertice di Parigi, al quale ha preso parte Alfano, sono emerse altre misure, come quella di un maggiore controllo sui passeggeri. Che ne pensa? Come il suo leader della Lega, Matteo Salvini, anche lei ritiene che Schengen vada rivisto? Per ciò che riguarda le liste dei passeggeri, credo che tutto il Copasir ritenga importante che tra i Paesi dell’Unione e gli Stati Uniti vi sia una condivisione di informazioni che possono essere utili a identificare eventuali soggetti pericolosi. Sì, credo che Schengen – questa invece è la mia opinione – vada rivisto completamente. Quel tipo di libera circolazione è stata concepita in altri momenti, quando non c’erano pericoli. In passato si sono adottate maglie molto larghe. Oggi non possiamo consentire che quel tipo di circolazione divenga uno strumento di terrorismo. Crede si vada verso un’intelligence europea, come si è detto in queste ore? Per quanto riguarda il terrorismo credo di sì. Vedo invece molto difficile che ciò si concretizzi, almeno a breve, in settori come l’intelligence economica. Ogni Paese è ancora troppo concentrato sui propri interessi. Difficilmente sarà disposto a condividere informazioni di quel tipo. Lo scambio continuerà ad essere giocoforza limitato.

L'NTRAPRENDENTE - 14/01/15 - IL CAPO DEL COPASIR CI DICE TUTTO SULLA LOTTA AL TERRORISMO

«Tutto l’Occidente è nel mirino» è una frase che in questi giorni abbiamo sentito ripetere più volte dopo l’attacco a Charlie Hebdo. Tante volte ma non è mai abbastanza. Perché, pur senza sollecitare inutili allarmismi, il pericolo concreto che certi atti possano ripetersi c’è. A dircelo, stavolta, non è solo il buonsenso bensì il presidente del Copasir Giacomo Stucchi intervistato da L’Intraprendente. Per chi non lo sapesse Copasir sta per Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica ed è un organo di controllo e vigilanza dei tre organismi di sicurezza (leggi servizi segreti) Aisi, Aise e Dis. Il senatore leghista Stucchi è subentrato a Massimo D’Alema nel giugno del 2013. Ecco cosa ci ha detto: Presidente, dopo gli avvenimenti francesi c’è il ragionevole timore che attacchi del genere possano ripetersi anche in Italia? Tutto l’Occidente e tutti i suoi simboli sono nel mirino. Quindi anche l’Italia. Dire che il Vaticano è un obiettivo probabile è eccessivo, ma sicuramente, al pari di molti altri, possibile. Purtroppo eventi del genere sono di per sé altamente imprevedibili, motivo per cui dobbiamo lavorare duramente per prevenirli e farli restare nulla di più che semplici ipotesi ed intenzioni. Cosa si può fare in concreto per prevenire attacchi del genere? Stiamo lavorando su due fronti. Da una parte chiediamo al governo più risorse da investire su personale operativo e strumenti tecnologici per contrastare le nuove forme di terrorismo. Dall’altra vogliamo promuovere una nuova legge che permetta di colpire i foreign fighters (in Italia ce ne sono 53 censiti) e non solo i loro reclutatori, cosa che oggi è impossibile. Inoltre, come servizi, dobbiamo promuovere un’azione di condivisione delle informazioni coi nostro omologhi esteri, anche e soprattutto americani, che non sono concorrenti bensì partner. (Stucchi non lo cita, a noi viene in mente il caso Abu Omar in cui questo principio non è stato largamente applicato ndr). Il magistrato e deputato Stefano Dambruoso ha dichiarato che a Milano ci sono due associazioni islamiche, regolarmente iscritte nell’albo delle religioni del Comune, che Germania ed Emirati inseriscono nelle rispettive black list. C’è il rischio concreto che moschee, associazioni culturali ed altri luoghi d’aggregazione islamici possano diventare luoghi di reclutamento dei terroristi?Certamente i luoghi di aggregazione islamica possono diventare potenziali luoghi di reclutamento. Ovviamente non tutti lo sono, ci mancherebbe. Bisogna stare molto attenti a tutte le parole di odio, gli inviti a compiere gesti, i richiami al dovere di combattere quella “guerra santa” che esiste solo nella loro testa, perché nel terzo millennio non si può pensare ancora alla “guerra santa”. Per la mia esperienza posso dire che le moschee sono strutture più complesse, aperte e quindi controllabili. Più pericolose sono le realtà più piccole, quelle stanzette e quei sottoscala dove ci si ritrova in pochi e si parla rigorosamente in arabo. Anche da internet si possono prevenire le minacce terroristiche?Sicuramente “cyber terrorismo” è una parola che circola molto in questi giorni. La nostra Agenzia interna (Aisi) sta facendo un gran lavoro nell’analizzare milioni di blog, di tweet, di post su Facebook alla ricerca di potenziali incitazioni al terrorismo, se non peggio. Purtroppo le tecnologie moderne hanno un livello di rinnovamento molto veloce. Proprio per questo chiediamo più risorse per adeguare i nostri strumenti di controllo. Un maggior controllo alle frontiere potrebbe aiutare a prevenire il terrorismo? In buona sostanza sì. Bisogna puntare a una revisione complessiva dell’accordo di Schengen in modo da contemperare il diritto dei cittadini onesti a muoversi liberamente ma bloccare potenziali aggressori. La libertà assoluta di movimento deve essere rivista alla luce di nuovi rischi che un tempo non c’erano.

martedì 13 gennaio 2015

AFFARI ITALIANI - 13/01/14 - Terrorismo/ Stucchi (Copasir): Italia possibile obiettivo dell'Isis

"L'Italia è uno dei possibili obiettivi dell'Isis. Dobbiamo evitare che quello che è possibile diventi probabile o concreto". Giacomo Stucchi, presidente del Copasir, spiega ad Affaritaliani.it quali sono i pericoli per il nostro Paese dopo gLi attacchi in Francia e alla luce delle ultimissime informazioni pervenute dall'intelligence. "Il Vaticano? E' sicuramente oggetto di attenzione". "I foreign fighter? Impossibile quantificare il loro numero. Il rischio maggiore viene dal terrorismo molecolare formato da un soggetto singolo o da un gruppo ristrettissimo". E ancora: "Il lupo solitario o la cellula dormiente si attivano all'improvviso, questo è il vero problema". Ci sono particolari pericoli di attentati terroristici in Italia dopo quello che è accaduto in Francia? "Ribadisco una cosa nota, l'obiettivo dell'Isis è tutto il mondo occidentale e i suoi valori. Per questo motivo l'Italia è uno dei possibili obiettivi. Questo vuol dire che può capitare ma non che sia probabile. E' importante attivare tutte le difese di cui lo Stato dispone. Dobbiamo prevenire per evitare che quello che è possibile diventi probabile o concreto". Ci sono particolari allarmi per la Santa Sede? "Ci sono tutta una seria di alert che riguardano i valori del mondo occidentale. E la religione cattolica è certamente uno dei valori del mondo occidentale, per questo motivo il Vaticano è sicuramente oggetto di attenzione. Ma non dobbiamo esasperare la situazione e scatenare psicosi. Sono tanti gli obiettivi sensibili, istituzionali o altre realtà dove c'è una forte aggregazione. Il Vaticano è un luogo fortemente simbolico e di richiamo e quindi rientra in questa categoria. Ma non metterei la Santa Sede al top dei top come possibile obiettivo di attentati". Il problema principale sono i foreign fighter o i gruppi organizzati? "I foreign fighter non sono il problema principale. Il pericolo viene da quel modello di terrorismo molecolare formato da un soggetto singolo o da gruppi ristrettissimi e spesso legati tra loro da vincoli familiari che agiscono autonomamente. Le reti grandi sono più facili da controllare mentre quelle più piccole spesso si ritrovano in luoghi come locali pubblici sempre diversi e sono per questo difficilmente penetrabili dall'intelligence. Un gruppo formato da 25 o 30 persone si scambia telefonate e messaggi e quindi si riescono a sapere informazioni ma se il gruppo è formato da 3 o 4 persone tutto diventa più difficile". Quanti sono i foreign fighter in Italia? "Il ministro Alfano ha detto che sono 53, ma in realtà non è definibile. Il cosiddetto lupo solitario o la cellula dormiente si attivano all'improvviso. Questo è il vero problema e perciò bisogna lavorare per prevenire. Sulla stampa ho letto di più di 100 foreign fighter ma qui si rischia di giocare con i numeri. E' impossibile sapere realisticamente quanti sono quelli che potrebbero attivarsi". Quali sono i luoghi più a rischio in Italia? "Loro combattono contro l'Occidente. Tutto quello che fa parte del mondo occidentale è un potenziale obiettivo. Può essere un treno o una singola abitazione. Dipende dal gesto che hanno intenzione di fare. Se fosse eclatante colpirebbero nei luoghi affollati. Se invece fosse simbolico potrebbero colpire una persona di grande rilevanza pubblica. Il tutto dipende dal tipo di azione che potrebbero adottare". Il Trattato di Schengen andrebbe rivisto? "Schengen è una grande questione e con una situazione di questo tipo andrebbe aperta una riflessione sulla sua utilità. Si tratta di una facilitazione per i trasferimenti da un paese all'altro. Il problema, e parlo da leghista, non riguarda i cittadini europei ma gli stranieri residenti in Europa regolarmente. Schengen poi favorisce anche i passaggi di cittadini irregolari. Quando uno stato non sa chi ha in casa parte da una situazione di inferiorità nella lotta al terrorismo, sarebbe come giocare una partita di calcio con un uomo in meno o in trasferta. Sapere chi ho di fronte mi consente di confrontarmi ad armi pari". Il Copasir audirà il premier Renzi? "No, faremo audizioni delle autorità delegate, dei direttori di agenzie e con il sottosegretario Minniti. C'è la necessità di dare nuove risorse per garantire una professionalità di un certo tipo. L'intelligence ha bisogno di nuove attrezzature per combattere questa battaglia. Serve investire anche sul lato degli strumenti e delle attrezzature, che oggi sono moderne ma domani possono essere obsolete".