lunedì 27 giugno 2016

LOMBARDO VENETO MAGAZINE - 27/06/16 - STUCCHI, PRESIDENTE COPASIR: "IL TERRORISMO NON HA MAI VINTO MA...”

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Se è vero, com’è vero, che il terrorismo è un nemico comune a tutti gli Stati, allora la lotta per il contrasto di questo fenomeno è una battaglia comune. Per combatterla, quindi, un punto fondamentale e imprescindibile è la condivisione delle informazioni di intelligence fra i Paesi occidentali. Una lezione che, dopo gli attentati a Parigi e in Belgio, comincia a essere tenuta sempre più in maggiore considerazione. Dai fatti del Bataclan in poi l’atteggiamento dei Paesi occidentali, in particolare della Francia, è forse cambiato e si è senza dubbio assistito a un incremento dello scambio di informazioni; ma anche al rafforzamento del principio che non condividere tale impostazione depotenzia la lotta contro un nemico possente. All’interno della comunità delle intelligence europee lo scambio di informazioni in materia di contrasto al terrorismo è quindi molto elevato; e lo sarà anche dopo il voto sulla Brexit che non cambierà nulla in tema di lotta al terrorismo poiché gli accordi più importanti (bilaterali o multilaterali) sono tra le intelligence di singoli Stati e questi rimarranno in vita. Certo, non tutti gli ostacoli a una completa condivisione di intelligence a livello internazionale sono stati rimossi. Un problema cruciale, per esempio, sta nel fatto che tali informazioni siano detenute dalle procure dei singoli Paesi; e quindi, essendo protette da segreto istruttorio, è di fatto impossibile condividerle. Per questa ragione bisogna trovare una soluzione per permettere di agire su tutto il territorio occidentale. Oggi la necessità prioritaria è interloquire sul terrorismo con le procure europee, perché se un soggetto è indagato per terrorismo e si sposta in un altro Stato si deve poter indagare su questa persona. Anche questo tipo di indagini, del resto, fa parte di quell’attività di prevenzione che sino ad oggi, in Italia, ha dimostrato di funzionare bene. Molto è dovuto al lavoro svolto a monte dall’Intelligence, ma molto anche dalle forze dell’ordine e dalle procure. La recente operazione del Ros di Bari, per esempio, che ha portato all’arresto di una persona domiciliata presso il Cara (Centro di accoglienza per richiedenti asilo) di Bari-Palese, testimonia che bisogna controllare con grande scrupolo chi entra in Italia e capire bene chi abbiamo di fronte. Ma per fare questo occorrono più fondi per l’intelligence e per le forze polizia, serve investire in mezzi e personale perché, come dimostra la cronaca quotidiana sugli sbarchi, aumenta continuamente il numero delle persone da controllare. Noi non siamo immuni dalla minaccia terroristica, non possiamo illudere i cittadini e dire loro che non succederà nulla, ma le nostre forze di polizia e l’intelligence stanno lavorando al meglio, facendo tutto il possibile sul fronte della prevenzione. Il controllo del territorio è capillare e, ad oggi, non ci sono piani di attacchi o progettualità ostili che possano essere indirizzati in maniera specifica contro di noi. Questo non vuol dire che vi sia una situazione di sicurezza assoluta. Bisogna avere il coraggio di evidenziarla e serrare sempre più le maglie della rete di una sicurezza partecipata. Le sfide sono il terrorismo internazionale, la minaccia cyber ma anche gli attacchi alla sicurezza economico-finanziaria. La dimensione sfidante dell’Intelligence è cambiare le cose sul terreno. Guardare in lungo e in largo. Consapevoli del fatto che, pur avendo il terrorismo di oggi mutato pelle, e tenendo presente tra l’altro che storicamente nessuna forma di terrorismo ha mai raggiunto l’obiettivo per cui è nato, il controllo del territorio rimane decisivo nella diuturna lotta per sconfiggere il terrorismo sotto le sue molteplici forme. Del resto le situazioni di disagio sociale vissute nei quartieri ultrapopolari che hanno portato alcuni soggetti verso il terrorismo degli anni Settanta sono le stesse che si vivono oggi nelle banlieu nostrane, dove covano le maggiori ostilità nei confronti della cultura occidentale. Il problema è la perdita degli spazi sociali, il disagio delle periferie. L'Intelligence opera a protezione dei diritti e della libertà, oltre ad essere presidio di democrazia. Un sistema che funziona ma necessita, come tutti gli organismi, di controlli. Il nostro ruolo è delicato: il controllo democratico. Come Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica) verifichiamo che tutto ciò che fanno le Agenzie avvenga rispettando le regole cui sono sottoposte, non solo le leggi ordinarie. Il rispetto della privacy, innanzitutto. Purtroppo la storia dei nostri Servizi è stata a volte legata a vicende che si tingevano di ‘grigio’. Ora la percezione dei nostri 007 è cambiata e vengono visti come uomini e donne dello Stato che lavorano per proteggere tutti. E’ davvero ‘una nuova narrazione’ e un indice di fiducia che l’Eurispes certifica a quota 64%. Fino a qualche anno fa sarebbe stato un consenso del tutto impensabile! Senatore Giacomo Stucchi Presidente del Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica

mercoledì 8 giugno 2016

CITTA' DEI MILLE - GIU/LUG 20016 - 007 ITALIANI "SOTTO CONTROLLO" BERGAMASCO

Dal 2013 alla guida del Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, c’è il senatore Giacomo Stucchi: «Nel nostro Paese c'è un sistema che funziona, grazie al lavoro dall'Intelligence e delle forze dell'ordine» 
A controllare chi ci controlla (per il nostro bene) è un bergamasco. Dal 2013, alla guida del Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, c’è infatti il senatore leghista Giacomo Stucchi. Per legge  - art. 30 della Legge 124 del 2007 -, l’Intelligence italiana deve rendere conto della propria attività al Comitato di palazzo San Macuto. Partiamo dall'inizio: come nasce il Copasir? Nel 2007 è stata superata la Legge 801 del 1977, riguardante i Servizi segreti, ed è stata approvata la 124, che disciplina il nuovo sistema del Comparto Intelligence. Sono stati eliminati Sisde e Sismi, e create Aisi (Agenzia informazioni sicurezza interna) e Aise (Agenzia informazioni e sicurezza esterna), coordinate dal DIS, il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza. Il DIS svolge la stessa funzione del DNI statunitense, che però di agenzie ne coordina sedici. Il Copasir è l'evoluzione del vecchio Copaco (Comitato parlamentare di controllo), previsto dalla legge 801/77, ma con più poteri. Numero elevato quello delle agenzie USA? Sì, ma anche i Ranger fanno parte del loro sistema di Intelligence, perché controllano una riserva strategica come l'acqua, che deve essere tutelata da possibili inquinamenti ad opera di terroristi. Aisi e Aise cosa gestiscono? Le due agenzie operano su obiettivi prioritari e strategici, indicati dal Governo. Il Presidente del Consiglio (art. 3 della legge 124) può delegare le funzioni che non sono ad esso attribuite in via esclusiva a un ministro senza portafoglio o a un sottosegretario - denominati Autorit à Delegata. In questa legislatura, tale compito delicato è affidato al senatore Marco Minniti. E' l'Autorità delegata a trasmette al Comitato tutte le informazioni legate alle attività del Comparto Intelligence, anche mediante specifiche relazioni, a cadenza periodica. Inoltre informa il Copasir dei risultati raggiunti e - in alcuni casi anche ad operazione in corso - spiega le attivazioni delle Agenzie per fronteggiare le minacce asimmetriche che si pongono sullo scacchiere internazionale come sul versante interno. Veniamo al ruolo del Copasir Ha dieci componenti, cinque deputati e cinque senatori. Cinque devono essere di maggioranza, cinque di opposizione. Per legge il comitato deve essere guidato da un presidente di opposizione. Si tratta del ruolo più delicato, all'interno del Parlamento, riservato all'opposizione. In situazioni particolari, al presidente viene fornito un quadro completo di quanto accade, con informazioni in tempo reale. Poi chi guida il Copasir informa i membri del Comitato. Un ruolo di peso Una bella responsabilità. Il Copasir è l'unico organismo autorizzato a lavorare in concomitanza con le sedute di Camera e Senato, anche se sono previste votazioni. I temi che trattiamo sono così delicati che sarebbe impossibile fare diversamente. Quali autorità incontrate? Nelle audizioni, i massimi vertici della Polizia, dei Carabinieri, della Guardia di Finanza, dell'Esercito, Procuratori generali, oltre che i direttori delle Agenzie (AISE e AISI), il Direttore Generale del DIS, ministri facenti parte del CISR e ad altri soggetti in possesso di informazioni utili per il nostro lavoro. Affrontiamo tematiche legate alla sicurezza del Paese. Abbiamo una necessaria 'regola d'ingaggio': non possiamo dire nulla di quanto di specifico apprendiamo ed elaboriamo nel corso dei lavori del Copasir. Una buona parte dell'attività della nostra Intelligence può essere resa pubblica, e viene resa nota con una Relazione annuale sulla politica dell'informazione per la sicurezza, pubblicata su www.sicurezzanazionale.gov.it, il sito del Comparto Intelligence. La Relazione è anche uno strumento strategico per decodificare scenari fluidi e costruire anticipazioni. Nella Relazione di quest'anno peraltro si sottolinea il confronto e la collaborazione con il Copasir, spiegando che "Il Comparto è coprotagonista nella feconda e armonica collaborazione con il Copasir, di una straordinaria e sempre aperta pagina di democrazia parlamentare...". Una parte delle informazioni che raccogliamo, invece, rimane classificata per ragioni di riservatezza e sicurezza nazionale. Si rendono noti i risultati del lavoro, tenendo presente che spesso i successi dell'Intelligence sono quelli che non possiamo raccontare e che 'non sono mai accaduti'. Il sistema è complesso? E' una Intelligence che opera a protezione dei diritti e della libertà, oltre che presidio di democrazia. Un Sistema che funziona ma necessita, come tutti gli organismi, di controlli. Il nostro ruolo è delicato: il controllo democratico. Verifichiamo che tutto ciò che fanno le Agenzie avvenga rispettando le regole cui sono sottoposte, non solo le leggi ordinarie. Il rispetto della privacy, innanzitutto. Purtroppo la storia dei Servizi, in Italia, è stata a volte legata a vicende che si tingevano di grigio, ora la percezione è cambiata e dei nostri 007 - uomini e donne dello Stato che lavorano per proteggere tutti - c'è una nuova narrazione. E un indice di fiducia che l'Eurispes certifica a quota 64%. Fino a una manciata di anni fa - quando ancora c'era il 'mito' dell'impermeabile e degli occhiali scuri - sarebbe stato impossibile pensarci. Con che frequenza si riunisce il Comitato? Abbiamo fatto più di 200 riunioni in due anni e 10 mesi. Durano in media un paio d'ore. Il precedente Comitato, presieduto prima da Francesco Rutelli e poi da Massimo D'Alema, in cinque anni ha svolto 150 riunioni. Non è che loro non lavorassero, semplicemente è cambiato il mondo. In che senso? Fino al 2013 sul fronte estero, Daesh quasi non esisteva, c'erano solo i problemi dei Paesi della primavera araba e poco altro. Non c'era il Datagate, esploso nel giugno 2013, pochi giorni prima che ci insediassimo: è stato un altro duro banco di prova, perché la tutela dei dati personali delle comunicazioni è un nostro tema. Siamo stati a Washington, all'NSA, a Bruxelles, a Tallin, per riunioni internazionali volte a fronteggiare unitariamente l'emergenza. Ci sono differenze di vedute tra noi e gli Usa. Infatti in Italia il dato, cioè il contenuto di una conversazione, e il metadato, cioè quando-dove-numero del ricevente e del chiamante, sono tutelati allo stesso modo. Negli Stati Uniti i metadati non sono tutelati. Oggi gran parte delle conversazioni passa da Whatsapp, Facebook, Skype: i server sono americani, quindi applicano la loro giurisdizione. Sono dati che servono a fronteggiare il terrorismo L'obiettivo è questo. E la messa a terra del discorso è semplice: se voglio controllare l'inquinamento di un fiume verificando se vi siano o meno bottiglie di plastica nelle sue acque, lo devo fare senza disturbare i pesci. Dobbiamo darci delle regole ma senza depotenziare la lotta al terrorismo. Per fare questo abbiamo interlocuzioni continue con i soggetti che si occupano di queste materie, comprese le società che in Italia operano nel campo delle telecomunicazioni. Devono garantire di essere pronte a fronteggiare attacchi esterni: la rete delle telecomunicazioni è un'infrastruttura critica e un suo mal funzionamento potrebbe mandare in crisi il sistema Paese. Sono pericoli tangibili Per questo vengono seguiti, con l'impiego di tante persone.   Altre attività del Comitato? Teniamo anche incontri internazionali, in cui ci confrontiamo con i Comitati omologhi al nostro, soprattutto europei. Il confronto parlamentare è infatti quello che consente, al di là della diplomazia ufficiale dei governi, di capire se il proprio strumento di controllo funziona o meno. Oppure se altri Paesi hanno strumenti più efficaci. Che poteri avete? Non pochi. Esprimiamo pareri sui bilanci del Comparto Intelligence che, pur non essendo vincolanti, vengono quasi sempre totalmente recepiti. In alcuni Paesi i comitati ad esempio possono obbligare il governo a spostare risorse da un obiettivo all'altro. Da noi non c'è questo strumento ma opera una sorta di moral suasion, per cui se decidiamo che c'è qualcosa di fondamentale da aggiungere o da cambiare sui documenti a noi sottoposti - non solo i bilanci - il governo ne prende atto. Il Comitato dà anche tutta una serie di pareri che riguardano l'interna corporis delle Agenzie. Ogni settimana analizziamo una quantità rilevante di documenti. Il Presidente li riceve tutti e li mette a disposizione dei componenti. C'è sempre collaborazione tra maggioranza e opposizione? Ad oggi abbiamo approvato ogni atto all’unanimità. Hanno avuto disco verde tanti testi, diversi, e su questioni molto dedicate. Un altro dei vantaggi del Comitato è che, essendo le sedute segrete, non vi è spazio per la polemica politica. I nostri verbali pubblici riportano solo orari di inizio e fine riunione. E i contenuti sono secretati. Non è mai successo che trapelasse qualcosa? A volte capita, ma solo per i titoli, non per i contenuti. In alcuni casi però, soprattutto per faccende molto delicate - come recentemente per i due italiani morti in Libia, per il caso Regeni o per operazioni in corso - si decide che qualcosa debba essere riferito in maniera corretta ai media, raccontando il frame di un evento o alcuni tag fondamentali, anche per evitare fantasiose ricostruzioni che non servirebbero a nessuno. E spesso questo compito è delegato al Presidente. Dopo i fatti del Bataclan, ad esempio, la scorso 13 novembre, il giorno successivo ci siamo riuniti d'urgenza. All'uscita dalla riunione nei corridoio c'erano decine di giornalisti ad aspettarci: in quei casi devi trovare il modo di rispondere, fino al massimo consentito. Non si può lavorare di fogging. La prevenzione lì ha fallito. E da noi? Nel nostro Paese c'è un Sistema che funziona bene. Molto è dovuto al lavoro svolto a monte dall'Intelligence, ma molto anche dalle forze dell'ordine e dalle procure. Il controllo del territorio è capillare e, ad oggi, non ci sono piani di attacchi o progettualità ostili che possano essere indirizzati in maniera specifica contro il nostro Paese. . Questo non vuol dire che vi sia una situazione di sicurezza assoluta. Bisogna avere il coraggio di evidenziarla e serrare sempre più le maglie della rete di una sicurezza partecipata. Le sfide sono il terrorismo internazionale, la minaccia cyber ma anche gl attacchi alla sicurezza economico-finanziaria. La dimensione sfidante dell'Intelligence è cambiare le cose sul terreno. Guardare lungo, e in largo. Questo terrorismo, però, è profondamente diverso Ha mutato pelle, ma il controllo del territorio resta decisivo. Del resto le situazioni di disagio sociale vissute nei quartieri ultrapopolari che hanno portato alcuni soggetti verso il terrorismo degli anni Settanta sono le stesse che si vivono oggi nelle banlieu nostrane, dove covano le maggiori ostilità nei confronti della cultura occidentale. Il problema è la perdita degli spazi sociali, il disagio delle periferie. Per Bergamo, ad esempio, la realtà di Zingonia risulta anche per questo problematica. A livello cittadino, ci potrebbero essere individui pericolosi tra gli ultrà? Se determinate tifoserie possano avere collegamenti con gruppi estremisti politici, occorre capire quali e in che modo. A Bergamo questo problema non c'è: parlo di situazioni che riguardano l’Intelligence, naturalmente, non a fattori di ordine pubblico.   Tornando al terrorismo, sapete chi sono i soggetti da tenere d’occhio Si sa chi sono i soggetti problematici ma finché non ci sono reati non si può procedere. L'Intelligence agisce a monte, analizzando situazioni sospette, con i metodi ammessi dalla legge. A valle, c'è il lavoro di procure e forze dell'ordine. Che effetto fa essere a capo di un organismo di controllo parlamentare sull'Intelligence? Ho possibilità di conoscere molto di quello che accade e posso accedere a tante informazioni, attuali o legate alla storia repubblicana. Ma ho anche la consapevolezza di un compito istituzionale che mi porta sempre a cercare il meglio per il nostro Paese e i suoi interessi. Potreste anche essere ricattabili. E in qualche modo? E' un rischio reale. Infatti dico sempre: "meno cose so, meglio è". Come diceva Condor nel celebre romanzo. Ma purtroppo non posso non sapere... Mi consolo con un detto di Sun Tzu: 'Investi su spie destinate a vivere'. Ma con un sorriso. È un lavoro a tempo pieno, quello del presidente del Copasir? Da mattina a sera, e spesso anche nel fine settimana. Ma è bello stare nel campo, 'operativo' anch'io. Comunque una vita molto interessante, considerando tematiche, viaggi e incontri. Quanto dura il mandato? Fino alla fine della legislatura, e di solito l'incarico non viene rinnovato. Si vengono a conoscere già troppe cose in 5 anni. E il vincolo di riservatezza vale non solo durante l'incarico, ma per tutta la vita. Ci porta dietro il tunnel di dati che si è attraversato, ma soprattutto l'esperienza di aver lavorato davvero al servizio dello Stato. Una donna potrebbe ricoprire questo ruolo, visto che veniamo considerate delle chiacchierone? Perché no? All'interno del comitato c'è Rosa Villecco Calipari, deputata Pd e collega capace e competente.   Chi nomina il Comitato? I presidenti dei gruppi parlamentari danno i nominativi ai Presidenti di Camera e Senato. Sono nomine spesso molto ambite,  nel mio caso però mi è stata chiesta la disponibilità da Maroni, visto che già nel '99 ero stato componente del Copaco, ma ho accettato solo dopo essermi consultato con Silvia (Lanzani, compagna di partito e nella vita, ndr ), perché un ruolo del genere incide anche sulla vita privata. Siete a disposizione 24 ore su 24? Sì. Ricordo ad esempio che dopo pochi giorni dalla nomina sono stato chiamato un sabato mattina, molto presto, perché dovevano comunicarmi un'informazione riservata. Lo fecero per telefono, utilizzando le procedure del caso. A proposito di tutela delle comunicazioni, le racconto un aneddoto. Quando sono stato nominato, ho detto scherzando a un amico dei 'Servizi segreti': "Adesso però basta controllarmi il telefono". Lui si è messo a ridere e mi ha risposto: "Noi non lo faremo, ma ci sarà almeno una dozzina di Servizi di Paesi stranieri che da oggi in poi lo faranno". Qualche novità che vuole segnalare, riguardo all’Intelligence? I roadshow fatti dai Servizi nelle università italiane. Sono stati finora 24, da Nord a Sud del Paese. Ci hanno messo la faccia, raccontando chi sono e cosa fanno. Una volta l'arruolamento avveniva soltanto con i transiti dalla Pubblica Amministrazione, quasi sempre comparto Difesa e Sicurezza. Oggi, oltre al bacino 'tradizionale, all'Intelligence servono esperti di informatica, matematica, lingue rare. Quindi è importante il contributo che possono dare questi nuove energie e menti, di cui gli atenei sono ricchi. È la prima volta che l'Intelligence lo fa e sono stati finora 'arruolati' 30 giovani, i migliori dalle università italiane. Un esperimento che ha portato 'sangue fresco' alle Agenzie ma soprattutto ha contribuito ad allungare il campo di competenze e passione. Nodi attivi di una rete nuova. Dopo la formazione alla Scuola del Comparto -il campus dell'Intelligence nazionale - entreranno in attività, portando il loro contributo. Cosa pensa la gente della nostra Intelligence? C'è molta stima. Uscendo da ragionamenti abbastanza accomodati, è cambiato l'algoritmo: si è passati dalla cultura della segretezza alla cultura della sicurezza. I Servizi lavorano per difendere la gente; sono composti da uomini e donne che, per proteggere gli interesse del Paese o aiutare cittadini in difficoltà, a volte mettono a repentaglio la propria stessa vita. Quando leggo di connazionali sprovveduti, che si recano in zone pericolose, penso a questo. Da un anno però se una persona compie un viaggio in un Paese a rischio finendo nei guai, e i familiari chiedono l'aiuto dello Stato al termine della vicenda, giustamente, lo Stato richiede il rimborso delle spese sostenute per risolvere la vicenda. Responsabilità è una parola-valigia che non dovremmo mai dimenticare.