venerdì 25 giugno 2010

LA REPUBBLICA - 25/06/10 - TRA LA LEGA E L'AMICO ALDO SCENDE IL GELO "HANNO TRUFFATO IL SENATUR"

Partito in tensione: doveva andare in tribunale. Bossi dribbla i cronisti: chiedete a lui. Zaia: "Non ci occupiamo delle vicende giudiziarie di altri"
MILANO - Per bucare l'imbarazzo della Lega in queste ore servirebbe un punteruolo. Ma forse basta registrare la diplomazia sibillina di Bossi ("non so niente, chiedete a Brancher"), il copia e incolla dei colonnelli ("non è una cosa che ci riguarda", Calderoli), e, viceversa, la scioltezza delle seconde file. Di quelli che "possono" parlare. "Certo che viene da pensare male - ragiona Paolo Grimoldi, deputato brianzolo, già responsabile dei giovani padani - . Ma ognuno si sceglie i suoi uomini, il Pdl i suoi e noi i nostri. E come loro non sono legittimati a porre veti sui nostri, anche noi non lo facciamo coi loro". Siccome i "loro" in questo caso sono Aldo Brancher, "l'amico Aldo", il pidiellino-leghista, il pontiere fidato tra Arcore e i teorizzatori della Padania ma anche - come ironizzava ieri un autorevole dirigente del Carroccio dietro la garanzia dell'anonimato - il neo "ministro per il legittimo impedimento", allora il problema si pone eccome. Dice il deputato Giacomo Stucchi: "Se fossi Brancher non invocherei l'impedimento e andrei in tribunale come tutti a istruire il processo. Proprio per non dare adito a cattivi pensieri. Una cosa è avere una facoltà - prevista per legge, d'accordo - e un'altra è esercitarla". Sì, può sembrare paradossale ma l'ultimo scorno della Lega si chiama Brancher. Il tempismo che allaccia l'improvvisa nomina a ministro dell'"amico Aldo" - come lo ha sempre chiamato Bossi - e la scelta dei suoi legali di avanzare il legittimo impedimento nel processo Bpi; l'incidente diplomatico-lessicale col Carroccio - poi risolto (guai a chi tocca il "federalismo", anche solo la parola stessa, vedi il Bossi di Pontida); una serie di congiunture che diventano fonte di disagio per i leghisti. "Quello che è successo in questi giorni potrebbe trasformarsi in una piaga non cicatrizzabile - spiega un importante esponente del movimento - c'è molta fibrillazione e tra noi si sta diffondendo la sensazione che Bossi in questa storia sia stato truffato". Il titolare delle riforme, su Brancher, ha scelto di non infierire. Legittimo impedimento? "Non so niente, chiedete a lui", ha dribblato. Appena cinque giorni sono passati dal monito di Pontida. "C'è un solo ministro per il federalismo, e sono io", ha chiosato stentoreo Bossi sul pratone riprendendosi quel che è suo - titolarità e copyright - e che per niente al mondo potrebbe nemmeno immaginare di mollare ad altri.Ma ora il disagio è palpabile. Lo capisci soprattutto dalle parole lasciate lì a galleggiare, un po' per prudenza e un po' no. "Non ci occupiamo di vicende giudiziarie di altri", taglia corto Luca Zaia. Sono le sei del pomeriggio e il governatore del Veneto dice di non essere nemmeno riuscito a vedere la disfatta dell'Italia, "ho lavorato". Chi gli è vicino racconta che, "da veneto", nonostante fino all'altro ieri fosse ministro e dunque di stanza a Roma, Zaia non appartiene a quel cerchio "verde" in contatto costante con Tremonti e Brancher, e dunque Berlusconi, e che quindi sugli eventi ultimi che hanno riguardato il riposizionato ministro per il decentramento, almeno lui, l'erede di Galan, non è proprio sul pezzo. Diversi il ruolo e la posizione di Calderoli, che con Brancher ha condiviso e condivide molto tempo e più di un'idea. "Mi rifaccio alle parole del capo (Bossi). Se volete parlare di legittimo impedimento parlate con Brancher, perché questa non è una cosa che riguarda noi". Sembra di essere di fronte a un perfetto caso di conflitto affettivo. Al quale non ha giovato lo smarcamento giudiziario di Brancher: siccome deve organizzare il ministero non può e non deve essere processato. Pronta l'ironia di Matteo Salvini, quello della maglietta "Padania is not Italy": "No comment, sono distrutto per la sconfitta degli azzurri e non parlo di notizie minori". Poi aggiunge: "Visto come Bossi ha reagito a Pontida, forse non era così al corrente di tutto... ". Quel "tutto" sta per la discussa investitura di Brancher e, a questo punto, il motivo per cui si sia deciso di farlo ministro, ruolo che prevede certe facoltà in sede giudiziaria. In Lega molti sono pronti a scommettere: quel che Bossi non avrebbe digerito non è solo la nomina di un ministro per il federalismo altro da lui, ma la nomina stessa, in quanto calata dall'alto e all'improvviso, e per di più su un terreno coltivato dal Carroccio. Critiche al legittimo impedimento avanzato da Brancher arrivano anche da Generazione Italia, la creatura politica vicina a Gianfranco Fini. "Come primo atto da ministro - scrive il direttore Gianmario Mariniello - non è un bel vedere".