sabato 24 settembre 2011

CORRIERE DELLA SERA - 24/09/11 - LA LEGA SI ALLINEA ANCORA: NON BOCCEREMO IL MINISTRO

Il governo I nodi Il Carroccio Il capogruppo Reguzzoni: saremo compatti come per Milanese

Salvini: troppa pazienza. Di Pietro attacca: dal cappio alla mafia La stoccata a Formigoni Il gruppo leghista alla Regione Lombardia chiede di eliminare la figura dei sottosegretari e ridurre lo staff del presidente

MILANO - Il «che fare» del Pdl investe il Carroccio, con le brusche prese di posizione di Gianni Alemanno («Ridimensionare la Lega») e l' invito alla cautela di Alfano. Ma i padani, a loro volta, restano alle prese con un quesito simile ma contrario: che fare con Silvio Berlusconi? Quella dell' eurodeputato Matteo Salvini è una voce vicina alla base del movimento: «Non penso - tuona ai microfoni di SkyTg24 - che avanti in questa maniera si vada oltre qualche mese. Non so chi si debba dimettere, ma avanti così non si va. E la Lega di pazienza ne ha avuta anche troppa». Il riferimento è al voto in Aula sull' arresto dell' ex braccio destro di Giulio Tremonti, Marco Milanese. Eppure, la linea è già tracciata anche sulla prossima prova d' Aula: mercoledì la Lega voterà contro la mozione di sfiducia nei confronti del ministro all' Agricoltura Saverio Romano. Lo ha annunciato il capogruppo a Montecitorio Marco Reguzzoni: «Abbiamo votato compatti contro l' arresto di Milanese e la settimana prossima bocceremo la sfiducia al ministro Romano». Il capo dei deputati, che si è detto «molto sorpreso» dall' assenza di Giulio Tremonti durante il voto, ha anche tracciato, in un' intervista al Messaggero , un' ambiziosa roadmap: «Avendo i numeri in Parlamento non abbiamo più scuse: ridurremo il numero dei parlamentari, rilanceremo l' economia con la semplificazione e la sburocratizzazione, faremo la riforma del Fisco e della giustizia civile». Va anche detto che la scelta sulla sfiducia al ministro sarà fatta non già a voto segreto, ma per appello nominale. Resta il fatto che nel movimento le dichiarazioni di ieri del ministro («Sono il leader di un partito politico che sostiene il governo») sono piaciute pochissimo. Ha aggiunto Romano: «La Lega vota contro la mafia e contro la mozione di sfiducia che mi riguarda». Brontola un deputato in camicia verde: «Cosa è, una sfida?». Il lavoro, comunque, è ora quello di far digerire le novità ai militanti che, almeno a giudicare da quanto si scrive sui forum più o meno vicini al movimento, non hanno gradito affatto gli ultimi passaggi politici. La segreteria del Carroccio milanese, per esempio, ha indetto per i prossimi giorni una serie di incontri con gli elettori. Spiega il segretario Igor Iezzi che «in questo momento è fondamentale spiegare ogni passaggio alla nostra gente. È un lavoro di controinformazione rispetto alle frequenti balle della grande stampa: dobbiamo chiarire a tutti quali sono i termini reali che stanno dietro alle scelte della Lega». Il deputato bergamasco Giacomo Stucchi sulla Padania di oggi la spiega così: «Se Berlusconi cadesse si aprirebbe una crisi politica al buio che è esattamente lo scenario al quale mirano vecchi e nuovi oppositori del governo». E se «la Lega è al governo» per fare le riforme, «sono certo che il nostro popolo ha ben presente questo rischio e che condivida quindi la scelta di responsabilità fatta dal Carroccio». Intanto però Antonio Di Pietro attacca i leghisti così: «Dicevano di voler addirittura impiccare i parlamentari corrotti o sospetti di legami con la mafia, mentre la settimana prossima confermeranno la fiducia al ministro accusato di essere in combutta con i mafiosi». Ma c' è anche una seconda linea che dovrebbe dare nuovo slancio al movimento. Bossi, a Venezia, l' ha sintetizzata così: «Se l' Italia va giù, sale la Padania». Più articolata la spiegazione del deputato Massimo Garavaglia sulla Padania di qualche giorno fa. L' idea è che «in caso di crisi greca, l' euro sparirebbe e a questo punto potrebbero "vincere" i contribuenti tedeschi che spingono verso la nascita di un doppio euro». Il resto del ragionamento è in discesa: «Per la Padania sarebbe il momento delle scelte. Da che parte stare? Con l' Europa che conta o con quella di serie B?». Garavaglia suggerisce che il Nord si accolli una quota parte del debito pubblico ben superiore a quella dovuta: «La Padania potrebbe rientrare nei parametri europei se non dovesse più gettare dai 50 ai 70 miliardi di euro l' anno nel calderone romano». Quanto al Centro-Sud, «si troverebbe ad avere un debito del 70%, uno dei più virtuosi del mondo moderno». Contenti tutti? E intanto, la Velina verde è tornata a farsi sentire. Il misterioso (ancora per poco) blog leghista che nelle scorse settimane aveva attaccato Roberto Maroni, ieri scriveva: «Noi siamo la pistola fumante della base incazzata che non ne può più di poltronieri e intrallazzi». Marco Cremonesi

giovedì 8 settembre 2011

CORRIERE DELLA SERA - 08/09/11 - BERSANI CON DI PIETRO E VENDOLA. RENZI ATTACCA, VELTRONI ASSENTE

Sono le 11 del mattino quando, in mezzo al corteo anti-manovra, arriva Pier Luigi Bersani: gran mucchio di fotografi e telecamere, il servizio d' ordine della Cgil fatica obiettivamente a contenere la ressa, il leader del Pd si mette a fianco di Susanna Camusso e comincia a scendere lungo via Merulana. Era il momento più atteso, Bersani l' aveva promesso: «Anche il Pd sarà in prima linea». I leader dell' opposizione, Terzo polo escluso, ci sono tutti: Vendola, Ferrero, Diliberto, Bonelli, Di Pietro. «Qui la coalizione c' è - sibila il leader dell' Italia dei Valori -. Il problema non è chi c' è, ma chi manca. Se alcuni hanno la puzza sotto il naso, è un problema della loro coscienza». Già, chi manca. Nelle cento piazze della Cgil, certe assenze si sono notate. «Ma il Pd da che parte sta?», si chiedeva ironico a fine giornata il deputato della Lega Nord Giacomo Stucchi. Ma non solo lui, in realtà. Pd diviso, spaccato. Tra chi c' era e chi no. Al corteo di Firenze, per esempio, non è pervenuto il sindaco Matteo Renzi. C' era, invece, uno striscione velenoso: «Renzi, il sindaco che la destra ci invidia». Nella stessa piazza, però, s' è vista Rosy Bindi, che del Pd è la presidente. Sibillina, la Bindi: «Ci sono persone che ritengono che non si debba ricorrere a strumenti di lotta radicali, estremi, anche se pacifici, come quello che la Cgil ha scelto. Si assumano le loro responsabilità: noi non abbiamo dubbi da che parte stare». Il sindaco «rottamatore» del Pd, qualche ora più tardi, ha risposto a modo suo alle gerarchie del partito: «Bersani tiri fuori le idee, non solo gli striscioni. Gli elettori del Pd non si aspettano di sapere se siamo in piazza o no, ma se abbiamo prospettive, proposte, per il lavoro e per i giovani. La manovra del governo sembra fatta dal mago Silvan, con provvedimenti che appaiono e scompaiono. Poi però i mercati te la fanno pagare...». E così, a Firenze, Renzi non c' era, mentre - per dire - i suoi colleghi di Torino e Bologna, Piero Fassino e Virginio Merola, hanno seguito Bersani. E non s' è visto a Trieste nemmeno il sindaco Cosolini, mentre l' europarlamentare Debora Serracchiani, del Pd come lui, non ha fatto mancare la sua presenza («Il partito è il partito e il sindacato è il sindacato, ma l' articolo 8 fa proprio schifo...», ha spiegato). Eppoi a Brescia c' era il funerale di Mino Martinazzoli: «Coincidenza simbolica», sospira il senatore pd Lucio D' Ubaldo, che infatti c' è andato, disertando il corteo di Roma insieme ai suoi colleghi ex popolari Garavaglia, Rusconi e Galperti. Tutti al funerale del vecchio segretario della Dc: anche Franceschini e Follini. Però la Bindi e Bersani hanno fatto ugualmente in tempo a partecipare alle esequie. D' Ubaldo glissa: «In questo momento serve coesione, per dare fiducia ai mercati...». Roberto Giachetti, ex rutelliano, è un altro che non ha aderito: «Il risultato di questo sciopero, scusate, qual è stato alla fine? S' è rotta di nuovo l' unità sindacale». «Le divisioni sindacali non fanno mai bene», aveva chiosato alla vigilia Walter Veltroni, che infatti s' è tenuto alla larga. Eppoi c' è Giuseppe Fioroni, il caposquadra degli ex popolari, il primo a schierarsi nettamente contro lo sciopero: «Già, ma ora non mi sento più solo. L' altra sera a Pesaro sono stato insultato, ma alla fine la gente applaudiva. Noi dobbiamo essere forza di governo, lasciamo cavalcare a Di Pietro e Vendola l' onda della protesta. Noi non siamo surfisti». Fabrizio Caccia

mercoledì 7 settembre 2011

LA STAMPA.IT - 07/09/11 - LO SCIOPERO VISTO DAL GOVERNO

Gli scioperi hanno facce diverse a seconda di chi li guarda. Mentre milioni di italiani sono bloccati nel traffico o si avviano a piedi verso i luoghi di lavoro, contesta l’entusiasmo delle cifre annunciate dalla Cgil. Il 60% di adesione? Macché. Per Sacconi ha protestato «un’Italia molto minoritaria; le adesioni sono bassissime e dire minoritaria è già eccessivo rispetto alla dimensione molto contenuta delle adesioni». Un fallimento totale, dunque, anche se le scuole avevano i portoni sprangati e trovare un’autobus praticamente impossibile nelle grandi città. «Mi auguro che la bassa adesione allo sciopero - conclude - anche in un contesto così enfatizzato, porti a far riflettere la Cgil e il Pd circa la necessità di un clima di maggior condivisione».Il ministro della Funzione pubblica, Renato Brunetta, ha cifre anche più precise. Cita i dati pervenuti alle ore 17 e annuncia un’adesione del 6,99%. La scuola è un capitolo a parte, precisa il ministero di Brunetta. L`adesione è stata del 3,42% relativo al 56,45% del campione di riferimento. Il ministero ricorda infine che nell`ultimo sciopero generale indetto lo scorso 6 maggio dalla Cgil il dato riferito alla stessa ora presentava un`adesione del 13,28%: «quasi il doppio di quello odierno».La conclusione del ministro Brunetta? Che la crisi dei mercati finanziari, sia frutto del «masochismo italico». E la protesta di ieri ne è un esempio: «Un sindacato che fa lo sciopero proprio oggi, anche se con un’adesione piccola, solo al 3-4%».La Lega se la prende con la sinistra. «Ci chiediamo da che parte sta - afferma Giacomo Stucchi, segretario di presidenza della Camera del partito di Bossi - Che senso ha che il maggior partito di opposizione, in Senato collabori con la maggioranza per il varo della manovra, salvo poi scendere in piazza a fianco della Cgil per lo sciopero generale?»Anna Maria Bernini, ministro per le Politiche Europee accusa la Cgil di non avere alcuno «spirito sindacale» ma soltanto «pregiudizio politico» perché protesta prima che la manovra sia approvata definitivamente. «È paradossale - dice - come la Cgil abbia convocato uno sciopero generale mentre è ancora in corso tra maggioranza e opposizioni il dibattito parlamentare sulla manovra. E mentre governo e parti sociali sono ancora seduti allo stesso tavolo per siglare un patto per la crescita e lo sviluppo nell’interesse del Paese».