Londra, Francia e persino l'indolente Unione europea sono già pronti a combattere il
terrorismo islamico con
nuove leggi
e nuove armi. Il nostro governo
invece discute e temporeggia.
Il terzo rinvio del decreto legge
contenente le nuove, indispensabili
norme antiterrorismo
viene giustificato, a ben tre settimane
dall'attacco a Charlie Hebdo, con
la necessità di concentrarsi sull'elezione del presidente. «Fare un decreto su questi temi mentre sono in corso le consultazioni per l'elezione del capo dello Stato non c'è
sembrato giusto», spiega il sottosegretario con delega ai Servizi, Marco Minniti
negando, però,
l'esistenza di divisioni all'interno del governo. Una giustificazione che non soddisfa il presidente del Copasir (Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica) Giacomo Stucchi. «Resto esterrefatto nel vedere che norme destinate a venir
ratificate pochi giorni fa verranno
approvate, se tutto andrà bene,
appena la prossima settimana. Mai
come stavolta - dichiara Stucchi al Giornale - erano presenti tutti gli
elementi
d'urgenza previsti dalla Costituzione. Ogni giorno perduto è un giorno regalato ai terroristi».Secondo
Stucchi dietro l'ennesimo rinvio non
c'è la nomina del Capo di Stato,
mala questione della «superprocura»,
l'organismo chiamato a coordinare tutte le indagini sul terrorismo e a sintonizzarsi non solo con l'intelligence nazionale, ma con tutte le autorità simili a livello europeo e internazionale. Osteggiata da quanti, come il presidente del Copasir, ritengono «superfluo mettere in campo un'ulteriore struttura non ancora collaudata e di dubbia efficacia», la Superprocura è vista con diffidenza anche da chi ritiene imprudente condividere con la magistratura le informazioni sull'operato dei servizi segreti. Ecco perché la soluzione potrebbe essere la trasformazione della Superprocura in un'appendice della Direzione nazionale antimafia. Una soluzione sottoscritta ieri, a nome
dell'intelligence, da Marco Minniti.
«La cosa migliore - spiega il sottosegretario
- è creare una sezione specializzata
nel terrorismo all'interno della
Direzione nazionale antimafia, in
modo da avere un elemento di forte
coordinamento in una struttura che
già esiste senza partire da zero».
Mentre governo e istituzioni italiane
discutono, gli altri Paesi europei sono già in trincea. Nel Regno Unito il decreto con le norme che prevedono il blocco alle frontiere dei reduci
jihadisti, maggiori controlli su
intemet e telefoni e una stretta
vigilanza su università, prigioni e
luoghi di culto risale allo scorso novembre.
La Francia, colpita al cuore dai
jihadisti, ha impiegato due
settimane per approvare lenormevolute
dal primo ministro Manuel Valls che
prevedono investimenti p er 425
milioni di euro e la creazione di 2600
nuovi posti di lavoro. E persino il Parlamento europeo, regno di tutti i rinvii e ritardi burocratici, ha discusso ieri il nuovo piano antiterrorismo proposto dalla Commissione Ue.Il piano prevede tra l'altro la
raccolta elaregistrazione fino a cinque
anni dei dati personali di tutti i
passeggeri che viaggiano da e per
l'Europa. E tra le 42 tipologie di
informazioni registrate, non
rientreranno solo nominativi,
indirizzi e metodi di pagamento, ma perfino le preferenze alimentari. La sceltadiun
menu islamico rigorosamente halal
sarà ad esempio motivo di
segnalazione e comporterà la
registrazione in un database centrale
al quale avranno accesso polizia e
forze di sicurezza. Nulla comunque in confronto a quello che già avviene negli Stati Uniti. Lì, come spiega il Wall Street Journal, è già perfettamente operativo - e a disposizione di tutte le forze
di polizia e
di sicurezza - un sistema di rilevamento delle targhe attraverso telecamere capace di registrare ed immagazzinare
i movimenti degli automobilisti su tutte le principali strade degli Stati Uniti.
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