martedì 26 gennaio 2010

IMPRESE- 26/01/10 - PIU' DIFESA DEI MARCHI E PIU' RIGORE

Le imprese bergamasche investono quasi 200 milioni di euro in innovazione con la registrazione di invenzioni, marchi e brevetti come è emerso dall'indagine "Oltre il Made in Italy" presentata in un convegno a Monza dall'ufficio studi della Camera di commercio di Monza e Brianza, che attribuisce un valore di oltre 1,5 miliardi di euro all'intera Lombardia e di oltre 7,5 miliardi di euro all'intero Paese. Dati che sono stati portati all'attenzione dei ministri dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, e delle Politiche comunitarie, Andrea Ronchi dai deputati leghisti Giacomo Stucchi, Ettore Pirovano, Nunziante Consiglio e Pierguido Vanalli che hanno rivolto loro un'interrogazione per sollecitarli ad adottare misure più stringenti per la tutela dei prodotti nazionali dalla concorrenza sleale in modo da favorire la ripresa economica e produttiva nel nostro Paese, anche alla luce delle ingenti perdite per le imprese italiane, e in particolare della provincia di Bergamo, a causa delle imitazioni illecite di prodotti. Da cosa deriva l'allarme? Dal rischio di imitazioni illecite, che, secondo le stime dell'indagine, costano alle imprese italiane quasi 50 miliardi di euro all'anno: in Lombardia in particolare le perdite economiche causate dalla contraffazione sono stimate in quasi 10 miliardi di euro, distribuiti per lo più tra le imprese milanesi (oltre 3 miliardi di euro), bresciane (oltre 1,5 miliardi di euro), bergamasche (quasi 900 milioni di euro) e varesotte (oltre 800 milioni). Inoltre, dal 99,1% del campione di studio emerge che la difesa del Made in Italy è considerata una priorità dalla quasi totalità degli imprenditori bergamaschi e tra gli strumenti di difesa indicati sono chieste azioni mirate quali la tracciabilità (76,9%), maggiori controlli (46,3%) e, in misura inferiore, l'etichetta obbligatoria (30,6%). Riguardo alla tracciabilità dei prodotti, in particolare, fra gli imprenditori del campione esaminato prevale chi ritiene che dovrebbe essere obbligatoria e non solo volontaria mentre il 96,3% dei bergamaschi sentiti nell'indagine è convinto che il Made in Italy deve essere rigoroso, prevedendo sia l'ideazione, sia il confezionamento del prodotto in Italia.

IMPRESA MIA - 26/01/10 - LICENZIANO PER ORGANIZZARSI

Due casi di aziende della provincia di Bergamo sono state oggetto di due diverse interrogazioni ai ministri del Welfare, Maurizio Sacconi, e dello Sviluppo economico, Claudio Scajola da parte dei deputati leghisti Giacomo Stucchi, Ettore Pirovano, Nunziante Consiglio e Pierguido Vanalli. Le aziende sono la Bianchi, azienda di biciclette di Treviglio (Bergamo) controllata da Cycleurope e l'azienda di cosmesi GTS di Torre Boldone (Bergamo). La prima ha licenziato tre addetti ma i lavoratori temono che dietro tali licenziamenti si nasconda l'intenzione della proprietà di una imminente riorganizzazione aziendale con annessa valutazione se mantenere o meno lo stabilimento nell'attuale sito. Per l'azienda Bianchi, i deputati chiedono ai ministri se intendano assumere iniziative affinché quest'ultima valuti il ritiro dei licenziamenti e l'utilizzo degli ammortizzatori sociali come alternativa transitoria all'eventuale presentazione di un piano di riorganizzazione aziendale che preveda garanzie per il futuro occupazionale dei lavoratori coinvolti. L'azienda GTS ha annunciato, giovedì 14 gennaio, una riorganizzazione consistente in 55 esuberi su 120 dipendenti in organico con la motivazione di difficoltà finanziarie che sta attraversando, facendo presente che tale decisione è stata adottata anche in relazione all'acquisizione da parte di Alfaparf . Anche in questo caso i deputati hanno chiesto ai ministri che l'azienda fornisca al più presto un dettagliato piano industriale e finanziario, illustrando quali potranno essere le future strategie del Gruppo, affinché la situazione si possa evolvere positivamente, senza danneggiare figure altamente professionali che avrebbero in questo momento di crisi una difficile ricollocazione sul mercato del lavoro.

giovedì 21 gennaio 2010

IM-IMPRESA MIA.COM - 21/01/2010 - ETICHETTE ALIMENTARI: ANCHE PROCESSI E ADDITIVI

Grande tema d’attualità, la trasparenza nei confronti del cittadino – consumatore richiede che i prodotti alimentari siano contraddistinti da un’etichettatura chiara e completa, con tutte le informazioni sugli ingredienti utilizzati. In linea con gli orientamenti Ue, per assicurare una completa informazione ai consumatori sulla qualità dei prodotti acquistati, la Camera dei deputati sta attualmente esaminando in Assemblea il disegno di legge n. 2260, che dispone l’obbligo per i prodotti alimentari posti in commercio, di riportare nell’etichetta anche l’indicazione del luogo di origine o di provenienza dei prodotti stessi. Inserendosi all’interno dell’importante processo di riforma avviato nel settore, i deputati leghisti Giacomo Stucchi, Davide Caparini, Andrea Gibelli e Marco Reguzzoni hanno presentato, martedì 19 gennaio, una proposta ( n.2963). concernente l’etichettatura la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari. La proposta è stata assegnata alla XII Commissione (Affari sociali). Secondi i deputati, una maggiore informazione può tutelare da alcune patologie: il numero in crescita di bambini e di adolescenti colpiti da obesità pare connesso al crescente ricorso, in particolare da parte di settori produttivi di carne di pollo, a tecniche di “alimentazione forzata” nei confronti degli animali da allevamento poi destinati a fornire la carne successivamente messa in vendita, sia sfusa che preconfezionata. Un discorso simile, ma sul versante della verdura, degli ortaggi e della frutta, è quello riguardante il crescente ricorso alla cosiddetta “concimazione carbonica” (cioè l’utilizzo di gas etilene o di anidride carbonica) che velocizza i processi di coltivazione in serra. Su un terzo versante anche l’eccessiva presenza, in alimenti e in bevande, di sostanze additive quali i coloranti e gli aromi è fonte di numerosi problemi di salute: si pensi alle sostanze cosiddette “allergeniche”, cioè che producono disturbi del comportamento e allergie soprattutto nei minori, che a volte sono presenti per natura in alcuni ingredienti base della nostra alimentazione ma che più spesso vengono introdotte nella produzione. Perciò è necessaria la maggiore trasparenza delle informazioni fornite ai consumatori in modo tale che chi intenda ricorrere ad alimenti o a bevande frutto di processi produttivi in parte artificialmente modificati sia, com’è ovvio che debba essere, del tutto libero di farlo, ma allo stesso tempo sia messo in grado di compiere una scelta pienamente consapevole grazie a un’etichettatura che sia ancora più completa rispetto a quanto avviene oggi. Non si tratta, però, di mettere veti ai produttori bensì di fare in modo che ogni additivo o processo non naturale cui si faccia ricorso nella produzione di generi destinati all’alimentazione umana sia indicato in modo chiaro e perfettamente leggibile nelle etichette.

martedì 19 gennaio 2010

IL GIORNO BERGAMO - 19/01/10 - E' BERGAMO LA CAPOFILA LOMBARDA PER L'EXPO 2015

— BERGAMO — E’ BERGAMO LA CAPOFILA LOMBARDA delle città che si preparano all’appuntamento con Expo 2015. Ieri, infatti, a Palazzo Marino, sede del Comune di Milano, il presidente della Provincia Ettore Pirovano, affiancato dall’assessore all’Expo di via Tasso Silvia Lanzani, ha firmato il primo protocollo d’intesa “per la progettazione congiunta dei principali eventi, la valorizzazione dell’offerta turistica e la promozione del sistema produttivo, in particolare della filiera agricola”. L’INTESA è stata sottoscritta con l’amministratore delegato della società “Per Expo 2015”, Lucio Stanca e il commissario straordinario di Milano Expo 2015, il sindaco Letizia Moratti. «Si tratta – ha spiegato Ettore Pirovano - di un’opportunità straordinaria: ora dobbiamo lavorare perché il neonato non cresca con le gambe storte». Secondo il presidente, tuttavia, «il territorio orobico ha i numeri per essere in pole position per un evento di rilevanza mondiale che ha per slogan “Nutriamo il mondo”. Bergamo, infatti, ha tutto, dalle specialità enogastronomiche fino all’arte, alla cultura e alle tradizioni. Ora dobbiamo mettere in campo un massiccio lavoro di squadra insieme ai privati: gli imprenditori mettono in gioco capitali propri e quindi devono trovare nella Provincia un interlocutore capace ed autorevole». L’accordo sfiora anche la questione delle grandi opere attese per il 2015 tra le quali figura, in cima alle priorità, il collegamento diretto Bergamo-Orio: «Prima di Natale – ha dichiarato Pirovano – con i deputati della Lega Giacomo Stucchi e Nunziante Consiglio e il sottosegretario alla Presidenza della Regione, Marcello Raimondi, abbiamo incontrato l’amministratore delegato delle Ferrovie, Mauro Moretti, che ci ha fornito ampie rassicurazioni». LA PRIMA: la linea ferroviaria, secondo le Fs, potrà essere costruita anche con capitali privati, previo via libera della Regione, mentre le Ferrovie vigileranno sul rispetto delle normative. La seconda: l’iter per il nuovo collegamento procederà anche nella pendenza delle sorti di Porta Sud visto che, al momento, i lavori di copertura dei binari non rientrano tra le priorità dell’azienda. «In sostanza – ha concluso Pirovano – adesso siamo più ottimisti sulla possibilità che il tracciato possa, in futuro, procedere anche verso sud”. La questione verrà affrontata venerdì nel corso di una riunione convocata ad Orio al Serio dalla Sacbo, la società di gestione dell’aeroporto.

sabato 16 gennaio 2010

IL GIORNO BERGAMO - 16/01/10 - NUOVA PROTESTA DEL PERSONALE AMMINISTRATIVO GIUDIZIARIO

NUOVA PROTESTA del personale amministrativo giudiziario della Procura della Repubblica di Bergamo che, attraverso una lettera aperta, lancia l’ennesimo allarme contro la cronica e pesante carenza di uomini che affligge il proprio organico. «I lavoratori - si legge nella missiva - dichiarano il proprio malcontento e il dissenso contro la propria amministrazione, che dopo dieci anni di trattative è riuscita ad elaborare un contratto integrativo che demansiona e dequalifica il proprio personale giudiziario. I lavoratori invitano il ministro della Funzione Pubblica a verificare le loro condizioni di lavoro, le loro buste paga (circa 20 mila euro medi annui lordi) e lo invitano a leggere l’ultima relazione ispettiva che riconosce a questo ufficio costanti miglioramenti, mettendo in evidenza una notevole organizzazione, improntata a criteri di funzionalità, efficienza e capacità di innovazione». Sulla vicenda sono intervenuti i parlamentari bergamaschi della Lega, Giacomo Stucchi, Ettore Pirovano, Nunziante Consiglio e Pierguido Vanalli, che hanno presentato un’interrogazione a risposta scritta ai ministri della Giustizia, della Funzione Pubblica, del Lavoro e Politiche sociali. «I lavoratori della Procura della Repubblica - sottolineano nel documento gli esponenti lumbard - hanno reso noto attraverso la diffusione di una lettera aperta la situazione in cui versa il personale amministrativo giudiziario. Gli stessi lavoratori dichiarano all’unanimità il proprio malcontento e il dissenso contro la propria amministrazione, la quale ha formulato un contratto integrativo che demansiona e dequalifica il personale. Tali lavoratori, inoltre, sostengono che tutti gli altri settori del pubblico impiego hanno avuto una riqualificazione, che consiste in un riconoscimento economico e professionale del lavoro svolto». «Chiediamo - concludono i parlamentari del Carroccio - di verificare la sussistenza di quanto esposto dai lavoratori della Procura della Repubblica di Bergamo, al fine di una eventuale riformulazione del contratto che, secondo quanto sostenuto dagli stessi nella lettera aperta, li vedrebbe fortemente penalizzati rispetto a tutti gli altri dipendenti dei settori pubblici”.

lunedì 11 gennaio 2010

ALTRENOTIZIE - 11/01/10 - ASSALTO ALLA COSTITUZIONE

Che la Costituzione repubblicana del 1948 non piacesse al Presidente del Consiglio era cosa nota da molto tempo. Quanto sta accadendo in questi giorni, tuttavia, dà modo di capire chiaramente quale sia il filo rosso che collega le 99 proposte di modifica giacenti in Parlamento. L'ultima uscita in ordine di tempo del Ministro dei Lavori Pubblici, Renato Brunetta, secondo il quale l'affermazione che "l'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro" non significherebbe nulla, è solo la punta dell'iceberg. La volontà politica eversiva che anima la maggioranza di governo emerge, infatti, in tutta la sua brutalità, dalla lettura attenta delle proposte di modifica già depositate dai parlamentari nelle rispettive camere di appartenenza. Non che questi godano di una indipendenza politica od intellettuale, ma dopo le esternazioni del premier, secondo il quale la Costituzione italiana sarebbe nulla più che "una legge fatta molti anni fa, sotto l'influenza della fine di una dittatura e con la presenza al tavolo di forze ideologizzate che hanno guardato alla costituzione russa come a un modello", l'assalto è iniziato. Si va dai leghisti, come il deputato Giacomo Stucchi, che pensa all'autonomia della provincia di Bergamo, al più temerario senatore del Popolo della Libertà, Lucio Malan, che vorrebbe revisionare "l'ordinamento della Repubblica sulla base del principio della divisione dei poteri". Anticipando di un anno il Ministro Brunetta, nel novembre del 2008 Malan proponeva di modificare l'articolo 1, trasformando l'Italia in una Repubblica "fondata sui principi di libertà e responsabilità, sul lavoro e sulla civiltà dei cittadini che la formano". Una Repubblica - così la sogna Malan - dove i senatori a vita non votano, il Presidente del Consiglio non presta giuramento e il governo non ha bisogno della fiducia delle Camere. A questi si aggiunge Davide Caparini che vorrebbe stralciare dal testo dell'articolo 33 quella parte secondo cui la scuola privata vive “senza oneri per lo Stato”. Il loro meglio però, prevedibilmente, i parlamentari del PdL lo esprimono in materia di giustizia: si contano infatti ben quattro disegni di legge per il ripristino dell'immunità parlamentare e si lavora anche su come semplificare il procedimento legislativo. Una proposta del deputato Giorgio Jannone vorrebbe modificare l'articolo 72 e fare in modo che "non sempre l'assemblea sia chiamata a votare progetti di legge approvandoli articolo per articolo e con votazione finale". Un tentativo forse da interpretare come un servizio al presidente Berlusconi, che già aveva proposto, in una delle sue tante uscite dissennate, di approvare le leggi attraverso il voto dei soli capigruppo. C'è chi poi come Raffaello Vignali vorrebbe addirittura modificare gli effetti delle sentenze della Corte Costituzionale, supremo organo di garanzia insieme al Presidente della Repubblica dell'ordine costituzionale, rea di essersi messa troppe volte contro gli interessi del Re di Arcore. Le riforme riguardanti la magistratura sono, ovviamente, tra le più stravaganti. Giuseppe Valentino propone una corte di giustizia disciplinare, Antonio Caruso un'alta corte di giustizia, Gaetano Pecorella, forse stanco di doversi sempre studiare tutte le carte dei molti processi a carico del suo assai munifico cliente, passa invece il suo tempo occupandosi di PM e Procure, immagina una divisione delle carriere sancita dalla stessa Costituzione. Ovviamente proporre una modifica non equivale a modificare, ma quello che tuttavia colpisce - e che traspare palesemente dalle molte proposte già depositate - è la totale ignoranza delle ragioni storiche e politiche che portarono a quello straordinario compromesso ideologico che ha rappresentato, e tuttora rappresenta, la Costituzione italiana del 1948. Una carta unica, che rappresenta un punto fermo nella storia del costituzionalismo europeo e che viene considerata da molti addetti ai lavori come un vero è proprio prodigio giuridico, proprio per quella lungimiranza delle disposizioni che la rendono, ancora oggi a distanza di più di 60 anni, straordinariamente attuale. La Costituzione del 1948 trovò la sua premessa nella resistenza, nel ripudio dello Stato autoritario e dei suoi dogmi, nella volontà di ripristinare la democrazia e i principi dello Stato di diritto, umiliati durante il ventennio fascista. Sulla base dell'idea liberale che vuole il potere regolato e sottoposto a limiti giuridici per garantire diritti e libertà, storicamente congiunto all'idea democratica, s’innestarono elementi propri delle dottrine delle due ideologie dominanti: quella cristiano sociale e quella socialista. La Costituzione italiana va, infatti, collocata in uno scenario più ampio, addirittura mondiale, traversato da idee e speranze comuni maturate attraverso esperienze tragiche che non si volevano ripetere. Per questi motivi, nonostante sia corretto, è tuttavia riduttivo vedere nella Costituzione solo il prodotto dell'antifascismo, il rigetto della dittatura come esperienza italiana. La lotta antifascista s’iscrive, infatti, nell'ampio scenario di una guerra mondiale condotta e vinta contro tutti i fascismi, uno scenario dominato dall'intento di costruire un mondo diverso e migliore, che potesse ridare dignità alla persona umana. Il valore della persona era nella cultura comune dei costituenti; tutti, dal primo all'ultimo, siano essi stati comunisti, socialisti, liberali, repubblicani o democristiani. Un'unione di forze, di spiriti e d’intenti che oggi sarebbe impensabile, ma che allora si raggiunse dando alla luce il documento che oggi è alla base dell'unità nazionale. I costituenti erano infatti decisi nell'affermare i diritti non solo come garanzia di una sfera intoccabile di libertà e di partecipazione politica, ma anche come tutela effettiva dei diritti stessi attraverso l'assicurazione di condizioni esistenziali dignitose. Accanto alle libertà tradizionali, di pensiero, di espressione, di religione, si affiancavano la libertà dalla paura e dal bisogno. Accanto alla necessità di assicurare teoricamente al cittadino le libertà politiche si sentì la necessità di metterlo in condizione di potersene praticamente servire. Di libertà politica "potrà parlarsi solo in un ordinamento in cui essa sia accompagnata per tutti dalla garanzia di quel minimo benessere economico", senza il quale la possibilità di esercitare i propri diritti viene meno. Così parlava Carlo Rosselli, grande giurista al cui pensiero s’ispirò quel Piero Calamandrei del gruppo autonomista, cui si deve uno dei passaggi forse più importanti della nostra Costituzione: quell'articolo tre comma due, secondo il quale "è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica economica e sociale del paese". È per tutte queste ragioni che la costituzione trova in se stessa la propria ragione di esistere. In essa si trova la piena esplicazione di quei principi su cui si fonda il potere costituito ed è per questo che anche le leggi di revisione costituzionale sono sottoposte al giudizio di costituzionalità. In altri termini, non è possibile inserire nella Costituzione quello che si vuole: per esempio, purtroppo per Brunetta, non vi si potrebbe inserire una norma che dica: "L'Italia una Repubblica democratica fondata sulla rendita finanziaria"; perché sarebbe in contrasto con il principio fondamentale previsto dall'articolo 1, secondo il quale "l'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro". Perciò una norma del genere, anche se è prevista con una legge di revisione costituzionale, sarebbe essa stessa incostituzionale. Così, anche un lodo Alfano costituzionalizzato sarebbe sempre incostituzionale, perché in contrasto con l'articolo 3, quello che perentoriamente afferma che "tutti cittadini sono uguali davanti alla legge". Dovranno darsi dunque pace: sia che la loro impunità sia prevista da una legge ordinaria, sia che sia prevista da una legge costituzionale, sempre incostituzionale rimarrà. Il nostro paese ha già conosciuto il cancro della dittatura, è riuscito a liberarsene e ha deciso di dotarsi degli indispensabili strumenti giuridici necessari per evitare una ricaduta. La Costituzione è la nostra storia, per questo va difesa a tutti i costi.