giovedì 26 agosto 2010

AGI - 26/08/10 - GUERRIGLIA ULTRA', MARONI: "NON SONO TIFOSI MA VIOLENTI"

(AGI) - Bergamo, 26 ago. - Guerriglia ultra' alla Berghem Fest leghista di Alzano lombardo. Ieri sera l'ira della curva dell'Atalanta, che non ha digerito la 'tessera del tifoso' voluta da Roberto Maroni, ha preso di mira lo stesso ministro dell'Interno, impegnato in un dibattito sul palco della festa insieme al collega dell'Economia, Giulio Tremonti, e quello della Semplificazione normativa, Roberto Calderoli. Circa 300 ultra' si sono radunati, verso le 22, a un centinaio di metri dall'ingresso della Berghem, poi, alcuni di loro sono riusciti a raggiungere la zona dietro il palco e, da una cinquantina di metri, hanno cominciato a lanciare bottiglie vuote e bombe carta, e fumogeni per coprirsi la fuga dai poliziotti. Bilancio finale delle serata: quattro auto incendiate, due agenti della polizia locale e uno della Digos in ospedale dopo aver respirato il fumo dei lacrimogeni. I ministri sono stati protetti dal servizio di sicurezza, ma a un certo punto la situazione e' sembrata sfuggire un po' di mano tanto che una bottiglia ha sfiorato l'assessore regionale bergamasco, Daniele Belotti. I violenti sono risuciti a fuggire coperti dai lacrimogeni. Finora non si registra alcun fermo anche se nella notte sono stati avviati accertamenti e controlli.
Durissimo Maroni che, dal palco, ha rifiutato qualsiasi dialogo: "Sono disposto a parlare con i tifosi, ma non quelli violenti". "Saranno presi provvedimenti severi nei confronti di chi ha commesso atti di violenza", ha promesso, "chi ha determinato quanto accaduto puo' scordarsi di entrare negli stadi per molto tempo". "Quello che e' avvenuto e' molto grave - ha aggiunto -. La violenza non e' mai giustificabile, mai accettabile" e i responsabili "saranno identificati e colpiti e puniti duramente". Il titolare del Viminale non e' disposto ad alcun passo indietro sulla tessera del tifoso. "Quello che e' avvenuto - ha spiegato - conferma la mia convinzione che ci sono i tifosi e ci sono i violenti. E nei confronti dei violenti non c'e' possibilita' di mediazione. I violenti devono essere fermati, lo facciamo e continueremo a farlo. La tessera del tifoso e' uno strumento utile proprio in questa direzione". Sembra che l'arrivo dei tifosi fosse atteso dalle forze dell'ordine. Anzi, proprio attraverso la mediazione di Belotti, un piccolissimo gruppo avrebbe dovuto incontrare brevemente Maroni per discutere del suo progetto. Ma qualcosa e' andato storto, pare una diversita' di vedute tra la linea 'soft' e quella oltranzista della curva. Cosi', non solo l'incontro e' saltato, ma la situazione e' degenerata non appena il ministro leghista e' salito sul palco e ha preso parola. La voce di Maroni, diffusa dagli altoparlanti, e' arrivata ai contestatori, ancora fermi a un centinaio di metri dall'ingresso della festa, i quali hanno cominciato a fischiare e a scandire cori di contestazione. Per un quarto d'ora gli ultra' sono rimasti li', poi, all'improvviso, se ne sono andati. Forse una tattica per ingannare i poliziotti, perche' in altri punti della zona erano pronti altri due gruppi di ultra' che hanno raggiunto il retro palco e da una cinquantina di metri hanno cominciato a lanciare fumogeni, petardi e bengala, sassi e bottiglie. Gia' da ieri sera la polizia ha iniziato una serie di controlli nei confronti di alcuni dei membri degli ultras nerazzurri, verificando la loro eventuale presenza sul luogo della contestazione. Accertamenti proseguiti anche nel corso della mattinata. Ulteriori dettagli da parte della questura potrebbero essere resi noti nel corso della mattinata. Qualche polemica intanto e' nata intorno al fatto che gli ultras siano riusciti ad arrivare cosi' vicini al palco su cui si trovavano i ministri Maroni, Tremonti e Calderoli. E il deputato leghista bergamasco Giacomo Stucchi ha preannunciato che presentera' un'interpellanza parlamentare sull'efficienza del servizio d'ordine: "Si sapeva che ci sarebbe stata una manifestazione dei tifosi, l'efficienza del servizio d'ordine e' stata carente. Queste cose non possono succedere. Questi non sono tifosi, sono criminali".

AGI - 26/08/10 - ULTRA': DAL VESCOVO AL SINDACO DI BERGAMO UNA FERMA CONDANNA

(AGI) - Bergamo, 26 ago. - Dal sindaco, al vescovo, al presidente della Provincia: Bergamo condanna gli ultra' violenti dell'Atalanta, il giorno dopo l'assalto alla Beghem Fest di Alzano Lombardo contro Roberto Maroni. "La passione sportiva non deve diventare mai pretesto di violenza", ha avvertito il vescovo, monsignor Francesco Beschi, celebrando, in Duomo, davanti alle autorita' cittadine, la messa per la festa patronale di Sant'Alessandro. Per il primo cittadino di Bergamo, Franco Tentorio, i tifosi neroazzurri hanno commesso "un errore grave e non recuperabile". Mentre, il presidente leghista della Provincia, Ettore Pirovano, ha avanzato l'ipotesi che quelli di ieri sera fossero, in realta', "estremisti politici" e non ultra' atalantini ("o comunque non lo fossero se non solo in minima parte"). "Comunque si sapeva che sarebbero arrivati - ha polemizzato - lo sapevo io, e lo sapeva chi doveva saperlo". Sulla stessa linea il deputato del Carroccio, Giacomo Stucchi. "Non erano tifosi ma delinquenti - ha sostenuto -. E comunque penso che fossero soprattutto esponenti delle vecchie Brigate Nerazzure, legate all'estrema sinistra". Il segretario provinciale di Rifondazione Comunista, Ezio Locatelli, dal canto suo, ha condannato i fatti di violenza ma espresso anche perplessita' sulla tessera del tifoso, voluta da Maroni e contestata dagli ultra'. A suo giudizio, si tratterebbe di "forme di schedatura di massa": ai leghisti "rimane solo che agitare la politica della repressione e del manganello", fomentando cosi' "malessere ed esasperazione".

AGI - 26/08/10 - TESSERA TIFOSO, ULTRA' ATALANTA IRROMPONO A FESTA LEGA

(AGI) - Alzano , 26 ago. - Fumogeni e petardi hanno interrotto ieri sera il dibattito tra i ministri Maroni, Tremonti e Calderoli in corso alla Bérghem Fest. Sono i tifosi dell'Atalanta che hanno fatto irruzione per protestare contro la tessera del tifoso. Mentre Maroni stava parlando dal palco, il discorso e' stato interrotto dal dissenso dei tifosi. Sollecitato dall'intervistatore a commentare l'accaduto, Maroni ha detto: "Questi non sono tifosi, io con i violenti non parlo. Parlo con i tifosi veri". Mentre il ministro dell'Interno Roberto Maroni stava parlando dal palco, in platea si sono sentite nove esplosioni dietro al palco. Le forze dell'ordine si sono subito schierate e alcune automobili sono state date alle fiamme. I tifosi, diverse decine secondo alcuni testimoni, si erano radunati in un bar del Paese per poi dirigersi verso la festa, che ospitava il ministro dell'Interno. I tifosi, che avevano il volto coperto da sciarpe dell'Atalanta, si sono poi allontanati dalla manifestazione, dopo che i vigili del Fuoco hanno spento le fiamme, causate dalle bombe carta e dai fumogeni. La contestazione era nata da una controversia sulla tessera del tifoso, che alcuni supporter atalantini temevano di non poter ricevere essendo stati in passato colpiti dal Daspo. Prima del dibattito sul palco, l'assessore regionale al territorio Daniele Belotti si era offerto di rappresentare le istanze degli ultras al titolare del Viminale. Ma un diverbio tra gli stessi tifosi ha fatto naufragare la 'trattativa' e dunque i 'nerazzurri' si sono scatenati lanciando bombe carta e fumogeni. Giacomo Stucchi, deputato leghista e lui stesso tifoso, ha bollato la contestazione: "non sono tifosi, sono solo violenti".

mercoledì 11 agosto 2010

IL GIORNALE - 11/08/10 - GLI ALLEATI

Roma Bologna, Torino e Trieste, nuove tappe di conquista per la Lega nella prossima tornata amministrativa, ma nel frattempo già si ragiona di politiche, ampiamente auspicate dai vertici leghisti. Non solo per uscire dal «pantano», come lo definisce Bossi, in cui la maggioranza si è ritrovata, ma anche per calcoli più pratici. La Lega ragiona su pronostici che la danno tranquillamente sopra il 10 per cento, tetto storico raggiunto dalla Lega solo nel ’96. Adesso i sondaggi descrivono una forbice che va dall’11% al 13%, anche se qualcuno nel partito accredita addirittura un 15% su scala nazionale, che sarebbe non un record ma un risultato inaudito per un partito radicato al Nord e ancora abbastanza inviso al Sud. Ecco, la novità su cui si sta lavorando tra via Bellerio e le segreterie regionali, tocca proprio questo punto, l’estensione geografica del progetto Lega. Dalle regioni meridionali sono arrivate negli ultimi mesi centinaia di richieste per aprire nuove sezioni, anche in terre inimmaginabili per il Carroccio (Napoli, la Calabria, la Puglia). Il tema più concreto e appetibile però riguarda le «roccaforti rosse», su cui la Lega punta per allargare la sua base a scapito del Pd (mentre al Nord gli affluenti del dio Po si ingrossano a scapito del Pdl...). Negli ultimi due giorni Bossi si trovava in Liguria, tra Alassio e Albenga. Certo, per assistere al tradizionale appuntamento agostano delle selezioni per miss Padania, ma anche per celebrare un avanzamento considerevole della Lega Nord, particolarmente appetitoso in vista di elezioni anticipate, nella «rossa» Liguria, dove dal 2005 al 2010 il Carroccio è passato dal 4,7% al 10%.E una crescita sensibile della Lega nelle regioni a maggioranza ex comunista non si registra solo a Nord, tra Liguria ed Emilia-Romagna, ma anche in Toscana, in Umbria e nelle Marche, e addirittura in Puglia, dove i rispettivi coordinatori hanno organizzato gazebo e iniziative sul territorio per intercettare un movimento d’opinione che, congedandosi dal Pd, si dirige verso il nuovo «operaismo» leghista. Anche per questo motivo la Lega spinge per il voto, che si annuncia un boom mai visto per gli uomini e le donne di Bossi. «Si va a votare subito e sono esclusi governi di larga coalizione o tecnici per prolungare la legislatura» ha ripetuto ieri Bossi, da Alassio. «Non si può andare contro la volontà popolare. In democrazia c’è il governo votato dalla gente. Da Berlusconi in poi i governi sono sempre stati votati dalla gente». Nessuno spazio di trattativa con il centrosinistra e gli altri pezzi di opposizione che invocano esperimenti di «transizione», dunque. L’alleanza con Berlusconi non è in discussione per la Lega. Anzi, l’idea di un Pdl libero da Fini è musica per le orecchie dei parlamentari leghisti. «Se la situazione precipitasse verso il voto non ci stracceremmo certo le vesti - dice Giacomo Stucchi, deputato bergamasco della Lega -. Anche perché così ci libereremmo dei meridionalisti finiani. Nella Lega si sente profumo di grande successo elettorale». Se davvero si votasse, e la realtà delle urne confermasse le più rosee previsioni della Lega, cioè il 15%, a Roma arriverebbero non più 60 deputati del Carroccio, ma 100. Un numero che sommato a quello dei pidiellini, costituirebbe un blocco compatto come probabilmente mai è accaduto nella seconda repubblica. A quel punto le riforme, quelle più a cuore al Pdl (la giustizia, la burocrazia, il sistema fiscale) e quelle più nell’animo leghista (in primis, il federalismo) avrebbero la strada spianata. A ben vedere, la situazione ideale sia per il Pdl che per la Lega.

venerdì 6 agosto 2010

IL GIORNALE.IT - 06/08/10 - BOSSI SUONA LA CARICA PER IL VOTO: "NOI E IL PDL SPAZZIAMO VIA TUTTI"

Roma. La percentuale che racchiude le aspettative della Lega Nord circa l’esito del conflitto nella maggioranza è quella contenuta nel più recente sondaggio interno sulle intenzioni di voto: 15 per cento a livello nazionale per il Carroccio, una vetta mai neppure immaginata. È normale che, sull’onda di questo potenziale trend, il partito di Bossi non abbia nessun timore di un voto in autunno o primavera, ma che anzi sotto sotto ci speri, perché porterebbe - queste sono le previsioni dell’entourage bossiano - ad una nuova maggioranza Pdl-Lega senza più disturbatori e compatta per guidare cinque anni senza intoppi. Dai vertici leghisti si incoraggia quest’ipotesi perché, come ragionava privatamente un ministro leghista, più si tira per le lunghe questa situazione di logoramento, più Fini può erodere consensi al Pdl nel Sud, unico territorio dove il neo-centrismo dell’ex pupillo di Almirante ha qualche speranza di attecchire (oltre che tra qualche deluso del Pd). Perché il vero punto di rottura, secondo la Lega, non è tanto la giustizia o il presunto attaccamento ai valori della Costituzione sbandierato dai finiani, ma il federalismo fiscale, che per il Mezzogiorno significherebbe la perdita di una rendita secolare e che la compagine neo-centrista (i meridionali di Futuro e libertà, i centristi di Casini, i meridionalisti di Lombardo, i moderati post-democristiani rutelliani) ha individuato come possibile tema critico per recuperare voti nel Mezzogiorno terrorizzato dall’idea di una spesa pubblica meritocratica e non più assistenziale (a spese del Nord, come ha spiegato nel suo ultimo saggio Luca Ricolfi, professore molto stimato dal Carroccio).Del resto la Lega è convinta che l’asse con Berlusconi sarebbe vincente sia alla Camera sia al Senato, dove pure la legge elettorale premia le coalizioni. Non solo non ci sarebbero problemi nelle Regioni che eleggono più senatori, come Lombardia, Veneto, Piemonte, ma le eventuali flessioni del Pdl sarebbero compensate da un aumento della Lega (anche nelle regioni rosse o del centro), mentre le ultime Regionali in Lazio, vinte da Berlusconi quando già si era consumato parte della rottura con Fini, dimostrerebbero che anche in quella regione il Pdl può fare benissimo a meno dei finiani. «È molto difficile andare avanti così - ha detto ieri Bossi ai cronisti di Montecitorio -. Si va alle elezioni e con la Lega si vincono anche. Noi ed il Pdl spazziamo via tutti. Fini? Al mare, lasciamolo andare...». Le elucubrazioni circa un governo di transizione, magari guidato da Tremonti, agitano forse le notti dei vertici Pd, ma non quelle del segretario federale della Lega, che chiude la questione seccamente: «Con un governo di transizione ci sarebbe caos nel Paese». «Mai parlato con Bersani», spiega Bossi. In effetti l’idea di un’intesa Lega-Pd al momento è pura fantascienza, perché nel Carroccio ci si fida soltanto di Berlusconi per portare a compimento il federalismo. «È divertente vedere come Tremonti, che fino all’altro ieri era la bestia nera del centrosinistra, tutto ad un tratto sia diventato una specie di fenomeno per Bersani e gli altri - commenta Giacomo Stucchi, deputato della Lega -. Ma noi non siamo nati ieri, non abbocchiamo». Lo stesso pensiero, in forma più colorita, lo esprime il leader leghista: «Tremonti mica è scemo ad accettare. Lui vuole bene a Berlusconi».Insomma, chi spera in un cortocircuito nell’asse Berlusconi-Bossi pare abbia riposto male le proprie aspettative. Il Carroccio ha tra i suoi punti di forza un rapporto molto stretto ed «empatico» col suo elettorato, e dunque sa bene che la minima variazione rispetto agli impegni presi si tradurrebbe in un calo di popolarità tra la propria gente. Un accordo col Pd, un ingresso in qualche papocchio tecnico con Udc, finiani e altri reperti della Prima repubblica, sarebbe incomprensibile per la pancia leghista. A meno, ovvio, che dal Pdl non arrivi un incredibile stop al federalismo, ipotesi quanto mai improbabile.La convinzione che serpeggia tra i leghisti di Montecitorio è semmai un’altra. La truppa di Fini non reggerà a lungo. Le defezioni scatteranno quando si tratterà di mettere in discussione la poltrona. «Essendo gente che ragiona secondo logiche di potere, appena si presenterà un rischio torneranno alla casa madre» prevede un parlamentare del Carroccio che mantiene un dialogo coi finiani.Nessun timore per il futuro, dunque, nella Lega, mentre i decreti sul federalismo fiscale avanzano e portano «punti» alla causa leghista, buoni da spendere in una eventuale campagna elettorale. Non solo, in prospettiva ci si è già mossi estendendo i terminali leghisti anche nel Sud. Dalla segreteria nazionale fanno sapere che le richieste di aprire nuove sedi stanno arrivando da posti impensati: Napoli, la Calabria, la Sardegna, il Molise. Però, prima di accettarle, servirà uno screening molto attento degli aspiranti leghisti meridionali. Perché «noi ci siamo fatti un mazzo così», pare abbia detto Calderoli, e quindi non si regala niente a nessuno, prima di testare serietà e trasparenza.