mercoledì 29 settembre 2010

LA REPUBBLICA - 29/09/10 - SPIRANO, NEL PAESE VERDE LEGA ANCHE IL CENTRALINO PARLA BERGAMASCO

Strisce pedonali, mezzi comunali, portale web, giornalino: tutto di un unico coloreCorsi di dialetto per i piccoli. Il sindaco: "Nello statuto c'è la tutela della nostra lingua"
SPIRANO - S.P.Q.S.: sono pazzi questi spiranesi. Per dirla con Asterix, quello vero, mica Bossi, uno potrebbe pensare che da queste parti il consenso ha dato alla testa. Sarà anche così ma ce la mette tutta il sindaco Giovanni Malanchini, 36 anni, imprenditore della plastica, uno che alle sei del mattino è già in ufficio a scrivere su carta intestata in bergamasco, per convincerti che dietro alla dialettizzazione del paese, dietro ai cartelli bilingui come le qualifiche di assessori e consiglieri, al notiziario, alla segreteria telefonica in slang locale; dietro al verde che tutto tinge - i dossi pedonali, la scuola, i furgoni dei servizi sociali - dietro a tutto questo non c'è solo un metodo (Lega) ma anche dello studio. "Ci siamo rivolti a uno storico e a un cantautore locale, che tra l'altro, lo scriva, è tutto fuorché leghista". A 617 chilometri dal "porcile romano", sdraiato sulle lande bergamasche tra fabbriche e campagne, c'è Spirano. Che potrebbe benissimo stare nel land bavarese o in Alto Adige. In fondo il modello quello è. Spirano incarna il sogno leghista dell'indipendenza, dell'affrancamento-secessione se non ancora amministrativa almeno culturale dall'Italia. Un luogo dove prima viene il dialetto e poi semmai l'italiano, dove il 50 per centodella popolazione (5.365) vota Lega e dove il 70 per cento di quelli che vanno a parlare col sindaco si esprime - ricambiato - in dialetto. Tutto o quasi è lega-lizzato, qui. Sono solo stati attenti a non inciampare nella scivolosa sindrome Adro: niente Soli delle Alpi, per capirci. E cioè il simbolo del Carroccio. Ma tutto il resto sì, alla grande. "Sono cose che piacciono alla gente. Sia ai giovani che agli anziani", ragiona il vicesindaco Giancarlo Menotti. E già. In principio fu la toponomastica. Sotto i cartelli con il nome delle vie hanno affisso la seconda dominazione, in dialetto, che indica la contrada dell'epoca (si va dal 1500 al 1800). Poi sono arrivate le altre novità: la carta intestata del sindaco e della giunta (bilingue, italiano e bergamasco); lo stemma del paese, il giornalino con il notiziario per i cittadini; i messaggi di auguri del sindaco ai neodiciottenni; il calendario. Tutto in "lingua bergamasca", perché, chiosa il primocittadino alla vigilia del 150° dell'unità d'Italia, "mia figlia ha sei mesi e voglio che impari il bergamasco". Il Comune ha organizzato un corso per educare l'eloquio dei giovani nel segno del "recupero della tradizione". "Nel nostro statuto, sedici pagine, il più breve d'Italia, c'è la tutela della lingua bergamasca". L'immagine che sintetizza il processo di padanizzazione sociale di Spirano è il sorriso di Tony Iwobi, leghista nigeriano, capogruppo stravotato, presidente della commissione cultura. In pratica l'ufficio da cui escono le varie trovate che qui nessuno considera folcloristiche. "In giunta parliamo solo in dialetto", racconta fiero il sindaco Malanchini. L'ultimo guizzo dell'amministrazione è la segreteria telefonica in idioma orobico. Chi chiamerà il centralino del Comune impatterà con una voce local su base composta dallo chansonnier bergamasco Luciano Ravasio. Guai a parlare di forzature. "I nostri amministratori amano le loro comunità - dice il parlamentare Giacomo Stucchi - e solo difendendo la nostra identità si tutelano gli interessi veri dei cittadini". È la speranza il punto forte di Spirano. Nel senso che il colore dominante è il verde: verdi i dossi dei passaggi pedonali ("abbiamo fatto un concorso e tutti hanno presentato il verde"), verde la nuova scuola media, verdi i mezzi dei servizi sociali, verdi il giornalino e il portale web del Comune. Verde declinato in varie tonalità. "Il nostro è acceso, quasi brillante. Non il classico verde Lega", sfuma il sindaco. "Non che me ne vergogni eh... ". Gli chiediamo cosa pensa della battuta di Bossi e dei romani: "Tanto clamore esagerato. Comunque io ho dei clienti romani e hanno sempre pagato regolarmente".

lunedì 6 settembre 2010

IL GIORNALE.IT - 06/09/10 - BOSSI SE LO ASPETTAVA: "PARLA COME LA SINISTRA" MARONI: "E' RINATA AN"

Roma. Tutto sarà più difficile adesso, e al minimo segnale di intoppo subito al voto. La reazione alle parole di Fini, molto dure anche sulla Lega Nord, si fanno attendere più di un’ora. Poi arriva Bossi, che sembra mettere una pietra sopra la possibilità di proseguire il cammino con un «alleato» come quello uscito da Mirabello: «Fini non ha detto niente di importante né di nuovo: ha detto, peggio, che la sinistra ha ragione e che bisogna rifare la legge elettorale. Per Berlusconi la strada è molto stretta: se tutti i giorni deve andare a chiedere i voti a Fini e a Casini per far passare una legge non dura molto. La situazione è difficile, perché è come se Fini avesse detto “non voglio accordi con la Lega”. Anzi, peggio: “Io ce l’ho con il nord”. Se Berlusconi dava retta a me si andava a elezioni e non c’erano Fini ne Casini né la sinistra che scompariva». Poi sulla questione monegasca, Bossi ha attaccato direttamente Fini: «Fini si è preso addirittura un appartamento del suo partito e se lo è incamerato. Dunque non mi pare possa dare lezioni di bon ton».Il primo a parlare, prima che ci fosse una linea ufficiale sul dopo-Mirabello, era stato Roberto Castelli, che già avvertiva aria di temporale sopra la maggioranza: «Prevedo una dura vita in Parlamento. Si crea anche un duro vulnus istituzionale, perché Fini si pone come un segretario di partito e contemporaneamente come presidente della Camera». Nella mattina il ministro Roberto Maroni aveva creato il pathos necessario per il discorso del presidente della Camera, caricandolo di aspettative e di responsabilità per l’esito della legislatura («Se c’è una maggioranza si continua, se non c’è si va a elezioni, un governo diverso da quello deciso dagli elettori sarebbe inaccettabile»). Con l’ambiguità profonda in cui si è collocato Fini, dissidente ma interno alla maggioranza e anche al Pdl, l’esito, secondo la Lega, è ancora incerto, ma molto più negativo che positivo. Perché l’attacco al federalismo troppo nordista, alla Padania come invenzione, al governo che si è «appiattito sulla Lega», non sono piaciuti affatto, e hanno rafforzato l’idea di un Fini nemico del Nord e antagonista della Lega. «Mi pare evidente che sia rinata Alleanza Nazionale, un partito che assicura gli interessi del sud più che quelli della Padania che per Fini non esiste ma per noi esiste e come - commenta Roberto Maroni a margine della festa della Lega nord a Torino. «La questione è seria, bisognerà valutare nei prossimi giorni se ci sono le condizioni per andare fino alla fine della legislatura oppure no. La questione adesso è nelle mani del presidente del Consiglio». La risposta che si respira dentro il Carroccio, anche se non detta, è no. Con queste premesse non si potrà andare avanti molto, e allora meglio votare al più presto, «i tempi tecnici per farlo prima di Natale ci sono - spiega il deputato della Lega Giacomo Stucchi -. Si è creata una situazione imbarazzante, con un soggetto politico che pretende di stare nella maggioranza mentre il suo leader dice che quella stessa maggioranza non rappresenta gli interessi del Paese. Aspettiamo di vedere cosa succederà in aula tra dieci giorni, poi decideremo». Negli ultimi giorni la Lega aveva fatto sfoggio di grande tatticismo, cercando di far rientrare la frattura e proponendosi anche come mediatrice col «galantuomo» Fini. Fiducia mal riposta, ragionano ora i vertici del Carroccio, dopo l’attacco doppio a Berlusconi e alla Lega, dipinta sostanzialmente come una forza locale e disgregatrice. La verità è che il discorso del leader di Fli ha confermato i peggiori sospetti serpeggianti nel Carroccio, quello di una formazione nata per difendere gli interessi assistenzialisti del centro-sud, che punta proprio all’asse Berlusconi-Bossi come principale obiettivo da colpire. Perché quando si parla di federalismo, ma ci si mette dopo un aggettivo («solidale»), si tratta certamente di «una fregatura», assicura l’eurodeputato della Lega