venerdì 17 dicembre 2010

ITALIA OGGI - 17/12/10 - CAMERA A TUTTA BIRRA

La Camera ha vissuto una serata a tutta birra. Il “Club parlamentari amici della Birra”, nato un anno fa, bipartisan, presieduto da Giacomo Stucchi, leghista, segretario della Camera deputati e presidente della commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale, ha salutato i suoi associati con un aperitivo di Natale che ha radunato circa un centenario tra deputati e senatori, funzionari, assistenti, membri degli staff ministeriali e rappresentanti della stampa parlamentare, tutti salutati dai vertici dell’Associazione degli industriali della birra e del malto. Pierre de Nolac

IL SOLE 24 ORE - 17/12/10 - IL "DOPPIO" TAVOLO SULLA GOVERNANCE DEL CENTRODESTRA

ROMA. Sul terzo polo la metafora più calzante, visti i tempi, è di Giorgio Tonini, senatore "democratico" attento osservatore anche di quello che accade oltre il Pd. «È come se Berlusconi si fosse trasfomato in Marchionne. Anche lui ha annunciato una newco nel centro-destra per allargare la maggioranza ai singoli e con contrattazione privata. E Casini ha sfoderato un riflesso sindacale creando, con il polo della nazione, le condizioni per una trattativa e un contratto collettivi». Non è solo il senatore Pd a considerare la mossa del terzo polo uno «stadio intermedio-difensivo», quindi, «senza alcuna prospettiva politico-strategica» come dice anche Alessandro Campi, direttore scientifico della fondazione finiana FareFuturo. È soprattutto in casa Udc che quel coordinamento di «quasi 100 parlamentari» viene considerato una "sala d'aspetto" per prepararsi a due tavoli e due scenari. Il piano A, nelle idee dell'entourage di Casini, è un negoziato con il Pdl e il premier sui futuri assetti del centro-destra, inclusa la successione del Cavaliere. È chiaro che un tavolo così delicato non può essere affrontato senza forza contrattuale e sotto la minaccia di uno scippo di propri parlamentari: a questo scopo provvede il polo della nazione. Ma, naturalmente, esiste pure un piano B perché il voto anticipato è ancora in campo. E dunque, a Casini, il terzo polo serve per affrontare le urne nel caso la Lega stacchi la spina. Ma non tutti ci credono. «Perfino in caso di elezioni credo che l'Udc avrà dei problemi ad andare con Fini. Conosco la realtà del Nord e lì i mal di pancia dei centristi sono forti: la paura è di sparire dopo essere usciti dalle giunte piemontesi e venete. E a marzo, con le amministrative, non gli consentiremo più giochetti a geometrie variabili. Saranno disposti a perdere Milano? E Torino? E Napoli?». Giacomo Stucchi è un parlamentare leghista, punto di riferimento di una provincia – quella di Bergamo – che conta nella geografia del Carroccio, molto vicino a Calderoli e Maroni. E secondo i suoi calcoli «Casini non farà la guerra: glielo dice il Vaticano e pure la sua base, tra l'altro a gennaio c'è un giro di nomine nelle authorities».

mercoledì 15 dicembre 2010

IL GIORNALE - 15/12/10 - BOSSI VUOLE LE URNE MA TOGLIE IL VETO SULL'UDC

Roma - La linea è quella fissata già da qualche giorno e l’esito della fiducia non l’ha spostata di un millimetro perché era quello previsto. Al voto appena possibile, cioè in primavera, ma nessun veto sull’allargamento all’Udc, anche se a condizioni molto precise. Prima di tutte il federalismo fiscale, contro cui l’Udc ha votato ma che in caso di alleanza con la Lega non potrebbe in alcun modo ostacolare. Ma oltre a questo Bossi accenna anche ad «altri problemi» aperti con i centristi. Il segretario federale non può fare a meno di farlo, visto che Casini si è sempre opposto alla «ennesima nefandezza» sulle quote latte, battaglia carissima al Carroccio, e che solo due ore prima, nella dichiarazione di voto in aula, il leader Udc aveva accusato la Lega nord di aver monopolizzato la politica del governo (stesso addebito fatto dai finiani), dicendo che Bossi «ha iniziato la legislatura comandando e vuole terminare comandando». Sommando queste condizioni a quelle di Casini, il rimpasto leghista-centrista appare una probabilità abbastanza remota, ma in politica nulla è impossibile. «Bossi nei prossimi giorni premerà su Berlusconi per il voto, ma siamo alleati e le cose si decidono insieme» spiega una fonte leghista. Il pressing in effetti è già iniziato, basta ascoltare le parole di Maroni e Calderoli. Il ministro dell’Interno accende il cronometro e avverte l’alleato: «Oggi c’è stata una lezione, una prova di forza, era importante vincere e l’abbiamo fatto. Abbiamo vinto il primo tempo ma la partita non è conclusa. Sullo sfondo restano le elezioni, perché con 314 voti contro 311 si rischia di fare la fine del governo Prodi». Ora Berlusconi «ha tre settimane di tempo per ricompattare la maggioranza e averne una ampia e solida, aprendo una consultazione con Fli e Udc», altrimenti «meglio andare al voto». Si vedrà, ma «la strada non è in discesa», perché la Lega non dimentica che «l’Udc ha votato contro il federalismo, quindi dovrà cambiare, sennò saremmo masochisti».Il punto si farà alla ripresa, dopo la pausa natalizia. Chissà che tra spumanti e panettoni il premier non trovi il modo per «sedurre» Casini, con cui c’è un ottimo rapporto personale. Ma la missione non è semplice, perché si tratta di mettere d’accordo due partiti, Lega e Udc, lontani su molte cose. A proposito di dolce delle feste, Calderoli si dimostra molto scettico: «Il governo mangia il panettone, ma penso che non mangerà la colomba, perché in mezzo ci saranno le elezioni». Di voto parla esplicitamente Bossi, secondo il quale «il casino che ho visto in Aula potrebbe essere l’origine del voto. Non si capisce chi comanda», e «l’unica igiene è il voto».Nel frattempo il nemico pubblico della Lega si chiama Gianfranco Fini, a cui i leghisti chiedono un gesto di decoro istituzionale, le dimissioni. Glielo hanno urlato in aula, mentre Fini stava uscendo per andare nel suo ufficio al primo piano, glielo chiedono ufficialmente il segretario di Presidenza della Camera, il leghista Giacomo Stucchi («Il virus della faziosità» di Fini «non è più compatibile con il suo ruolo»). Anche sulle onde di Radio Padania il popolo leghista scatena la rabbia contro Fini, invitato calorosamente a dimettersi. «Se ne deve andare perché aveva detto che se non passava la sfiducia si sarebbe dimesso. Non può rimanere al suo posto». Fini vada ad «impiccarsi all’albero di Giuda», è uno che «in vita sua ha avuto solo sconfitte. Dal congresso dell’Msi perso con Rauti all’Elefantino». Però la base non accoglie con grande entusiasmo l’ipotesi di aprire all’Udc, un partito che ha votato la sfiducia al governo, «si può governare con loro?» chiede un ascoltatore. Qualche moderato c’è, a suggerire che «le gare si vincono anche al fotofinish e altri parlamentari si aggiungeranno a noi, dobbiamo approfittarne per portare avanti il federalismo». Ma la maggioranza è, come da tradizione padana, per la fuga solitaria. «Niente accordi con Casini e Fini, Fini is finish» dice Massimiliano da Cernusco. La base si ascolta, ma poi decidono Bossi e Berlusconi, come ripetono tutti i leghisti. E la decisione potrebbe essere più di compromesso. Ma chissà se durerà fino alla colomba pasquale.

lunedì 6 dicembre 2010

PANORAMA.IT - 06/12/10 - YARA: "LA PRIORITA' ORA, E' PROTEGGERE LA SUA FAMIGLIA"

“Bando alle manifestazioni di intolleranza nei confronti della comunità marocchina. Per mettere d’accordo la testa e la pancia del popolo del Nord bisogna governare con la testa a destra e il cuore a sinistra”. Parola di Giacomo Stucchi, deputato del Carroccio al vertice della Lega provinciale di Bergamo. E mentre non si placano le polemiche per i cartelli razzisti apparsi a Brembate di Sopra nei giorni scorsi, proseguono senza sosta le ricerche di Yara Gambirasio, la 13enne scomparsa da casa dal 26 novembre scorso. Tutti i luoghi intorno al paese sono stati passati al setaccio. Nessuna traccia nemmeno alle fonderie Mazzucconi di Ambivere, dove si erano puntati gli occhi degli inquirenti nel corso della tarda mattinata. Incerta la convalida del fermo di Mohammed Fikri, il marocchino bloccato mentre cercava di fuggire a Tangeri, in Nord Africa. L’uomo, accusato di sequestro di persona, omicidio e occultamento di cadavere, si dichiara estraneo alla vicenda e viene ascoltato oggi nel corso dell’interrogatorio di garanzia.Onorevole Stucchi, partiamo dai cartelli razzisti: “Marocchini fuori da Bergamo”, “Occhio per occhio dente per dente”. È quello che pensa davvero la maggioranza dei cittadini di Brembate di Sopra?La maggioranza della gente di Brembate pensa che episodi di questo tipo ledano l’equilibrio estremamente precario di una famiglia che sta soffrendo e quindi non condivide affatto certe esternazioni che tra l’altro arrivano da persone di fuori, da gente che non è di Brembate.Il sindaco leghista Diego Locatelli ha preso ufficialmente le distanze da queste manifestazioni di violenza e lei è stato al suo fianco assicurando che “non c’è alcuna caccia all’uomo”. Il sindaco ha anche detto che il paese non è razzista. Perché si fa fatica a credere che sia davvero così?Ripeto, i cartelli sono stati esposti da persone di fuori e sono riconducibili a due atteggiamenti diversi, il primo di ostilità proprio nei confronti dei marocchini, il secondo più generalizzato verso chiunque si macchi di certi delitti. In entrambi i casi si tratta comunque di soluzioni non tollerabili in una società civile, non esistono condanne a priori e soprattutto non si possono mai condannare intere comunità quando la responsabilità è sempre ed esclusivamente dei singoli.Su certi blog compaiono commenti del tipo: “legalizziamo il lanciafiamme” e “pena di morte subito”. Poi c’è chi se la prende con la Lega per le sue posizioni troppo morbide. Come si fa a mettere d’accordo la testa e la pancia del suo partito e della sua gente?Bisogna trovare il giusto punto di equilibrio come sta facendo al meglio il ministro dell’Interno Roberto Maroni che ascolta sia gli amministratori che i cittadini comuni eccetto nei casi in cui propongono la via della vendetta che non è mai in alcun modo percorribile dalla politica. Bisogna governare con il cuore a sinistra e la testa a destra.Un tale Efrem Belussi, sedicente referente provinciale dei volontari verde che farebbe capo a Mario Borghezio, ha annunciato che se si avrà la conferma che la colpa della scomparsa di Yara è del marocchino, sarà organizzata a Brembate una manifestazione contro l’intera comunità di marocchini. Ne sa qualcosa?Questa persona è stata espulsa tempo fa dalla Lega, non è del posto e sta cercando solo pubblicità. Sono stati gli stessi abitanti di Brembate ad invitarlo, con termini anche piuttosto accesi, a tornarsene a casa sua.In un’intervista comparsa oggi su Repubblica, l’eurodeputato del Carroccio Matteo Salvini, però, se la prende proprio con gli immigrati: “Troppi stranieri in Italia ed ecco i risultati”. Non è questa una dichiarazione che sa di razzismo?Dal momento che non c’è ancora nulla di comprovato, io personalmente non me la sento di esprimere giudizi di natura politica come questo. Qualora si avesse la certezza della responsabilità penale di stranieri clandestini in questa vicenda sarà possibile anche fare un ragionamento di questo tipo. In questo momento, però, credo che non serva a niente.Cosa serve, allora, in questo momento da parte della politica e delle amministrazioni locali?Serve quello che sta facendo il sindaco di Brembate in questo caso: cercare di proteggere il più possibile la famiglia e di aiutarla. Avevamo anche proposto di sospendere la distribuzione dei doni ai bambini come di tradizione nel giorno di Santa Lucia, il 13 dicembre, ma è stata la famiglia stessa di Yara a chiederci che tutto andasse avanti normalmente. Quello che davvero conta per noi è il rispetto delle persone coinvolte in questa vicenda.Yara è viva?Noi dobbiamo assolutamente credere che lo sia. Non possiamo rinunciare alla speranza di ritrovarla abbandonandoci allo sconforto. Lo dobbiamo alla nostra gente che continua a cercarla sotto la neve e con un freddo tremendo. Ieri, di domenica, 500 volontari hanno rinunciato a girare per negozi e a fare i regali di Natale per cercarla e, glielo assicuro, si moriva di freddo.

VIRGILIO.IT - 06/12/10 - YARA/STUCCHI (LEGA): BREMBATE NON è UN PAESE RAZZISTA

Deputato: Ci dissociamo dai gesti di qualche squilibrato
"Brembate non è un paese razzista e ci dissociamo dai gesti insensati compiuti da qualche squilibrato anche perché noi commentiamo solo notizie certe". E' quanto ha affermato Giacomo Stucchi, deputato bergamasco della Lega Nord, a margine della "conferenza stampa" tenuta dal sindaco di Brembate di Sopra, Diego Locatelli. Stucchi, come il sindaco, ha quindi voluto prendere le distanze da un paio di cartelli razzisti esposti oggi a Brembate dopo che si era diffusa la notizia del fermo di un cittadino tunisino per l'omicidio della 13enne Yara Gambirasio. "Non è assolutamente vero - ha continuato il deputato in risposta ad un'altra polemica giornalistica sul presunto silenzio degli abitanti della zona - che qui ci sia omertà, il fatto è che non ci interessa trasformare il dolore che proviamo in uno show anche per rispetto della riservatezza della famiglia".

QUOTIDIANO.NET - 06/12/10 - "MAROCCHINI FUORI DA BERGAMO" NEL PAESE SCOPPIA LA RIVOLTA

La rabbia nei cartelli. Ma il sindaco leghista: non saremo omertosi
Brembate Sopra (Bergamo), 6 dicembre 2010 — A dieci giorni dalla scomparsa di Yara Gambirasio, il fermo del magrebino accusato di omicidio ha colpito gli abitanti di Brembate Sopra come un pugno da ko. Non erano queste le notizie che la gente si augurava di sentire e alla speranza di rivedere presto la ragazzina scomparsa si è sostituita la rabbia. Così, a trovare spazio è stato soprattutto il risentimento, la voglia di avere un obiettivo contro il quale accanirsi. E sono emersi i primi segnali di intolleranza contro gli immigrati extracomunitari. L’eurodeputato leghista Mario Borghezio propone di prendere le impronte e un’aggravante per i reati commessi da clandestini.Un automobilista ha fermato il suo suv davanti alla casa della famiglia Gambirasio, in via Rampinelli, ha aperto la portiera e ha esposto un cartello con la scritta "Occhio per occhio, dente per dente". Poi, quasi per il timore di non essere stato ben compreso, ha aggiunto a voce: "Non se ne può più di questi immigrati, devono tornarsene tutti a casa loro". Un concetto ripreso da un altro cartello, appeso a un cancello a un centinaio di metri da casa Gambirasio e recante la scritta: "Marocchini fuori da Bergamo". La casa di Yara, dove i familiari della ragazza sono rimasti chiusi tutta la mattinata, ha catalizzato le reazioni scomposte e la rabbia razzista emersa dopo la notizia del fermo. Un altro uomo, infatti, ha raggiunto la zona a piedi ed è passato più volte urlando "Albanesi e marocchini fuori dalla Padania". E nel pomeriggio un ciclista ha sventolato uno striscione che ripeteva "Marocchini fuori da Bergamo". A fermarlo ci ha pensato il vicesindaco, che lo ha convinto a tornarsene a casa. Nel corso della giornata, però, a questi episodi ne sono seguiti altri. Sono comparse scritte volgari contro gli extracomunitari stampate su fogli di carta e qualcuno ha utilizzato un lenzuolo bianco per esporre il solito messaggio: "Immigrati fuori da Bergamo". Alla piazza reale ha fatto eco quella virtuale: la rabbia è montata su Facebook e tra le migliaia di messaggi di solidarietà verso la famiglia di Yara sono comparsi inviti alla legge del taglione e le scontate accuse contro gli immigrati che "rubano il lavoro e stuprano le nostre donne".Il sindaco di Brembate Sopra, Diego Locatelli, a capo di una giunta leghista, ha cercato di arginare l’ondata di rabbia: "Non è questa la reazione che mi aspetto dai miei cittadini — ha detto — e sono sicuro che non sarà così. Non saremo omertosi. La comunità saprà reagire con calma e razionalità e non ci sarà nessuna caccia all’uomo". "Gli squilibrati ci sono ovunque", ha aggiunto Giacomo Stucchi, deputato del Carroccio. L’europarlamentare leghista Mario Borghezio torna a proporre di "raccogliere le impronte digitali di tutti" perché quanto accaduto in questi giorni dimostra la "necessità di introdurre un’aggravante per i reati commessi dai clandestini". di Marco Rota

TISCALI.IT - 06/12/10 - CONTINUA LA RICERCA DEL CORPO DI YARA. IN CARCERE UN MAROCCHINO, CACCIA A DUE COMPLICI

I vigili del fuoco, la protezione civile, il soccorso alpino, la forestale, la polizia provinciale, i volontari e i carabinieri continuano a cercare la giovane Yara Gambirasio a dieci giorni dalla scomparsa. Ma a Brembate di Sopra nel Bergamasco la tensione è alta dopo il fermo di un operaio marocchino di 22 anni per sequestro di persona, omicidio e occultamento di cadavere. Le ricerche nella cava di Palazzago, nei boschi e nei campi di grano nella zona dietro il campo sportivo di Ambivere non hanno portato risultati. Forse due complici italiani - Ora si dovrà capire, ma non sarà purtroppo facile dato lo strettissimo riserbo con il quale si muovono i carabinieri della Compagnia di Bergamo e il Pm Letizia Ruggeri titolare del fascicolo, se le indagini sono sostanzialmente concluse con il fermo del 22enne o, al contrario, sono solamente all'inizio e in questo caso se, prima di tutto, ci sono dei complici in libertà. Secondo alcune indiscrezioni non confermate ma rilanciate questa mattina da alcuni organi di informazione, insieme con il nordafricano sarebbero indagati due italiani, ma non è ancora chiaro con quali accuse e dunque quale ruolo potrebbero aver avuto nella tragica vicenda. Esplode la rabbia - Come prevedibile il fermo di un indiziato di un delitto così atroce ha creato grande emozione tra le comunità che vivono a Brembate di Sopra e in questa parte di bergamasca ai piedi della Val Brembana. Un'emozione che diverse persone hanno trasformato in rabbia contro "i negri", gli "arabi", i "marocchini", gli "stranieri" che "hanno portato la delinquenza, perché qui prima noi stavamo bene". Un livore soprattutto dichiarato a mezza voce, in dialetto, nei bar del paese, se si escludono due cartelli esposti a poche decine di metri dalla casa della famiglia Gambirasio. Il sindaco condanna il razzismo - Un atteggiamento contro cui si sono immediatamente schierati il sindaco di Brembate di Sopra, Diego Locatelli, a capo di una giunta monocolore leghista dal 1992, e Giacomo Stucchi, deputato bergamasco del Carroccio che oggi ha affiancato il sindaco in una "conferenza stampa" (nella quale i giornalisti non hanno però potuto fare domande) indetta proprio per condannare gesti razzisti e chiedere contemporaneamente di non strumentalizzarli. Il marocchino nega tutto - Il silenzio degli investigatori sui motivi che hanno portato ad accusare formalmente il giovane marocchino che sembra abbia lavorato come carpentiere nel cantiere dell'ex raffineria Sobea a Mapello. Il ragazzo di 22 anni, residente da qualche mese a Montebelluna (Treviso), ha passato la sua prima notte nel carcere. Secondo indiscrezioni, nel corso degli interrogatori di, avrebbe respinto tutte le accuse fornendo una sua versione dei fatti e delle sue "giustificazioni". In ogni caso visto il provvedimento di fermo, motivato anche dal pericolo di fuga, l'ipotesi degli inquirenti è che il marocchino sia coinvolto nella scomparsa della tredicenne e che possa fornire indicazioni utili per chiarire ciò che è accaduto. Il 22enne lavorava nel cantiere del centro commerciale di Mapello dove più volte i cani bloodhunter, guidati dai carabinieri di Bergamo che seguono le indagini, hanno fiutato le tracce di Yara. La famiglia spera ancora - La famiglia di Yara è segnata dal dolore, ma che si attacca ancora a ogni esile filo di speranza, Papà Fulvio, geometra, e mamma Maura, maestra d'asilo, ascoltano, domandano. "Però, finché non la trovano", mormorano al colonnello dei carabinieri Roberto Tortorella, comandante provinciale di Bergamo. La villa dei Gambirasio torna a chiudersi nel silenzio. Non filtra un rumore. Non si sentono i giochi dei fratellini minori di Yara, Gioele e Nathan. La sorella maggiore, Keba, si isola nella sua cameretta. "Sono persone molto forti, e stanno vivendo anche questo momento con grande dignità", dice il sindaco Diego Locatelli. La testimonianza di Enrico Tironi - Adesso che il suo racconto potrebbe assumere un rilievo diverso Enrico Tironi non parla più. "Ho detto a chi dovevo tutto quello che avevo da dire - ha ripetuto il giovane -, volevo solo che venisse fuori la verità". Tironi, 19 anni, un ragazzo definito da molti chiuso e timido, è stato il primo testimone nel giallo della scomparsa di Yara Gambirasio. Era stato lui a raccontare alle tv prima ancora che agli inquirenti di aver visto la ragazzina in compagnia di due uomini adulti sulla strada di casa. La stessa strada che stava facendo lui in auto, perché la sua abitazione, dove vive con i genitori, è in via Ravasio, a meno di 200 metri da via Rampellini. "L'ho riconosciuta, era lei, la conosco da quando era una bambina - aveva detto - stava parlando con quei due uomini, uno forse era straniero, lei sorrideva ma non saprei dire se era un sorriso d'imbarazzo". Sentito dagli inquirenti, Enrico Tironi era stato ritenuto però inattendibile.

LA REPUBBLICA.IT - 06/12/10 - "OCCHIO PER OCCHIO, VIA GLI IMMIGRATI" CARTELLI RAZZISTI MA BREMBATE SI DIVIDE

E il sindaco avverte: "Qui non ci saranno né cacce all'uomo né show". Spiega un maghrebino: "La gente del posto lo sa, noi lavoriamo. E' sempre stato un paese tranquillo, noi non diamo problemi". La rabbia su Facebook: "Lasciate a noi quel marocchino, vengono solo a rubare e a violentarci le donne"dal nostro inviato PIERO COLAPRICO. Il sindaco di Brembate, Diego Locatelli BREMBATE - Solo i volontari sembrano aspettare senza angoscia la luce del mattino: "Per cercarla - giurano - come se Yara fosse viva". E attendono l'alba come se Yara "fosse in attesa di essere liberata". Gli altri? "Doveva toccare alla figlia di un giudice o di un politico, non di uno di noi. Così quelli che si occupano della legge capiranno una buona volta che cos'è che bisogna fare..." La frase spietata esce dalla bocca di un anziano, con un caschetto di capelli bianchi, che sta accanto a un coetaneo della protezione civile. Forse sta in questa frase la sintesi più cruda per raccontare senza diplomazie "come ci si sente" oggi a Brembate, dove il freddo di questo dicembre di neve e nebbia è niente rispetto al gelo che scende in via Rampinelli, davanti al cancello della famiglia Gambirasio, quando arriva, scuro e teso in volto, dopo una notte d'interrogatori, il colonnello provinciale dei carabinieri.Su Yara, tredicenne con l'apparecchio per tenere dritti i denti, resta ormai acceso un lumicino di speranza, sempre più flebile: a questo si riduce la "svolta". Brembate, che sinora ha rispettato la dolente scelta del silenzio invocata da papà Fulvio e mamma Maura, ha così uno scossone imprevisto. La delusione popolare per come vanno tante cose da tanti, troppi anni, dall'immigrazione alla certezza della pena, si condensa in un sordo rancore. Quello che fa dire: "Che volete sapere da noi? Rivolgetevi a quei marocchini là, al bar dove bevono la birra". E che innervosisce una donna robusta: "Hanno i figli che sono andati a scuola con Yara, perché non aiutano le ricerche, perché non dicono niente?".Non è facile nemmeno essere immigrato: "Per colpa di uno, rischiamo sempre tutti di passare dei guai, ma - spiega un magrebino - la gente del posto lo sa, qua noi lavoriamo, è sempre stato un paese tranquillo. Noi non diamo problemi, lavoriamo tutti". È sempre stato così, a Brembate, una sorta di quartiere residenziale della megalopoli di capannoni e mercatoni, condomini e ville che da Bergamo arriva sino alle Prealpi. Sino a dieci giorni fa, quando Yara scompare, quando Brembate si scopre ferita e vulnerabile, e non più "tranquilla" come si sognava. I più rumorosi conquistano oggi qualche spazio: soprattutto nelle tv, e molto meno nelle strade. Ecco lo sgommante quarantenne occhialuto. Arriva apposta su un grosso Suv tedesco e mostra il cartello "Occhio per occhio, dente per dente", scritto sul retro di un bersaglio del tiro a segno. Altri ostentano un "Marocchini fuori da Bergamo". Pochi episodi, estranei alla folla che due sere fa non ce la faceva a stare tutta nella chiesa, con le centinaia di volontari che arrivano qui da ogni angolo della bergamasca, con chi dice: "Ma che senso ha cercare un capro espiatorio? Per altro, non ci sono certezze...".Tanta gente, pur brontolando in privato, in pubblico va d'accordo con il sindaco Diego Locatelli, il quale all'improvviso si presenta ai giornalisti. E legge un comunicato. Quei cartelli di odio contro gli immigrati, dice, "non corrispondono al nostro modo di essere". Sono "singoli episodi" e si augura che "non vengano strumentalizzati". E quanto ai no comment continui raccolti dai cronisti? "Non abbiamo niente da nascondere, ma - spiega il sindaco - mettiamo a disposizione tutto quello che è possibile per aiutare la famiglia di Yara". Se insomma "non è stato possibile instaurare un rapporto con i media, come da loro auspicato", dipende da una filosofia (non solo bergamasca, ma qui molto sentita): "La nostra dignità e il nostro rispetto sono completamente a disposizione della famiglia e non si ha voglia di protagonismo o di audience. Invitiamo la stampa - precisa il sindaco - a comprendere che la vita non è fatta solo di show, ma di dignità, di gente che è abituata a lavorare in silenzio e a difendere la propria vita e il proprio paese". Di certo, assicura, "non ci sarà nessuna caccia all'uomo".Accanto al sindaco, rincara la dose il compagno di partito e deputato Giacomo Stucchi: "Gli squilibrati ci sono ovunque, mi dissocio in tutti i modi contro questi gesti che se la prendono con un'intera comunità, e non contribuiscono sicuramente a creare un clima sereno intorno alle indagini e alla famiglia. Lancio un appello alla calma".Giorni pesanti e tragici sembrano però alle porte di Brembate (e non solo). "Lasciatecelo in piazza", "Noi non abbiamo mai cercato niente, loro vengono qui a rubarci il lavoro e violentarci le donne": sono queste e altre le frasi che circolano sulla Rete. L'orrore che s'è infilato proprio qui, sotto la porta di questa casa, sta producendo creando un corto circuito tra i "commentatori" e i fannulloni di Facebook. Il gelo intanto penetra nei cuori degli investigatori, di chi sa qualche cosa, di chi ormai teme l'indicibile.