lunedì 6 dicembre 2010

TISCALI.IT - 06/12/10 - CONTINUA LA RICERCA DEL CORPO DI YARA. IN CARCERE UN MAROCCHINO, CACCIA A DUE COMPLICI

I vigili del fuoco, la protezione civile, il soccorso alpino, la forestale, la polizia provinciale, i volontari e i carabinieri continuano a cercare la giovane Yara Gambirasio a dieci giorni dalla scomparsa. Ma a Brembate di Sopra nel Bergamasco la tensione è alta dopo il fermo di un operaio marocchino di 22 anni per sequestro di persona, omicidio e occultamento di cadavere. Le ricerche nella cava di Palazzago, nei boschi e nei campi di grano nella zona dietro il campo sportivo di Ambivere non hanno portato risultati. Forse due complici italiani - Ora si dovrà capire, ma non sarà purtroppo facile dato lo strettissimo riserbo con il quale si muovono i carabinieri della Compagnia di Bergamo e il Pm Letizia Ruggeri titolare del fascicolo, se le indagini sono sostanzialmente concluse con il fermo del 22enne o, al contrario, sono solamente all'inizio e in questo caso se, prima di tutto, ci sono dei complici in libertà. Secondo alcune indiscrezioni non confermate ma rilanciate questa mattina da alcuni organi di informazione, insieme con il nordafricano sarebbero indagati due italiani, ma non è ancora chiaro con quali accuse e dunque quale ruolo potrebbero aver avuto nella tragica vicenda. Esplode la rabbia - Come prevedibile il fermo di un indiziato di un delitto così atroce ha creato grande emozione tra le comunità che vivono a Brembate di Sopra e in questa parte di bergamasca ai piedi della Val Brembana. Un'emozione che diverse persone hanno trasformato in rabbia contro "i negri", gli "arabi", i "marocchini", gli "stranieri" che "hanno portato la delinquenza, perché qui prima noi stavamo bene". Un livore soprattutto dichiarato a mezza voce, in dialetto, nei bar del paese, se si escludono due cartelli esposti a poche decine di metri dalla casa della famiglia Gambirasio. Il sindaco condanna il razzismo - Un atteggiamento contro cui si sono immediatamente schierati il sindaco di Brembate di Sopra, Diego Locatelli, a capo di una giunta monocolore leghista dal 1992, e Giacomo Stucchi, deputato bergamasco del Carroccio che oggi ha affiancato il sindaco in una "conferenza stampa" (nella quale i giornalisti non hanno però potuto fare domande) indetta proprio per condannare gesti razzisti e chiedere contemporaneamente di non strumentalizzarli. Il marocchino nega tutto - Il silenzio degli investigatori sui motivi che hanno portato ad accusare formalmente il giovane marocchino che sembra abbia lavorato come carpentiere nel cantiere dell'ex raffineria Sobea a Mapello. Il ragazzo di 22 anni, residente da qualche mese a Montebelluna (Treviso), ha passato la sua prima notte nel carcere. Secondo indiscrezioni, nel corso degli interrogatori di, avrebbe respinto tutte le accuse fornendo una sua versione dei fatti e delle sue "giustificazioni". In ogni caso visto il provvedimento di fermo, motivato anche dal pericolo di fuga, l'ipotesi degli inquirenti è che il marocchino sia coinvolto nella scomparsa della tredicenne e che possa fornire indicazioni utili per chiarire ciò che è accaduto. Il 22enne lavorava nel cantiere del centro commerciale di Mapello dove più volte i cani bloodhunter, guidati dai carabinieri di Bergamo che seguono le indagini, hanno fiutato le tracce di Yara. La famiglia spera ancora - La famiglia di Yara è segnata dal dolore, ma che si attacca ancora a ogni esile filo di speranza, Papà Fulvio, geometra, e mamma Maura, maestra d'asilo, ascoltano, domandano. "Però, finché non la trovano", mormorano al colonnello dei carabinieri Roberto Tortorella, comandante provinciale di Bergamo. La villa dei Gambirasio torna a chiudersi nel silenzio. Non filtra un rumore. Non si sentono i giochi dei fratellini minori di Yara, Gioele e Nathan. La sorella maggiore, Keba, si isola nella sua cameretta. "Sono persone molto forti, e stanno vivendo anche questo momento con grande dignità", dice il sindaco Diego Locatelli. La testimonianza di Enrico Tironi - Adesso che il suo racconto potrebbe assumere un rilievo diverso Enrico Tironi non parla più. "Ho detto a chi dovevo tutto quello che avevo da dire - ha ripetuto il giovane -, volevo solo che venisse fuori la verità". Tironi, 19 anni, un ragazzo definito da molti chiuso e timido, è stato il primo testimone nel giallo della scomparsa di Yara Gambirasio. Era stato lui a raccontare alle tv prima ancora che agli inquirenti di aver visto la ragazzina in compagnia di due uomini adulti sulla strada di casa. La stessa strada che stava facendo lui in auto, perché la sua abitazione, dove vive con i genitori, è in via Ravasio, a meno di 200 metri da via Rampellini. "L'ho riconosciuta, era lei, la conosco da quando era una bambina - aveva detto - stava parlando con quei due uomini, uno forse era straniero, lei sorrideva ma non saprei dire se era un sorriso d'imbarazzo". Sentito dagli inquirenti, Enrico Tironi era stato ritenuto però inattendibile.

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