giovedì 24 febbraio 2011

IL SOLE 24 ORE - 24/02/11 - PARTE LA CORSA AL DOPO-BOSSI I 40ENNI PRONTI ALLA SCALATA

Quel monolite che è stato la Lega, quello del tutti uniti, tutti col fazzoletto verde, ha da tempo subito una mutazione che ha archiviato l'idea di un partito senza spine e senza liti. Non siamo ancora alle correnti ma quella sostanziale macro-frattura che separa il cosiddetto "cerchio magico" – quello di Marco Reguzzoni, Federico Bricolo, Rosi Mauro – dal blocco Giorgetti-Maroni-Calderoli (peraltro diversi tra loro) sta creando tensioni sempre più evidenti. Innanzitutto la prima divisione è sulla linea politica. Il cerchio magico, quello fatto da uomini e donne che sono anche fisicamente più vicini a Umberto Bossi, è considerato più filo-berlusconiano e, quindi, più fedele al Cavaliere e al suo Governo. Dall'altra parte invece, il "trio" si considera non-berlusconiano e decisamente propenso a tenersi le "mani libere" anche se Roberto Maroni è il più dialogante con il Pd mentre Calderoli e Giorgetti sono molto vicini a Giulio Tremonti. Comunque non sono fedelissimi ad Arcore. E la distinzione non è trascurabile in questi giorni visto che il dilemma della Lega è ancora lì: stare con il premier fino alla fine o sganciarsi dopo il federalismo? L'interrogativo resta ma intanto l'altra battaglia che si è aperta è quella per la conquista di posti-chiave. In prospettiva c'è un tema che finora è stato tabù: quello della successione al Senatur e ciascun fronte prepara propri posizionamenti in vista di quel giorno. In ascesa c'è tutta una pattuglia di giovani parlamentari e amministratori, nati tra gli anni '68 e '71, che è pronta al passaggio generazionale e che si muove in sintonia con un fronte o con l'altro. In ascesa di certo è Massimo Garavaglia, 42 anni, laureato in Economia, super-tecnico e vicepresidente della commissione Bilancio, uomo di punta di Giancarlo Giorgetti. È il più giovane senatore della Repubblica – è stato eletto due giorni dopo aver compiuto 40 anni – e tutto ciò che esce dal ministero dell'Economia e approda al Senato è di sua esclusiva competenza e gestione. È pure nel "comitato nomine" della Lombardia, istituito dal potente Giorgetti per creare un punto di raccordo sui posti-chiave lombardi (ma i maligni dicono per contrastare gli appetiti del "cerchio magico"). L'altro nome in forte ascesa, ma della squadra avversa, è sicuramente Marco Reguzzoni, classe '71, di Busto Arsizio. Lui è una delle stelle di punta del cerchio magico, molto amato da Bossi e dalla sua famiglia, oggi capogruppo alla Camera "imposto" dal Senatur e con grandi aspirazioni – e dovuti sostegni – per scalare i vertici della Lega in Lombardia, il ruolo più importante per chi vuole comandare nel Carroccio (oggi c'è Giancarlo Giorgetti). Un domani ci potrebbe essere proprio lui tra i competitors per la successione. Ora, però, le ostilità tra le due squadre hanno portato a un "patto" che prevede un avvicendamento al posto di capogruppo tra Reguzzoni e un "uomo" dell'altra squadra. Se la sostituzione ci sarà, il pupillo di Bossi (ma amato pure dal premier) diventerebbe viceministro allo Sviluppo economico, magari con delega al commercio estero, dopo aver messo a segno la legge sul "made in Italy". Alla presidenza del gruppo alla Camera invece dovrebbe arrivare Giacomo Stucchi, brillante quarantenne, nato nel '68, che ha ormai sotto il suo "controllo" la potente provincia di Bergamo ed è molto vicino sia a Calderoli che a Maroni.Altro nome sotto i riflettori è quello di Matteo Salvini, giovanissimo europarlamentare, direttore di Radio Padania e probabile prossimo vice-sindaco di Milano. Un posto ambitissimo – e un vero "colpaccio" per un giovane di 38 anni – ma anche qui torna la competition con il cerchio magico che potrebbe sponsorizzare Davide Boni, consigliere regionale lombardo. In ascesa è pure Giovanni Fava, classe '68, vicesegretario di Giorgetti alla Lega Lombarda (come Reguzzoni) e possibile candidato alla provincia di Mantova.In mezzo ai posizionamenti politici c'è poi la corsa per i posti che pesano nell'assetto economico-finanziario. Perché la Lega avrà un ruolo chiave nella prossima tornata di nomine di primavera e i nomi che metterà sul tavolo questa volta hanno buone chance di passare. In primis c'è quello di Danilo Broggi, 51 anni, amministratore delegato di Consip, molto vicino a Maroni e candidato allo stesso ruolo nelle Poste. Ma questa volta rientra tra gli interessi della Lega anche la partita su Finmeccanica: se davvero ci sarà lo sdoppiamento tra la carica di presidente e amministratore delegato, in quest'ultimo ruolo la Lega potrebbe fare il nome di Giuseppe Orsi – oggi alla Agusta Westland (sede vicino a Varese) – o di Giuseppe Bono che è in Fincantieri. Buone possibilità di diventare presidente dell'Enel ha Gianfranco Tosi, consigliere di amministrazione che per due mandati ha tentato di scalare la presidenza. Questa volta potrebbe essere quella buona.

IL GIORNO - 24/02/11 - BERGAMO STA CON BOSSI: "FEDERALISMO A TUTTI I COSTI"

Bergamo, 24 febbraio 2011 - La festa per i 25 anni del movimento a Bergamo la celebreranno, con tutta la solennità del caso, il 5 marzo, a Chiuduno, alla presenza del leader, Umberto Bossi, e di tutto lo “stato maggiore”, compresi il ministro per la Semplificazione normativa (il regista del federalismo municipale) Roberto Calderoli e il sottosegretario alle Infrastrutture, Roberto Castelli. Basterebbero solo gli incarichi della “trojka” (anche se Castelli è bergamasco d’adozione) per rendersi conto di come la Lega Nord orobica, in un quarto di secolo, sia cresciuta al punto da conquistarsi la ribalta nazionale. Un risultato che ha sorpreso molti, ma non chi visse gli albori: «Siamo sempre stati determinati – dice l’attuale assessore all’Urbanistica in Regione Lombardia, Daniele Belotti, nel 1994 eletto, giovanissimo, segretario provinciale – perché sappiamo cosa vogliamo. E la parola d’ordine è rimasta federalismo. Cominciò Bossi a parlarne negli anni Ottanta: adesso, finalmente, sembra che ci siamo». Parole che arrivano proprio mentre il Senato, a Roma, dà il via libera al decreto bloccato dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. A marzo, secondo quanto anticipa il presidente della Provincia, Ettore Pirovano, deputato, toccherà alla Camera. Ma la base leghista, di questo tira e molla tra istituzioni, cosa ne pensa? «C’è chi aspetta da vent’anni e vorrebbe tutto e subito – dice Pirovano – ma ci sono anche quanti hanno una visione più attenta e capiscono. L’importante, come ci ha insegnato Bossi, è rimanere calmi e freddi». Che a riporre fiducia nelle proposte del Carroccio in Bergamasca sia uno zoccolo molto duro di elettori lo dimostrano, del resto, i numeri: pur se distante dal picco storico del 43,2% raggiunto nel 1996, la Lega oggi rimane il primo partito con il 36,88% dei consensi ottenuti alle regionali del 2010, cioè oltre il 10% in più degli alleati del Pdl, «e – dice con orgoglio il segretario provinciale Cristian Invernizzi, assessore alla Sicurezza a Palazzo Frizzoni – 53 sindaci in provincia e 112 sezioni. Come giudico lo “stato di salute” del movimento nel nostro territorio? Darò 10 quando supereremo il 50%. Per ora mi fermo a un 8 e mezzo». Perché la forza della Lega, nonostante qualche defezione in corso d’opera, è proprio questa: fedeltà alle scelte di Bossi, compattezza e determinazione. Come spiegano due amministratori locali, il sindaco di Seriate, Silvana Santisi Saita, e quello di Alzano, Roberto Anelli, «Lega e Pdl sono rimasti gli unici punti fermi per la gente. Il territorio ha dato mandato alla Lega di portare avanti il federalismo e si aspetta che in questa legislatura lo porti a casa». Pure i rapporti con il premier Silvio Berlusconi, visti in quest’ottica, imbarazzano meno: «Nel nostro partito – dice Invernizzi – non esistono berlusconiani e antiberlusconiani. Esistono solo i “bossiani”. Lui detta la linea, e noi gli diamo fiducia». «Come – chiosa il deputato Giacomo Stucchi, che entrò in Parlamento nel 1996 – accade in una buona famiglia. Gli anni sono passati ma le cose non sono cambiate». Così, mentre la parola “secessione” sembra, per ora, finita in soffitta («Dobbiamo prendere atto, pragmaticamente, che in questo momento discuterne è irrealistico», rileva Invernizzi), il movimento guarda avanti: «I problemi degli altri partiti non ci riguardano – dice Pirovano - Noi abbiamo tanti giovani che mostrano qualità e chiarezza di idee. Nei miei primi anni li usavamo, sbagliando, come manovalanza. Ma adesso camminano con le loro gambe».

giovedì 17 febbraio 2011

IL SOLE 24 ORE - 17/02/11 - LA LEGA: NON CI SFILIAMO, LA META E' VICINA

«La meta è vicina sarebbe sciocco staccare la spina proprio ora che siamo a un passo». La meta è quella del federalismo e Giacomo Stucchi, deputato leghista di Bergamo molto vicino a Roberto Calderoli e Roberto Maroni, spiega così la scelta «pragmatica» della Lega di continuare a sostenere il premier e il Governo. In fondo, si tratta di due mesi ancora prima di tagliare il traguardo e nel frattempo nessuno fa il conto che arriverà una sentenza per il premier o che mancheranno i numeri in Parlamento. È su questo punto che il Senatur ha chiesto lumi al premier nel vertice notturno di mercoledì a Palazzo Grazioli e il Cavaliere ha rassicurato il suo alleato. I leghisti hanno chiesto ai massimi vertici del Pdl a che quota è la maggioranza e, ieri, il numero magico toccava i 318 deputati incluso il voto di Luca Barbareschi. Inoltre – facevano sapere nel Pdl – se sul federalismo non si metterà la fiducia, anche i due deputati della Svp potrebbero votarlo mentre si attende qualche astensione nel Pd. Con questi calcoli, la riforma federale passerà la prova dell'Aula nonostante il pareggio in Bicameralina ed è ovvio che la Lega non veda motivi per sfilarsi adesso. Almeno finchè non cada qualche altra tegola imprevista e imprevedibile che costringa il premier alle dimissioni. Ma anche per questo scenario il Carroccio si tiene pronto con i suoi due assi: Giulio Tremonti e Roberto Maroni, possibili nomi per una successione a Berlusconi nel caso non ci siano più i tempi per un voto anticipato. Se invece si andrà avanti nella legislatura l'obiettivo strategico si sposta dal federalismo alla "conquista" del Nord. In sintesi, il Carroccio pensa che da questa situazione di difficoltà del premier e di massima incertezza per il futuro del Pdl, si possa trarre il massimo vantaggio. Con un Pdl in crisi nel post-Berlusconi, le camicie verdi pensano di poter fare banco portando via un bel pacchetto di consensi al Popolo delle libertà. E l'ambizione della Lega arriva fino al punto di immaginare di poter imporre una premiership nella prossima corsa elettorale.E il Pd? Ieri, dopo Pierluigi Bersani, è toccato a Massimo D'Alema ripetere il corteggiamento alla Lega definita «partito vero, non come il Pdl che è una somma di cortigiani». Ma il Carroccio bada alla sostanza e finchè non vede voti favorevoli (o al massimo aastensioni) sul federalismo non consentirà che semplici approcci. Tra l'altro, il partito di Bossi è piuttosto diviso su questo aspetto tra chi da sempre guarda con attenzione il centro-sinistra – come Roberto Maroni – e chi invece ha sempre chiuso a quella possibilità, come Marco Reguzzoni, capogruppo alla Camera, uno degli uomini più vicini al Senatur. Proprio il ministro dell'Interno ieri ha definito i rapporti con il Pd «ottimi, anzi corretti, sin dal '97». E invece i toni di Reguzzoni erano un po' diversi: «Non capiamo il Pd: dice di essere federalista ma poi vota contro. Noi siamo con Berlusconi, anche nel caso sollevi il conflitto di attribuzione per la Consulta, perché il nostro obiettivo è fare le riforme». In casa leghista spiegano, poi, che non ci sarà alcun cambio di alleanza visto che insieme al Pdl si governa in tre regioni chiave: Piemonte, Lombardia e Veneto. «Piuttosto le aperture del Pd nei nostri confronti dimostrano quanto siamo centrali oggi nella politica italiana», dice soddisfatto Stucchi mettendo la Lega la centro della partita. Qualsiasi partita: che sia la prosecuzione della legislatura, il cambio del premier o il voto anticipato.

mercoledì 16 febbraio 2011

IL SOLE 24 ORE - 16/02/11 - LA LEGA "FEDELE" MA SI TIENE PRONTA AL DOPO

ROMAIn una delle giornate più drammatiche per Silvio Berlusconi, la Lega continua a stargli accanto. È anche questo il senso di quel summit in tarda serata a Palazzo Grazioli con Umberto Bossi, accompagnato dallo stato maggiore leghista. Per il momento la spina non viene staccata ma è – appunto – una decisione che vale per l'oggi. Perché sul dopo-Berlusconi – che sia tra un mese o tra un anno – si comincia già a ragionare. E un segno è stata l'intervista a Pierluigi Bersani pubblicata da La Padania, quotidiano leghista, in cui il segretario Pd apre sul federalismo e sul partito di Bossi. Piccoli semi piantati nel campo avverso visto che il Carroccio dà per scontato che si è aperta la fase del post-berlusconismo e che è imprevedibile cosa ne sarà del Pdl. Dunque, si cominciano a immaginare scenari nuovi che possono essere solo con il Pd – in alternativa al Pdl – data l'incompatibilità con l'Udc e con il partito di Fini. Ma queste sono proiezioni future, per non restare spiazzati dal declino berlusconiano, intanto conta l'oggi. E l'oggi è fatto di federalismo fiscale, l'unica bandiera che conta. E dunque ieri, mentre finiva la riunione in via Bellerio del partito, a Roma il gruppo parlamentare faceva quadrato sul Governo. «Ciò che conta per noi adesso è portare a casa il federalismo fiscale. A votarlo è il Pdl per cui si va avanti con loro, non stacchiamo la spina. I magistrati? Credo che si possa vedere una certa persecuzione nei confronti del premier dopo la delibera del Parlamento di due settimane fa contro l'autorizzazione a procedere e la richiesta di rito abbreviato». Marco Reguzzoni, capogruppo dei deputati leghisti, ragionava così dopo il summit notturno con il premier. Insomma, sangue freddo. E nel pomeriggio, al Senato, stesso messaggio da Federico Bricolo: «Se con l'accanimento giudiziario contro Berlusconi, qualche magistrato pensa di indebolire il Governo si sbaglia: oggi voteremo il Milleproroghe e la prossima settimana il federalismo municipale con la maggioranza unita».Ecco l'urgenza e la ragione del sostegno al premier: far passare il federalismo ora che si è arrivati a ridosso dell'approvazione dei decreti. Ma cresce l'inquietudine in casa legista. Giacomo Stucchi, deputato di Bergamo molto vicino sia a Roberto Calderoli che a Roberto Maroni, ammetteva che «c'è una legittima preoccupazione ma senza eccessi». La Lega sa che in questo momento non può sbagliare una mossa. «Non c'è panico – insisteva Stucchi – e ogni richiesta di un passo indietro fatta in questo momento al premier, come fa Bersani, è in contrasto con la presunzione di innocenza. Detto questo non ci metteremo a sparare contro la magistratura». Quello che non si può immaginare è, dunque, una Lega che si faccia trascinare in un conflitto totale con la magistratura o con il Quirinale.

sabato 12 febbraio 2011

12/02/11 - IL GIORNALE DI VICENZA - "TERMINI DI PAGAMENTO FISSATI PER LEGGE A TUTELA DELLE PMI"

NORMATIVA. Presentata ieri in Apindustria una proposta dei parlamentari vicentini De Marchi: «I tanti ritardi hanno messo in ginocchio le aziende»
Fissazione per legge dei termini di pagamento a 45 giorni da fine mese o 60 giorni dalla data della fattura, possibilità per le imprese virtuose che lamentano ritardati pagamenti di delegare alla Camera di commercio l'incasso del credito, costituzione di un fondo rotativo all'Ente camerale per erogare l'80 per cento di quanto delegato, inserimento dei cattivi pagatori nel Registro informatico dei protesti.Sono questi i principali punti della legge proposta alla Camera dai parlamentari vicentini Manuela Dal Lago (prima firmataria), Daniela Sbrollini, Manuela Lanzarin, Giorgio Conte, Massimo Calearo Ciman e dal collega bergamasco Giacomo Stucchi. La norma prende il via da un tavolo di lavoro attivato nel maggio 2009 in Apindustria Vicenza e condotto dal vicepresidente Enrico Dall'Osto che ieri ha illustrato dati e legislazioni europee relative al problema dei mancati pagamenti.Alla conferenza hanno partecipato, oltre al presidente di Apindustria Filippo De Marchi, i parlamentari Dal Lago, Sbrollini, Calearo Ciman e Paolo Franco, che si farà promotore della legge al Senato, l'europarlamentare Pdl Sergio Berlato, Diego Caron, presidente del comitato Piccola Impresa di Assindustria Vicenza, il segretario generale della Camera di commercio Giuliano Campanella e il docente di diritto pubblico Marcello Fracanzani, che ha contribuito alla formulazione della proposta di legge.«I dati in nostro possesso - afferma De Marchi - attestano la diffusa criticità relativa ai pagamenti, sia nei termini concordati, che si collocano in una forcella che oscilla dai 60-90 giorni ai 90-120, sia nei ritardi ad ottenere il pagamento a fronte di beni e servizi resi, che si aggirano su una media di oltre 43 giorni, incrementando in maniera esponenziale il lasso temporale in cui si verifica il pagamento effettivo del credito. È chiaro che oltrepassato il limite accettabile di ritardo l'imprenditore non è più in grado di fare la sua attività, ma funge sostanzialmente da finanziatore, principalmente della grande industria e solo in misura minore, circa il 3%, della pubblica amministrazione».Quello dei ritardi nei pagamenti, infatti, è uno dei problemi che più affliggono le aziende. La situazione è andata peggiorando visto che, se nel 1996 l'Italia era terzultima in Europa in termini di pagamento medi (87 giorni), davanti Grecia e Portogallo, nel 2009 è caduta all'ultimo posto, con un tempo di pagamento di oltre 110 giorni, di cui 48 di ritardo. Nell'attesa, poi, il rischio di non vedersi riconoscere il credito sale e questa perdita in due anni (2008-2010) è passata dall'1,6 per cento al 2,6 per cento. Nello stesso periodo il ritardo sui pagamenti è passato da 28 a 48 giorni.Chi è che rimanda i pagamenti? Principalmente le grandi imprese, solo il 13,8 per cento delle quali salda alla scadenza, contro quasi il 48 per cento delle micro.«In questo campo - sottolinea Dall'Osto - Francia e Spagna hanno attivato leggi ad hoc. La nostra si ispira alla Francia, ma abbiamo apportato alcune modifiche perché se un francese si rivolge alla magistratura in 6-8 mesi il processo è concluso, mentre in Italia ci vogliono 6-8 anni se va bene».Quali i tempi della legge? «Il progetto di legge arriverà nella commissione Attività produttive della Camera da me presieduta la prossima settimana - afferma Dal Lago - dove ho voluto che relatore fosse un imprenditore, Santo Versace del Pdl. A fine estate potrà arrivare in aula».

martedì 1 febbraio 2011

IL SOLE 24 ORE - 01/02/11 - IL SI' AI DECRETI ENTRO MARZO, POI ELEZIONI

Raramente capita di vedere la Lega divisa ma nell'attuale fase politica succede anche questo. Succede che l'aut aut di Roberto Maroni – «se giovedì non passa il decreto si vota» – viene corretto e smentito dal suo collega Calderoli, che si fa portaparola del pensiero di Umberto Bossi. E infatti, l'aria che tirava in via Bellerio, la sede del Carroccio dove ieri erano riuniti il Senatur e i suoi, non era quella di chi sta staccando la spina al governo e facendo in fretta le valigie. Tutt'altro. L'aria era quella di chi vuole temporeggiare e provarle tutte in nome del federalismo prima di scegliere la strada del voto anticipato. Che resta l'opzione più probabile – sia chiaro – perché i leghisti si rendono conto che senza voti in Parlamento non si governa ma prima vogliono prove tangibili da mostrare agli elettori. E giovedì potrebbe essere uno di quei giorni in cui una parità alla bicameralina può diventare uno snodo politico forte verso le elezioni. Anche se non ancora così forte da chiederle davvero. La Lega sa di dover puntare a ogni costo all'incasso dei quattro decreti da qui a fine marzo e, dunque, giovedì più che battere i pugni per le urne, cercherà di far approvare il testo "respinto" in commissione. Questa è la strategia per il momento, come racconta Giacomo Stucchi, parlamentare leghista di Bergamo molto vicino al ministro Calderoli. «Abbiamo dalla nostra parte il parere dei comuni e vorrei ricordarle che a guidare l'Anci c'è un sindaco di sinistra com'è Sergio Chiamparino. Mi pare evidente, quindi, che il "no" dell'opposizione sia tutto strumentale e per niente legato ai contenuti. Proprio per questa ragione, anche a fronte di un parere non positivo giovedì, la Lega potrebbe chiedere al governo di andare avanti lo stesso e approvare il decreto». Insomma, si cambia solo l'iter ma non si abbandona il traguardo di mettere a segno il federalismo. La Lega, si sa, è l'unica che ha un rapporto stretto e genuino con il territorio. E la spinta ad aspettare prima di far saltare tutto viene proprio da lì, come spiega Massimo Garavaglia, senatore milanese molto vicino a un altro big del Carroccio, il "potente" tremontiano Giancarlo Giorgetti. «Al di là di quello che si legge sui giornali o si vede in Tv, l'80% della base leghista vuole il federalismo più delle elezioni. Lo vogliono gli artigiani e i nostri amministratori. È chiaro – continua Garavaglia – che noi punteremo a portare a casa tutto, anche il decreto sui costi standard nelle regioni. Se poi non sarà possibile in alcun caso allora l'unico bivio sarà quello delle urne. Ma chiariremo ai nostri elettori che chi non ha voluto il federalismo è il partito della patrimoniale. Per tenere i conti a posto, infatti, o si fa la riforma federale o si sceglie la via delle tasse». Insomma, giovedì si proverà ancora ma nel frattempo si "costruiscono" le battaglie da campagne elettorale. E una è proprio questa: federalisti contro "patrimonialisti". Intanto si prende tempo. Perché anche la mossa di Silvio Berlusconi di offrire un dialogo bipartisan al Pd sull'economia (respinto da Bersani) è dilatoria, fatta solo per prendere tempo. Ed è in questo tempo che la Lega proverà ancora a centrare il suo traguardo. «Una eventuale bocciatura, giovedì, non metterà la parola fine. I nostri interlocutori sono gli amministratori e loro ci hanno dato il via libera», l'onorevole Stucchi insiste e addirittura sposta l'asticella al 27 marzo, dead line degli altri decreti. Ma allora non si andrà più alle urne? «Si potrà votare a fine maggio. Nel '87 si votò a giugno». La risposta di Stucchi è pronta, segno che il calendario della Lega ha già dei giorni selezionati. Non a marzo ma a maggio.