martedì 29 marzo 2011

IL SOLE 24 ORE - 29/03/11 - PD-LEGA, PROVE PER UNA RIFORMA COSTITUZIONALE

Dalle due sponde opposte, del Pd e della Lega, il dialogo continua. Nonostante i malumori in ciascuno dei due partiti, nonostante i rischi che perfino i dialoganti vedono, il "nuovo asse" va avanti. C'è chi vede il primo seme in quell'intervista che Pierluigi Bersani rilasciò al quotidiano La Padania, anche se la vera svolta è stata l'astensione del Pd sul federalismo regionale. E ora? Ora, appunto, il dialogo non si ferma a dispetto di chi tra i Democratici e nel Carroccio continua a guardare di trasverso quest'alleanza contro natura. L'obiettivo strategico di tanto sforzo bipartisan è diviso in due fasi: la prima è completare un federalismo fiscale che – se va bene – verrà applicato dai prossimi tre fino ai prossimi sette anni e, dunque, non si sa se a gestirlo sarà il centro-destra o il centro-sinistra. «Parliamo con il Pd perché non vogliamo che si smonti un'altra volta – come fu per la dovolution – una riforma che è la nostra mission», risponde Giacomo Stucchi deputato leghista, numero uno nella potente provincia di Bergamo e molto vicino a Calderoli-Maroni. Ma questa è – appunto – la prima tappa. Perché il traguardo finale che i dialoganti si sono posti è la riforma costituzionale. E, cioè, il Senato delle regioni, la riduzione del numero dei parlamentari, la ridefinizione del bicameralismo. Nel Pd chi tesse e ha tessuto la tela con il Carroccio è stato soprattutto Enrico Letta che, non a caso, nel suo appuntamento annuale dello scorso week end – Nord Camp – ha ospitato il ministro Roberto Calderoli. Le sue aperture, vista anche la freddezza di un pezzo del suo partito, hanno una premessa necessaria. «Il paletto – chiarisce Letta – è che in nessun modo questo dialogo prelude a un'alleanza politica». Nel Pd i più critici verso il Senatur sono senz'altro Rosy Bindi e Dario Franceschini ma a mettere una parola chiara è stato Bersani nella direzione di ieri: «Siamo alternativi a Bossi». Insomma, esclusi gli atti politici impuri, si va avanti. «Con la Lega c'è una relazione che non è scabrosa nè pericolosa ma che è invece positiva: andare verso una riforma istituzionale complessiva. Bossi e i suoi – spiega Letta – hanno capito che sul federalismo il Pd è una forza autonomista e soprattutto è un partito che con i suoi amministratori governa mezza Italia. Non si può prescindere da noi». Le riflessioni del vicesegretario guardano soprattutto al futuro di un Pd di governo e non solo di opposizione. «A un Pd riformista conviene portare risultati in vista del momento in cui governeremo. E il federalismo fiscale senza il Senato delle regioni non può funzionare». Dunque, si fa rotta verso la revisione della Carta. In casa leghista quell'astensione del Pd è stata vissuta proprio come una prima mossa verso un traguardo strategico complessivo. «Dopo il federalismo fiscale c'è il funzionamento delle regole istituzionali del Paese, altrimenti è un disegno a metà. Noi abbiamo interesse ad aprire una discussione sulle regole e a fare le modifiche insieme al Pd». Così parlava un distensivo Giacomo Stucchi che insiste: «Conviene anche al Pd misurarsi sulla riforma: ormai è chiaro che per un anno non ci saranno elezioni». Come al solito i conti si fanno sempre con Silvio Berlusconi perché molti dei malumori in casa Pd sono dovuti proprio a lui. Ma Letta è ottimista: «Ho l'impressione che nel 2013 non ci sarà più né il premier né il Pdl mentre la Lega ci sarà. La freddezza nel Pd? Nel voto sull'astensione siamo stati compatti». Dall'altra parte, nel Carroccio, il rapporto con il premier non è in discussione «ma vogliamo distinguere il piano del governo da quello istituzionale», spiega Stucchi. Il punto è che il traguardo di una riforma istituzionale, se davvero la Lega lo porterà a casa, finirà per proiettarla su uno scenario meno padano e più italiano. Un approdo a cui già si lavora. Non è un caso che Stucchi ci risponda dalla Toscana dove, per conto di Bossi, è "commissario" in vista delle amministrative.

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