martedì 17 gennaio 2012

CORRIERE DELLA SERA - 17/01/12 - E IL SENATUR SBOTTO': POTREI DIMETTERMI

MILANO - «Mi dimetto». Umberto Bossi ha accusato il colpo. Dopo la «fatwa», poi rientrata, contro Roberto Maroni, nella tarda mattinata di ieri, in via Bellerio, in molti riferiscono di aver sentito l'inaudito, il «Capo» che parla di passi indietro: «Il partito non è più con me». Un umore crepuscolare che, va detto subito, non supera l'ora di pranzo. Nel pomeriggio il leader leghista ha già cambiato attitudine e vede, tutti insieme, Giancarlo Giorgetti - già da lui definito «il mediatore confusionale» - e i «tre Roberti»: Calderoli, Cota e soprattutto lui, Roberto Maroni. Anche qui, è vero, il capo padano dice di essere rimasto colpito dalle reazioni della base agli ultimi eventi. Tutti i presenti gli confermano che nessuno ha mai messo in discussione il suo ruolo, che la fiducia in lui è intatta. Ma anche che alcuni problemi non possono più essere tenuti sottotraccia. La sostanza del discorso dei maroniani è ben sintetizzata da uno dei dirigenti leghisti più vicini all'ex ministro dell'Interno, il bergamasco Giacomo Stucchi: «Nessuno mette in dubbio Bossi, ma i suoi consiglieri sì». Secondo il deputato, «il problema non è chi sta o chi non sta con Bossi, perché il partito è Bossi. La base chiede che al fianco del leader ci sia chi è legittimato dal basso». Di più: «Ruoli che vanno ricoperti da persone come Maroni, Calderoli, Cota, Giorgetti e non da chi se ne appropria e basta. La nostra gente non vede di buon occhio il Cerchio magico». Bossi recepisce, ma non promette nulla. Mostra, semmai, di volersi gettare tutto quanto dietro le spalle senza troppo approfondire. E propone che tutti i presenti, lui escluso, vadano di fronte ai microfoni di Radio Padania per interpretare, una volta di più, l'eterna ammuina della Lega graniticamente unita. Ma così non è stato. Secondo un amico di lunga data di Maroni, che ieri mattina ha raggiunto quota 320 inviti a manifestazioni pubbliche, ora l'ex ministro dell'Interno vuole un segnale. Il sospetto, che i sostenitori del «clan di Gemonio» non fanno nulla per allontanare, è che la retromarcia di Bossi sia stata semplicemente una mossa tattica per evitare clamorose contestazioni alla manifestazione di domenica prossima contro il «governo ladro». La barra dei «barbari sognatori», i sostenitori di Roberto Maroni, punta diritta ai congressi. Già alcune circoscrizioni, a partire da domenica scorsa, hanno approvato mozioni in tal senso e in tutta la Lombardia ci si attendono pronunciamenti analoghi almeno dall'80% delle segreterie. Ma l'altro appuntamento che sta alzando l'adrenalina all'interno del Carroccio è il «Maroni day» di domani sera a Varese. La manifestazione ieri mattina è stata spostata in una sala più capiente. Probabilmente Bossi non ci sarà, e altrettanto probabilmente Roberto Maroni terrà un discorso molto netto «sulla Lega degli onesti, su casa nostra, sul nostro territorio», come riferisce un deputato. Mentre l'appuntamento degli appuntamenti è per domenica. A dispetto della fragile tregua siglata tra i leader del Carroccio, resta comunque un appuntamento ad alto rischio. In cui è difficile che i più ardenti sostenitori dell'ex ministro rinuncino a portare in piazza del Duomo il loro tifo. Dal fronte opposto, la risposta è netta: «Se andrà così, finisce a botte».

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