giovedì 19 gennaio 2012

IL RIFORMISTA - 19/01/12 - CON L'OCCHIO ALLA PIAZZA

Rischio paralisi. I “Forconi” bloccano la Sicilia, i taxi vogliono una mobilitazione a oltranza, i benzinai annunciano scioperi di dieci giorni. Palazzo Chigi chiede una conversione rapida dei decreti “Cresci Italia”.

Ci sono i «forconi» che paralizzano la Sicilia. E i tassisti che finiscono dentro una guerra civile. Senza dimenticare i benzinai, che annunciano una lunga serrata. Ieri sera, quando Monti sale al Quirinale con i tre decreti sulle liberalizzazioni, a Palazzo si materializza «l’allarme piazza». Al tramonto, quando comincia l’ultimo countdown verso l’approvazione dei tre decreti sulle liberalizzazioni, tra i partiti iniziano a circolare i più oscuri presagi. E non si tratta soltanto di quelli che ormai hanno idealmente occupato i banchi dell’opposizione. Non si tratta di Antonio Di Pietro, che adesso si schiera coi tassisti archiviandoli bonariamente alla voce «poveri cristi». Né della Lega Nord, che con Giacomo Stucchi chiede a mezzo stampa a Monti se «esiste ancora la sua maggioranza». No, il malessere è anche altrove. A Palazzo Chigi, ad esempio, non dev’essere piaciuta tanto l’iniziativa berlusconiana di presentare un pacchetto di liberalizzazioni alternativo proprio a poche ore da quello del governo. E anche dentro il Terzo Polo c’è chi, come il finiano Fabio Granata, lancia un grido l’allarme all’indirizzo dell’esecutivo: «Il movimento dei forconi, i tassisti, i farmacisti: se il governo non sta attento, il Paese rischia una deriva sociale esplosiva». Dice proprio così Granata, uno dei parlamentari che s’è battuto di più contro l’ultimo berlusconismo. «Esplosiva». Senza considerare che dentro il Pd, che pure ha incassato la cancellazione di ogni richiamo all’articolo 18 dalla bozza della riforma Fornero, ora pare assalito dai dubbi. «L’Italia ha drammaticamente bisogno di crescita economica», scandisce il capogruppo al Senato Anna Finocchiaro. «Drammaticamente» Mentre il bersaniano Antonio Misiani, che è anche il tesoriere del partito, prende carta e penna per protestare contro il sottosegretario alla presidenza del Consiglio: «Consultazioni con Gasparri e Terzo Polo sulle liberalizzazioni alla vigilia del Consiglio dei ministri? Forse non sarebbe male se Catricalà chiarisse perché e di che cosa si tratta». A chiarire sarà prima il Pdl, precisando che il capogruppo al Senato non ha avuto alcun incontro con membri del governo. Ma il malessere nella maggioranza a tre punte, che deriva dalle possibili ricadute nell’opinione pubblica del pacchetto sulle liberalizzazioni, rimane. Anticipando uno scenario che un membro del governo Monti riassume così: «Dai partiti ci aspettiamo una conversione rapidissima dei decreti sulle liberalizzazioni, con un maxiemendamento su cui verrà posta la fiducia. Non vorremmo trovarci dentro un Vietnam parlamentare condizionato dalla piazza...». Già, la piazza. Anzi, le piazze. Quali poteri stanno per dichiarare guerra al governo? Il presidente di Confindustria Sicilia Ivan Lo Bello dice a RadioRai che tra i protagonisti dei blocchi in Sicilia ci sono «esponenti riconducibili a Cosa nostra». E di «possibili infiltrazioni mafiose» parla anche il procuratore nazionale Antimafia Pietro Grasso. Il finiano Granata non nega questo scenario ma avverte: «Dobbiamo dare alla gente un segnale di equità sociale. Capire che pagheranno anche i poteri forti come i petrolieri, non solo farmacisti e tassisti». Ancora poche ore e i provvedimenti con le liberalizzazioni saranno approvati dal governo in un consiglio dei ministri che affronterà anche il tema dell’asta sulle frequenze televisive (e l’addio al beauty contest?). Poi inizierà la lunga maratona per la conversione dei decreti. Un Vietnam parlamentare di fronte a una piazza che ribolle. Sempre di più.

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