Chi c'era e cosa si è detto al convegno “Cyber security in Italia,
cosa cambia con il Dpcm Gentiloni” organizzato da Cyber Affairs
Di sicurezza cibernetica si parla solo quando accade un clamoroso
fatto di hackeraggio nonostante decine di milioni di italiani utilizzino
ogni giorno computer e smartphone. Il guaio è che l’importanza della
sicurezza cibernetica non viene colta neanche dai vertici di moltissime
aziende che continuano a sottovalutarla. Ecco perché “bisogna finalmente
capire che la minaccia cyber non è il futuro, ma è qualcosa di
assolutamente attuale”, come dice il presidente del Copasir, Giacomo Stucchi (nella foto), e perché “senza consapevolezza della minaccia non andiamo da nessuna parte”, come sottolinea il prefetto Adriano Soi.
I SERVIZI “MENO” SEGRETI
Stucchi e Soi sono stati tra i relatori del convegno sulla “Cyber
security in Italia, cosa cambia con il Dpcm Gentiloni”, organizzato
dall’agenzia di stampa Cyber Affairs in collaborazione con la società di comunicazione Hdrà e moderato da Michele Pierri, direttore di Cyber Affairs.
Il decreto dell’attuale presidente del Consiglio ha ridisegnato
l’architettura normativa relativa alla cyber security contenuta nel Dpcm
firmato da Mario Monti nel gennaio 2013. Si sa che il trasferimento
della responsabilità del Nucleo di sicurezza cibernetica dal consigliere
militare di Palazzo Chigi al Dis, cioè al vertice dei servizi segreti, è
una delle novità più importanti: Soi, che dopo anni nell’intelligence
oggi è docente di Security studies alla scuola “Cesare Alfieri”
dell’università di Firenze, ha rilevato che questo passaggio di
responsabilità per la prima volta trasforma i servizi segreti da
qualcosa di “nascosto” a componente integrata con le altre
amministrazioni dello Stato con le quali dovrà necessariamente
interloquire.
SPENDERE SUBITO I FONDI
Punto centrale della nuova normativa, infatti, è la responsabilità
della sicurezza cibernetica in capo a un vicedirettore del Dis che
secondo Stucchi “dovrà avere competenze e qualità adamantine diventando
il garante della sicurezza nazionale”. Il decreto Gentiloni e
l’imminente pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale del nuovo Piano per
la sicurezza nazionale dimostrano la delicatezza e l’attualità di un
tema bipartisan e il leghista Stucchi non a caso ha precisato che sul
contributo dato alla stesura del Dpcm Gentiloni il Comitato parlamentare
che sovraintende ai servizi segreti ha deciso all’unanimità. Ora però
si deve passare all’attuazione pratica delle norme e, per esempio, agli
investimenti. Si ricorderà, infatti, che dopo gli attentati di Parigi
del novembre 2015 vennero stanziati 150 milioni di euro proprio per la
cyber security di cui 15 furono subito trasferiti alla Polizia postale e
gli altri 135, destinati all’intelligence, invece sono rimasti bloccati
per un anno: “Dal 1° gennaio questi soldi sono spendibili – ha detto
Stucchi – e mi auguro che vengano spesi”.
UNA LEGGE PER RAZIONALIZZARE I CERT
Se dubbi giuridici sono stati sollevati sulla natura di un decreto
amministrativo, qual è un Dpcm, per regolare una norma tanto delicata e
con così tante implicazioni, una legge sarà necessaria per
razionalizzare il settore dei Cert, i Computer emergency response team.
L’ha rilevato Corrado Giustozzi, esperto dell’Agenzia
per l’Italia digitale per il Cert della Pubblica amministrazione, che ha
messo il dito nella piaga dei finanziamenti ricordando che la
responsabilità della cyber security in capo ai servizi segreti non è una
novità in Gran Bretagna, dove da sempre dipende dal Gchq che però può
contare su 800 milioni di sterline.
LA RESPONSABILITÀ DELLE AZIENDE
Come si comportano le aziende? Male. “Finché gli amministratori
delegati non capiranno che è loro la responsabilità aziendale riguardo
alla cyber security, non ci sarà consapevolezza dell’argomento” ha detto
Soi. In aggiunta Valerio Pastore, presidente di Boole
Server, azienda che si occupa di protezione di dati aziendali, ha
ricordato che fino a qualche anno fa nei bilanci non erano neanche
previsti i fondi per la sicurezza, ma anche branche della Pubblica
amministrazione si accorgono che i loro dati sono stati rubati solo
quando li vedono sul web. È proprio il concetto di sicurezza integrata
quello che deriva dal Dpcm e dal passaggio di responsabilità al Dis,
punto centrale per Nunzia Ciardi, direttore della
Polizia postale. “La normativa va bene, ma occorre altro: occorre la
cultura”, ha aggiunto. Tra un anno, entro l’estate del 2018, l’Italia
dovrà recepire la direttiva europea Nis (Network and information
security) che, oltre a migliorare la capacità di cyber security degli
Stati e la cooperazione, comporterà numerosi obblighi, a cominciare
dalla denuncia degli incidenti da parte degli operatori di servizi
essenziali e dei fornitori di servizi digitali: “Un danno sia per
l’immagine – ha detto Ciardi – sia per il responsabile della sicurezza
la cui testa sarà la prima a cadere”. La concreta applicazione della
direttiva Nis sarà per l’Italia il punto di svolta.
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