domenica 14 agosto 2016

IL MATTINO - 14/08/16 - "ISIS ALLO SBANDO IN FUGA SUI BARCONI"


"Affiliati lsis in fuga dalla Libia sui barconi": Giacomo Stucchi, presidente del Copasir,Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, rilancia l'allarme in un'intervista al Mattino. «Roma - spiega Stucchi è una metafora, vuol dire cristianità, Occidente: la minaccia è quindi generica, non necessariamente riferita a un progetto ostile verso la capitale. Ma il presidente del Copasir sottolinea: Con la liberazione di Sirte il rischio che i cani sciolti dell'lsis decidano di raggiungere l'Europa oon i barconi dei clandestini è diventato concreta.  E' quindi urgentissimo aumentare mezzi e personale per migliorare i controlli».Quella scritta in arabo su un muro di Sirte, «Da qui la porta per Roma, non stupisce né aggiunge preoccupazione alle non  poche preoccupazioni del senatore leghista Giacomo Stucchi, presidente del Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica. "Roma è una metafora, Roma vuol dire cristianità, vuoi dire Occidente: la minaccia è quindi generica, non necessariamente riferita a un progetto ostile verso la capitale" assicura Stucchi. Che indica invece altri e più pressanti motivi di allarme, in questo ponte di Ferragosto sospeso tra le nuove speranze  dei libici finalmente  liberi di tagliarsi barbe e levare burka e la sottile sensazione di attesa che anima, al di qua del Mediterraneo, popolazioni che si sentono sotto attacco. Con la liberazione dì Sirte - dice Stucchi - il rischio che cani sciolti dcll'Isis decidano di raggiungere I'Europa con i barconi dei clandestini è diventato concreto». Presidente Stucchi, finora questo scenario è stato considerato poco realistico: mai l'lsis avrebbe rischiato di "condannare'" a un sempre possibile naufragio propri affiliati, addestrati all'odio ed equipaggiati per uccidere. Cosa spingerebbe oggi quegli stessi uomini ad affrontare la traversata? "La logica che spinge da sempre i soldati di qualsiasi esercito in rotta. Quelli che ieri erano combattenti del Califfato, inquadrati e fedeli alla causa, oggi sono militanti in fuga, uomini sconfitti in cerca di una via d'uscita. Sappiamo che in molti si stanno dirigendo verso il sud della Libia, verso il deserto. Ma non possiamo escludere che altri, pochi o molti che siano, cerchino di raggiungere in qualche modo l'Europa.Verrebbero «in pace», con l'intenzione cioè di nascondersi e cambiare vita, o al contrario per portare a termine le "missioni" a loro affidate dai capi dell'lsis? « Trattandosi di gente allo sbando è davvero difficile dirlo. Certo, la sconfitta può rendere piu' feroce l'odio fondamentalista,la volontà di rivalsa,anche attraverso gesti "eroici" del lupo solitario di turno». Se questo è il rischio, esistono possibilità di difesa? "E' evidente che la difesa passa attraverso la capacità degli Stati nei quali approdano i barconi, l'Italia in primo luogo, di identificare tutti quelli che arrivano sulle proprie coste". Presidente, è quello che Bruxelles ci chiede c che noi non riusciamo a fare: i centri di prima accoglienza scoppiano, e dalle strutture che ospitano l migranti le fughe sono quotidiane. "Lo so bene: bisogna investire di più nel sistema di controlli, utilizzare più uomini, coordinare le banche dati, accelerare tutti i tempi. Al governo lo chiedo da tempo. Dovrebbe aiutarci l'Europa, ma se aspettiamo quella stiamo freschi". Il governo non vi dà ascolto? " Se aumentano gli sbarchi, se aumentano i soggetti in arrivo e non puoi incrementare attrezzature, il personale, lo scambio di informazioni allora ottenere efficacia diventa  difficile. Intervenire non è solo necessario, è urgentissimo".La scritta minacciosa su Roma è la quasi contemporanea decisione d innalzare il livello di allerta nei porti hanno diffuso nel Paese nuove paure. L'Italia è nel mirino? L'Italia è  nel mirino dei terroristi del Daesh come lo sono tutti gli Stati occidentali. Lo è oggi come lo è stata fino a ieri: se finora abbiamo evitato eventi tragici è perché abbiamo uno tenuto la guardia alta, in un quadro ottimale di sinergia tra le istituzioni, la magistratura e le forze dell'ordine. Ciò premesso, fra il muro di sirte e l'allerta nei porti non c'è alcun collegamento. Quella scritta è propaganda, è uno dei tanti proclami contro l'Occidente e i suoi valori, contro le sue radici laico - cristiane. Non è certo una novità che il Daesh abbia Roma fra i suoi obiettivi, ma al momento non esiste nessuna evidenza di progetti ostili alla capitale». Il rischio è generico, insomma? E? sempre alto ma generico. A Roma come altrove. Diciamo che la scritta di Sirte va intesa come un monito a non abbassare la guardia mai. Neanche adesso che Daesh è costretta a ritirarsi grazie ai raid americani". La stretta sui porti è un segnale in questo senso?  "Nei porti si è semplicemente provveduto ad  allineare il livello di sicurezza a quello già in vigore in aerostazioni e grandi stazioni ferroviarie. Dato il volume dei movimenti nella stagione estiva, è star o un adeguamento necessario. L'ottica è sempre quella della prevenzione". Secondo voci attribuite ai servizi segreti di Tripoli, tra le carte ritrovate a  Sirte ce ne sarebbero alcune che fanno riferimento a una rete jihadista in azione nella provincia di Milano, composta da clementi libici, tunisini e sudanesi. Il Copasir ne ha contezza? «Si tratta evidentemente di materia che interessa la magistratura, di indagini coperte dal segreto istruttorio. Nel Milanese ci sono state inchieste, arresti, espulsioni. Le carte di Tripoli potrebbero far riferimento a persone passate in quella zona e che adesso si trovano altrove.  lo posso solo confermare che in Italia la collaborazione tra intelligence, procura e polizia giudiziaria funziona molto bene, sapendo che sul terrorismo ogni informazione può fare la. Differenza e che nulla va sottovalutato». Questa sinergia funziona anche sul piano internazionale? C'è consapevolezza che non solo occorre scambiarsi informazioni,  ma bisogna farlo in tempo reale. La collaborazione fra servizi segreti è valida, mentre quella giudiziaria inciampa sull' ostacolo del segreto istruttorio. Se la procura di un Paese indaga su un soggetto che si è spostato lì da un altro Paese, dovrebbe poter conoscere le carte dell' inchiesta del Paese di provenienza. In attesa della nascita, che chissà se avverrà mai, di una superprocura europea, questo luogo di scambio di informazioni andrebbe  individuato". A proposito di luoghi dove si  scambiano informazioni, quanto è penetrante il controllo della nostra intelligence sulla rete? "Sappiamo che la radicalizzazione in Europa avviene in prima istanza utilizzando il web; lì avvengono i contatti tra potenziali attentatori, si cercano anche sistemi per immolarsi, si lanciano proclami. ll controllo sulla rete da parte dei Servizi e degli inquirenti è garantito, ma se vogliamo vincere la guerra non possiamo fermarci, dobbiamo correre sempre di più. Qualcuno non corre abbastanza? Non quanto corre la tecnologia: non facciamo in tempo ad adeguare i nostri strumenti, che ne vengono fuori altri più avanzati. I nostri "nemici" tengono il passo, noi facciamo fatica». Nella legge di stabilità il governo ha stanziato i 50 milioni per la cybersicurezza.  Non basteranno? Il punto è che bisogna investirli in fretta, mi auguro che lo si faccia. Oltre ai mezzi, serve personale già addestrato: quando si lavora per disinnescare pericoli non si può perdere tempo in corsi di aggiornamento». Come si concilia la necessità di agire in fretta e di  raccogliere il maggior numero di informazioni con il diritto alla privacy degli utenti che con il terrorismo non c'entrano niente? I controlli vanno fatti in modo mirato. Per dirla con una metafora: dobbiamo pescare nel grande  fiume del web le bottiglie di plastica che lo inquinano- i terroristi e i loro complici senza disturbare i pesci, i cittadini per bene".

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