ROMA Il presidente del
Copasir Giacomo Stucchi preferisce non avvalorare nessuna delle ipotesi sull’attentato
di due giorni fa al Cairo. Anche perché più tempo passa, più si sommano gli
elementi che portano ad una pista ”interna”. L’Italia però, spiega, potrebbe
essere stato l’obiettivo ”secondario” dell’azione. Presidente Stucchi, l’ipotesi che dietro l’attentato ci sia l’Isis sembra
perdere ulteriormente peso col passare delle ore. Cosa ne pensa? «La nostra
intelligence sta verificando tutte le ipotesi. Certo è che l’Isis di solito fa
attentati e li rivendica nei minuti successivi se non direttamente, nel corso
dell’azione. In questo caso la rivendicazione tardiva di 10 o 12 ore è alquanto
anomala. La stessa natura, distruttiva ma dimostrativa, con un’esplosione
potenzialmente molto pericolosa avvenuta in orario di chiusura e in un giorno
in cui l’ufficio sarebbe rimasto comunque deserto è un elemento da tenere in
considerazione». L’obiettivo era il
consolato italiano? «Se così fosse sarebbe preoccupante. E’ possibile che
ci fosse un obiettivo interno diciamo primario e che gli attentatori abbiano scelto
di agire proprio accanto alla sede del nostro consolato per dare un segnale
anche a noi. E’ una tesi che non può essere esclusa ». L’Italia si è schierata contro le organizzazioni terroristiche e combattenti
di integralisti. Si può dire che siamo in prima linea? «Nella comunità
occidentale siamo stati tra i primi ad esprimerci con nettezza contro il
califfato. Se dovesse concretizzarsi l’azione di blocco delle partenze dalle sponde
libiche, anche grazie al recente decreto, potremmo essere ancora più esposti
nel conflitto contro gli integralisti islamici». Perché sarebbe ridotto un canale di finanziamento? «Sì, ma anche
perché l’immigrazione clandestina è un arma di pressione psicologica non
indifferente. Basti pensare al fatto che il lavoro di screening su chi arriva funziona
bene solo se i numeri sono limitati. controlli non possono dare le stesse garanzie
se i numeri crescono». In questi giorni
il Copasir si è occupato anche dell’attacco hacker alla società Hacking team, con
l’audizione del capo del Dis Giampiero Massolo. Qual è il suo giudizio? «Per
quanto riguarda la nostra intelligence, solo l’Aise ha comprato il software
diHacking team e lo ha utilizzato su target specifici, con l’autorizzazione del
procuratore generale prevista dalla legge, in ogni caso su soggetti stranieri
al di fuori del nostro territorio. E’ importante richiamare i soggetti
istituzionali a controllare i privati a cui vengono affidati incarichi cosi
delicati».SaraMenafra
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