giovedì 8 settembre 2011

CORRIERE DELLA SERA - 08/09/11 - BERSANI CON DI PIETRO E VENDOLA. RENZI ATTACCA, VELTRONI ASSENTE

Sono le 11 del mattino quando, in mezzo al corteo anti-manovra, arriva Pier Luigi Bersani: gran mucchio di fotografi e telecamere, il servizio d' ordine della Cgil fatica obiettivamente a contenere la ressa, il leader del Pd si mette a fianco di Susanna Camusso e comincia a scendere lungo via Merulana. Era il momento più atteso, Bersani l' aveva promesso: «Anche il Pd sarà in prima linea». I leader dell' opposizione, Terzo polo escluso, ci sono tutti: Vendola, Ferrero, Diliberto, Bonelli, Di Pietro. «Qui la coalizione c' è - sibila il leader dell' Italia dei Valori -. Il problema non è chi c' è, ma chi manca. Se alcuni hanno la puzza sotto il naso, è un problema della loro coscienza». Già, chi manca. Nelle cento piazze della Cgil, certe assenze si sono notate. «Ma il Pd da che parte sta?», si chiedeva ironico a fine giornata il deputato della Lega Nord Giacomo Stucchi. Ma non solo lui, in realtà. Pd diviso, spaccato. Tra chi c' era e chi no. Al corteo di Firenze, per esempio, non è pervenuto il sindaco Matteo Renzi. C' era, invece, uno striscione velenoso: «Renzi, il sindaco che la destra ci invidia». Nella stessa piazza, però, s' è vista Rosy Bindi, che del Pd è la presidente. Sibillina, la Bindi: «Ci sono persone che ritengono che non si debba ricorrere a strumenti di lotta radicali, estremi, anche se pacifici, come quello che la Cgil ha scelto. Si assumano le loro responsabilità: noi non abbiamo dubbi da che parte stare». Il sindaco «rottamatore» del Pd, qualche ora più tardi, ha risposto a modo suo alle gerarchie del partito: «Bersani tiri fuori le idee, non solo gli striscioni. Gli elettori del Pd non si aspettano di sapere se siamo in piazza o no, ma se abbiamo prospettive, proposte, per il lavoro e per i giovani. La manovra del governo sembra fatta dal mago Silvan, con provvedimenti che appaiono e scompaiono. Poi però i mercati te la fanno pagare...». E così, a Firenze, Renzi non c' era, mentre - per dire - i suoi colleghi di Torino e Bologna, Piero Fassino e Virginio Merola, hanno seguito Bersani. E non s' è visto a Trieste nemmeno il sindaco Cosolini, mentre l' europarlamentare Debora Serracchiani, del Pd come lui, non ha fatto mancare la sua presenza («Il partito è il partito e il sindacato è il sindacato, ma l' articolo 8 fa proprio schifo...», ha spiegato). Eppoi a Brescia c' era il funerale di Mino Martinazzoli: «Coincidenza simbolica», sospira il senatore pd Lucio D' Ubaldo, che infatti c' è andato, disertando il corteo di Roma insieme ai suoi colleghi ex popolari Garavaglia, Rusconi e Galperti. Tutti al funerale del vecchio segretario della Dc: anche Franceschini e Follini. Però la Bindi e Bersani hanno fatto ugualmente in tempo a partecipare alle esequie. D' Ubaldo glissa: «In questo momento serve coesione, per dare fiducia ai mercati...». Roberto Giachetti, ex rutelliano, è un altro che non ha aderito: «Il risultato di questo sciopero, scusate, qual è stato alla fine? S' è rotta di nuovo l' unità sindacale». «Le divisioni sindacali non fanno mai bene», aveva chiosato alla vigilia Walter Veltroni, che infatti s' è tenuto alla larga. Eppoi c' è Giuseppe Fioroni, il caposquadra degli ex popolari, il primo a schierarsi nettamente contro lo sciopero: «Già, ma ora non mi sento più solo. L' altra sera a Pesaro sono stato insultato, ma alla fine la gente applaudiva. Noi dobbiamo essere forza di governo, lasciamo cavalcare a Di Pietro e Vendola l' onda della protesta. Noi non siamo surfisti». Fabrizio Caccia

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