martedì 24 giugno 2008

LA PADANIA 24/06/2008 - «VI SPIEGO PERCHÉ SIAMO EURO-REALISTI»

di Simone Girardi

“E' il risultato del gap democratico che c'è tra istituzioni europee e cittadini”. Giacomo Stucchi, deputato del Carroccio e membro della Commissione sulle Politiche dell'Unione europea della Camera, non sembra per nulla stupito dei risultati dell'ultimo sondaggio del Censis sul grado di fiducia del Paese verso l'Europa. Spiega Stucchi: “La gente è sfiduciata per quanto l'Europa non fa. Perché non capiscono come funziona, non ne condividono la lontananza, non sopportano più tutta questa burocrazia”. La riflessione del deputato leghista è fin troppo chiara: “Così come è oggi questa Europa non va. Non piace a nessuno. Il popolo irlandese è solo l'ultima testimonianza”. Il parlamentare Carroccio, che non ha mai nascosto la propria soddisfazione per il risultato in Irlanda (“Hanno avuto la possibilità di far sentire la propria voce in una vicenda importante come questa, dove si doveva decidere se cedere una parte della propria sovranità”), si spinge oltre: “Se venisse proposto un referendum sul trattato di Lisbona anche nei paesi membri, credo che i risultati sarebbero deludenti per l'Europa”.Una bocciatura tout court che per il deputato bergamasco ha nomi e cognomi ben precisi: “il distacco nasce dal fatto che gli europarlamentari, unici eletti direttamente dal popolo, non possono fare leggi; è tutto in mano al consiglio europeo. Il parlamentare non può fare nemmeno delle proposte”. Tradotto: “E’ tutto senz’anima”, dove le istituzioni europee “si occupano di emanare direttive spesso inutili e dannose come quelle sulle quote latte”.
Critiche che hanno spesso portato la Lega ad essere dipinta come un partito euroscettico: “Semmai siamo eurorealisti - chiosa Stucchi -: diciamo quello che vediamo”. E al deputato leghista non va giù che a pagare per questa euro-burocrazia sia sempre il nostro Paese: “I cittadini italiani sono contribuenti netti di 4 miliardi di euro l'anno che regaliamo ai paesi interni all'Ue. Per cosa poi? Per farci concorrenza perché le risorse vengono destinate nelle aree depresse dell'Ue per stimolarne la crescita con il risultato che le aziende delocalizzano e noi non abbiamo più i soldi per aiutare le imprese a casa nostra, chiamate a competere sul mercato mondiale”.Dunque che fare? Per Stucchi le regole odierne andavano forse bene per un'Europa a 15 “non certo per una a 27”. Serve allora impostare “un nuovo discorso: dare cioè vita ad un grande accordo su nuove linee di azione da sottoporre ad una successiva consultazione popolare”. Un “referendum consultivo europeo” in cui ogni stato membro è chiamato a esprimersi ogni cinque anni, nel giorno in cui si rinnova il Parlamento europeo: “Si vota tutti il 14 giugno 2009 su un nuovo insieme di regole comuni”. Ma quali? “Di sicuro la facoltà di poter uscire dall'Europa. Oggi questa possibilità non è prevista”. Da qui secondo Stucchi nasce quel distacco della gente dalle istituzioni europee denunciato dall'indagine del Censis: perché “pochi individui non possono decidere sulla testa di milioni di persone”.
Così oggi “ci ritroviamo con le nostre imprese che chiedono di poter lavorare e competere con regole uguali, schiacciate dal dumping sociale e ambientale dei paesi in vla di sviluppo e “un'Europa incapace di garantirle su nessuno piano che sia es so economico, sociale o culturale”.

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