Il Presidente del
Copasir: bisogna creare un forziere nazionale delle Informazioni più sensibili
Serve un piano del
governo in tema di cyber security per proteggere i computer di tutta la
pubblica amministrazione in modo che le informazioni sensibili e riservate non
siano diffuse all'esterno». Giacomo Stucchi commenta l'inchiesta de Il
Mattino che ha divulgato negli ultimi giorni i particolari degli attacchi
hacker subiti dalla Farnesina nel 2013. Stucchi, parlamentare leghista, è il
presidente del Copasir, il Comitato per la Sicurezza dello Stato. Sempre più spesso siamo nel mirino di spie
e un ministero importante come quello degli Esteri si affida ai russi di
Kaspersky permettere in salvo i propri dossier? «L'Italia, come tanti altri
Paesi" riceve attacchi ogni giorno. L'unica cosa da
fare adesso è cercare di creare prodotti informatici che offrano tutte le
garanzie di riservatezza e la tutela dei dati contenuti nei nostri server. E, inevitabilmente,
questo intervento va applicato a tutta la pubblica amministrazione. Poi non ne
farei una questione della nazionalità dell'azienda che se ne occupa, ma è chiaro
che se si opera con società italiane si è maggiormente al sicuro>>. Però sono stati messi documenti sensibili
nelle mani di un'azienda russa che è stata spesso al centro di scandali per i rapporti
contigui ai Servizi russi. Un'anomalia?
«Non posso commentare nello specifico per il ruolo di garanzia che ricopro, ma
c'è necessità di intervenire e a breve lo faremo. Il Copasir presenterà un
proprio parere sul tema che sarà votato all'unanimità da tutti i componenti del
Comitato. Al di là del tecnicismo servirà
creare una cassaforte nazionale a cui sarà possibile accedere solo attraverso
procedure particolari per fare in modo che determinate informazioni siano
visibili solo da chi ha la necessità di consultarle. Nei nostri server bisognerà
accedere attraverso codici-sorgente conosciuti solo in ambienti ristrettissimi
e, soprattutto, che non siano diffusi fuori dal Paese». Molti dati sensibili sembrerebbe che abbiano valicato abbondantemente i
confini nazionali. «Sì, ma non mi risulta che ci sia un affidamento
assoluto della tutela dei nostri dati ad altri Paesi, ma posso parlare solo per
quanto concerne il nostro comparto intelligence. Eppure, per quanto riguarda
altre amministrazioni pubbliche, dobbiamo rivedere l'ultimo decreto Monti in
temadi cyber security. Già oggi ci si dovrebbe cautelare con tutta una serie di
controlli quando ci si affida a mani straniere, le società esterne devono
offrire adeguate garanzie di segretezza».Nella
relazione di Kaspersky c'è scritto che la Farnesina è stata bucata dagli hacker
perché utilizzava software obsoleti, soprattutto le versioni Java. La nostra
intelligence è ogni giorno a lavoro per proteggerci e poi un ministero nevralgico
viene attaccato per una leggerezza? <>. Bisogna ammettere che
l'Italia non ci fa una gran figura. Gli hacker sarebbero entrati in possesso
del dossier sulla sicurezza cibernetica degli Usa, piani militari, dei dati in nostro
possesso su Cina, Europa e molte altre zone del mondo. «Tutti i Paesi
subiscono attacchi, bisogna attrezzarsi e bisogna mettere nel conto che queste
sono le sfide che ci aspettano da qui a molti armi>>. Le risulta che a compiere l'ultimo attacco
alla Farnesina per 16 mesi sia stato il team di hacker russi Apt 291?«Come
sa non posso rispondere. È un gruppo che è noto a livello mondiale perché è
riuscito negli armi ad infiltrarsi nei sistemi informatici dell'intelligence norvegese
e della Nato. Però prima di concentrarsi solo sui russi bisogna fare ampie
riflessioni, non si può gettare la croce addosso ad un singolo Paese».
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