Dal 2013 alla guida del Copasir, il Comitato
parlamentare per la sicurezza della Repubblica, c’è il senatore Giacomo
Stucchi: «Nel nostro Paese c'è un sistema che funziona, grazie al lavoro
dall'Intelligence e delle forze dell'ordine»
A
controllare chi ci controlla (per il nostro bene) è un bergamasco. Dal 2013,
alla guida del Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della
Repubblica, c’è infatti il senatore leghista Giacomo Stucchi. Per legge - art. 30 della Legge 124 del 2007 -,
l’Intelligence italiana deve rendere conto della propria attività al Comitato
di palazzo San Macuto. Partiamo dall'inizio: come nasce il Copasir? Nel
2007 è stata superata la Legge 801 del 1977, riguardante i Servizi segreti, ed
è stata approvata la 124, che disciplina il nuovo sistema del Comparto
Intelligence. Sono stati eliminati Sisde e Sismi, e create Aisi (Agenzia
informazioni sicurezza interna) e Aise (Agenzia informazioni e sicurezza
esterna), coordinate dal DIS, il Dipartimento delle informazioni per la
sicurezza. Il DIS svolge la stessa funzione del DNI statunitense, che però di
agenzie ne coordina sedici. Il Copasir è l'evoluzione del vecchio Copaco
(Comitato parlamentare di controllo), previsto dalla legge 801/77, ma con più
poteri. Numero elevato quello delle agenzie USA? Sì,
ma anche i Ranger fanno parte del loro sistema di Intelligence, perché
controllano una riserva strategica come l'acqua, che deve essere tutelata da
possibili inquinamenti ad opera di terroristi. Aisi e Aise cosa gestiscono? Le
due agenzie operano su obiettivi prioritari e strategici, indicati dal Governo.
Il Presidente del Consiglio (art. 3 della legge 124) può delegare le funzioni
che non sono ad esso attribuite in via esclusiva a un ministro senza
portafoglio o a un sottosegretario - denominati Autorit à Delegata. In questa
legislatura, tale compito delicato è affidato al senatore Marco Minniti. E'
l'Autorità delegata a trasmette al Comitato tutte le informazioni legate alle
attività del Comparto Intelligence, anche mediante specifiche relazioni, a
cadenza periodica. Inoltre informa il Copasir dei risultati raggiunti e - in
alcuni casi anche ad operazione in corso - spiega le attivazioni delle Agenzie
per fronteggiare le minacce asimmetriche che si pongono sullo scacchiere
internazionale come sul versante interno. Veniamo al ruolo del Copasir Ha
dieci componenti, cinque deputati e cinque senatori. Cinque devono essere di
maggioranza, cinque di opposizione. Per legge il comitato deve essere guidato
da un presidente di opposizione. Si tratta del ruolo più delicato, all'interno
del Parlamento, riservato all'opposizione. In situazioni particolari, al
presidente viene fornito un quadro completo di quanto accade, con informazioni
in tempo reale. Poi chi guida il Copasir informa i membri del Comitato. Un ruolo di peso Una
bella responsabilità. Il Copasir è l'unico organismo autorizzato a lavorare in
concomitanza con le sedute di Camera e Senato, anche se sono previste
votazioni. I temi che trattiamo sono così delicati che sarebbe impossibile fare
diversamente. Quali autorità incontrate? Nelle
audizioni, i massimi vertici della Polizia, dei Carabinieri, della Guardia di
Finanza, dell'Esercito, Procuratori generali, oltre che i direttori delle
Agenzie (AISE e AISI), il Direttore Generale del DIS, ministri facenti parte
del CISR e ad altri soggetti in possesso di informazioni utili per il nostro
lavoro. Affrontiamo tematiche legate alla sicurezza del Paese. Abbiamo una
necessaria 'regola d'ingaggio': non possiamo dire nulla di quanto di specifico
apprendiamo ed elaboriamo nel corso dei lavori del Copasir. Una buona parte
dell'attività della nostra Intelligence può essere resa pubblica, e viene resa
nota con una Relazione annuale sulla politica dell'informazione per la sicurezza,
pubblicata su www.sicurezzanazionale.gov.it, il sito del Comparto Intelligence. La Relazione è
anche uno strumento strategico per decodificare scenari fluidi e costruire
anticipazioni. Nella Relazione di quest'anno peraltro si sottolinea il
confronto e la collaborazione con il Copasir, spiegando che "Il
Comparto è coprotagonista nella feconda e armonica collaborazione con il
Copasir, di una straordinaria e sempre aperta pagina di democrazia parlamentare...".
Una
parte delle informazioni che raccogliamo, invece, rimane classificata per
ragioni di riservatezza e sicurezza nazionale. Si rendono noti i risultati del
lavoro, tenendo presente che spesso i successi dell'Intelligence sono quelli
che non possiamo raccontare e che 'non sono mai accaduti'. Il sistema è complesso? E'
una Intelligence che opera a protezione dei diritti e della libertà, oltre che
presidio di democrazia. Un Sistema che funziona ma necessita, come tutti gli
organismi, di controlli. Il nostro ruolo è delicato: il controllo democratico.
Verifichiamo che tutto ciò che fanno le Agenzie avvenga rispettando le regole
cui sono sottoposte, non solo le leggi ordinarie. Il rispetto della privacy,
innanzitutto. Purtroppo la storia dei Servizi, in Italia, è stata a volte
legata a vicende che si tingevano di grigio, ora la percezione è cambiata e dei
nostri 007 - uomini e donne dello Stato che lavorano per proteggere tutti - c'è
una nuova narrazione. E un indice di fiducia che l'Eurispes certifica a quota
64%. Fino a una manciata di anni fa - quando ancora c'era il 'mito'
dell'impermeabile e degli occhiali scuri - sarebbe stato impossibile pensarci. Con che frequenza si riunisce il Comitato? Abbiamo
fatto più di 200 riunioni in due anni e 10 mesi. Durano in media un paio d'ore.
Il precedente Comitato, presieduto prima da Francesco Rutelli e poi da Massimo
D'Alema, in cinque anni ha svolto 150 riunioni. Non è che loro non lavorassero,
semplicemente è cambiato il mondo. In che senso? Fino
al 2013 sul fronte estero, Daesh quasi non esisteva, c'erano solo i problemi
dei Paesi della primavera araba e poco altro. Non c'era il Datagate, esploso
nel giugno 2013, pochi giorni prima che ci insediassimo: è stato un altro duro
banco di prova, perché la tutela dei dati personali delle comunicazioni è un
nostro tema. Siamo stati a Washington, all'NSA, a Bruxelles, a Tallin, per
riunioni internazionali volte a fronteggiare unitariamente l'emergenza. Ci sono
differenze di vedute tra noi e gli Usa. Infatti in Italia il dato, cioè il
contenuto di una conversazione, e il metadato, cioè quando-dove-numero del
ricevente e del chiamante, sono tutelati allo stesso modo. Negli Stati Uniti i
metadati non sono tutelati. Oggi gran parte delle conversazioni passa da
Whatsapp, Facebook, Skype: i server sono americani, quindi applicano la loro
giurisdizione. Sono dati che servono a fronteggiare il terrorismo L'obiettivo
è questo. E la messa a terra del discorso è semplice: se voglio controllare
l'inquinamento di un fiume verificando se vi siano o meno bottiglie di plastica
nelle sue acque, lo devo fare senza disturbare i pesci. Dobbiamo darci delle
regole ma senza depotenziare la lotta al terrorismo. Per fare questo abbiamo
interlocuzioni continue con i soggetti che si occupano di queste materie,
comprese le società che in Italia operano nel campo delle telecomunicazioni.
Devono garantire di essere pronte a fronteggiare attacchi esterni: la rete
delle telecomunicazioni è un'infrastruttura critica e un suo mal funzionamento
potrebbe mandare in crisi il sistema Paese. Sono pericoli tangibili Per
questo vengono seguiti, con l'impiego di tante persone. Altre attività del Comitato? Teniamo
anche incontri internazionali, in cui ci confrontiamo con i Comitati omologhi
al nostro, soprattutto europei. Il confronto parlamentare è infatti quello che
consente, al di là della diplomazia ufficiale dei governi, di capire se il
proprio strumento di controllo funziona o meno. Oppure se altri Paesi hanno
strumenti più efficaci. Che poteri avete? Non
pochi. Esprimiamo pareri sui bilanci del Comparto Intelligence che, pur non
essendo vincolanti, vengono quasi sempre totalmente recepiti. In alcuni Paesi i
comitati ad esempio possono obbligare il governo a spostare risorse da un obiettivo
all'altro. Da noi non c'è questo strumento ma opera una sorta di moral suasion,
per cui se decidiamo che c'è qualcosa di fondamentale da aggiungere o da
cambiare sui documenti a noi sottoposti - non solo i bilanci - il governo ne
prende atto. Il Comitato dà anche tutta una serie di pareri che riguardano
l'interna corporis delle Agenzie. Ogni settimana analizziamo una quantità
rilevante di documenti. Il Presidente li riceve tutti e li mette a disposizione
dei componenti. C'è sempre collaborazione tra maggioranza e opposizione? Ad
oggi abbiamo approvato ogni atto all’unanimità. Hanno avuto disco verde tanti
testi, diversi, e su questioni molto dedicate. Un altro dei vantaggi del
Comitato è che, essendo le sedute segrete, non vi è spazio per la polemica
politica. I nostri verbali pubblici riportano solo orari di inizio e fine
riunione. E i contenuti sono secretati. Non è mai successo che trapelasse qualcosa? A
volte capita, ma solo per i titoli, non per i contenuti. In alcuni casi però,
soprattutto per faccende molto delicate - come recentemente per i due italiani
morti in Libia, per il caso Regeni o per operazioni in corso - si decide che
qualcosa debba essere riferito in maniera corretta ai media, raccontando il
frame di un evento o alcuni tag fondamentali, anche per evitare fantasiose
ricostruzioni che non servirebbero a nessuno. E spesso questo compito è
delegato al Presidente. Dopo i fatti del Bataclan, ad esempio, la scorso
13 novembre, il giorno successivo ci siamo riuniti d'urgenza. All'uscita dalla
riunione nei corridoio c'erano decine di giornalisti ad aspettarci: in quei
casi devi trovare il modo di rispondere, fino al massimo consentito. Non si può
lavorare di fogging. La prevenzione lì ha fallito. E da noi? Nel
nostro Paese c'è un Sistema che funziona bene. Molto è dovuto al lavoro svolto
a monte dall'Intelligence, ma molto anche dalle forze dell'ordine e dalle
procure. Il controllo del territorio è capillare e, ad oggi, non ci sono piani
di attacchi o progettualità ostili che possano essere indirizzati in maniera
specifica contro il nostro Paese. . Questo non vuol dire che vi sia una
situazione di sicurezza assoluta. Bisogna avere il coraggio di evidenziarla e
serrare sempre più le maglie della rete di una sicurezza partecipata. Le sfide sono
il terrorismo internazionale, la minaccia cyber ma anche gl attacchi alla
sicurezza economico-finanziaria. La dimensione sfidante dell'Intelligence è
cambiare le cose sul terreno. Guardare lungo, e in largo. Questo terrorismo, però, è profondamente diverso Ha
mutato pelle, ma il controllo del territorio resta decisivo. Del resto le
situazioni di disagio sociale vissute nei quartieri ultrapopolari che hanno
portato alcuni soggetti verso il terrorismo degli anni Settanta sono le stesse
che si vivono oggi nelle banlieu nostrane, dove covano le maggiori ostilità nei
confronti della cultura occidentale. Il problema è la perdita degli spazi
sociali, il disagio delle periferie. Per Bergamo, ad esempio, la realtà di
Zingonia risulta anche per questo problematica. A livello cittadino, ci potrebbero essere individui
pericolosi tra gli ultrà? Se
determinate tifoserie possano avere collegamenti con gruppi estremisti
politici, occorre capire quali e in che modo. A Bergamo questo problema non
c'è: parlo di situazioni che riguardano l’Intelligence, naturalmente, non a
fattori di ordine pubblico. Tornando al terrorismo, sapete chi sono i soggetti da
tenere d’occhio Si
sa chi sono i soggetti problematici ma finché non ci sono reati non si può
procedere. L'Intelligence agisce a monte, analizzando situazioni sospette, con
i metodi ammessi dalla legge. A valle, c'è il lavoro di procure e forze
dell'ordine. Che effetto fa essere a capo di un organismo di
controllo parlamentare sull'Intelligence?
Ho
possibilità di conoscere molto di quello che accade e posso accedere a tante
informazioni, attuali o legate alla storia repubblicana. Ma ho anche la
consapevolezza di un compito istituzionale che mi porta sempre a cercare il
meglio per il nostro Paese e i suoi interessi. Potreste anche essere ricattabili. E in qualche modo? E'
un rischio reale. Infatti dico sempre: "meno cose so, meglio è". Come
diceva Condor nel celebre romanzo. Ma purtroppo non posso non sapere... Mi
consolo con un detto di Sun Tzu: 'Investi su spie destinate a vivere'. Ma con
un sorriso. È un lavoro a tempo pieno, quello del presidente del
Copasir? Da
mattina a sera, e spesso anche nel fine settimana. Ma è bello stare nel campo,
'operativo' anch'io. Comunque una vita molto interessante, considerando tematiche,
viaggi e incontri. Quanto dura il mandato?
Fino
alla fine della legislatura, e di solito l'incarico non viene rinnovato. Si
vengono a conoscere già troppe cose in 5 anni. E il vincolo di riservatezza
vale non solo durante l'incarico, ma per tutta la vita. Ci porta dietro il
tunnel di dati che si è attraversato, ma soprattutto l'esperienza di aver
lavorato davvero al servizio dello Stato. Una donna potrebbe ricoprire questo ruolo, visto che
veniamo considerate delle chiacchierone? Perché
no? All'interno del comitato c'è Rosa Villecco Calipari, deputata Pd e collega
capace e competente. Chi nomina il Comitato? I
presidenti dei gruppi parlamentari danno i nominativi ai Presidenti di Camera e
Senato. Sono nomine spesso molto ambite,
nel mio caso però mi è stata chiesta la disponibilità da Maroni, visto
che già nel '99 ero stato componente del Copaco, ma ho accettato solo dopo
essermi consultato con Silvia (Lanzani, compagna di partito e nella vita, ndr
), perché un ruolo del genere incide anche sulla vita privata. Siete a disposizione 24 ore su 24? Sì.
Ricordo ad esempio che dopo pochi giorni dalla nomina sono stato chiamato un
sabato mattina, molto presto, perché dovevano comunicarmi un'informazione
riservata. Lo fecero per telefono, utilizzando le procedure del caso. A
proposito di tutela delle comunicazioni, le racconto un aneddoto. Quando sono
stato nominato, ho detto scherzando a un amico dei 'Servizi segreti':
"Adesso però basta controllarmi il telefono". Lui si è messo a ridere
e mi ha risposto: "Noi non lo faremo, ma ci sarà almeno una dozzina di
Servizi di Paesi stranieri che da oggi in poi lo faranno". Qualche novità che vuole segnalare, riguardo
all’Intelligence? I
roadshow fatti dai Servizi nelle università italiane. Sono stati finora 24, da
Nord a Sud del Paese. Ci hanno messo la faccia, raccontando chi sono e cosa
fanno. Una volta l'arruolamento avveniva soltanto con i transiti dalla Pubblica
Amministrazione, quasi sempre comparto Difesa e Sicurezza. Oggi, oltre al bacino
'tradizionale, all'Intelligence servono esperti di informatica, matematica,
lingue rare. Quindi è importante il contributo che possono dare questi nuove
energie e menti, di cui gli atenei sono ricchi. È la prima volta che
l'Intelligence lo fa e sono stati finora 'arruolati' 30 giovani, i migliori
dalle università italiane. Un esperimento che ha portato 'sangue fresco' alle
Agenzie ma soprattutto ha contribuito ad allungare il campo di competenze e
passione. Nodi attivi di una rete nuova. Dopo la formazione alla Scuola del
Comparto -il campus dell'Intelligence nazionale - entreranno in attività,
portando il loro contributo. Cosa pensa la gente della nostra Intelligence? C'è molta stima. Uscendo da ragionamenti abbastanza accomodati, è
cambiato l'algoritmo: si è passati dalla cultura della segretezza alla cultura
della sicurezza. I Servizi lavorano per difendere la gente; sono composti da
uomini e donne che, per proteggere gli interesse del Paese o aiutare cittadini
in difficoltà, a volte mettono a repentaglio la propria stessa vita. Quando
leggo di connazionali sprovveduti, che si recano in zone pericolose, penso a
questo. Da un anno però se una persona compie un viaggio in un Paese a rischio
finendo nei guai, e i familiari chiedono l'aiuto dello Stato al termine della
vicenda, giustamente, lo Stato richiede il rimborso delle spese sostenute per
risolvere la vicenda. Responsabilità è una parola-valigia che non
dovremmo mai dimenticare.
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