sabato 17 aprile 2010

IL FOGLIO - 17/04/10 - TESSITORI PADANI

Che cosa aspettano i pontieri leghisti per tentare di ricucire la frattura tra Fini e il Cav.

Milano. Stiamo a guardare. Per cercare di vincere la partita. In Via Bellerio ieri l’atmosfera era quella di attesa. Divertita per chi si compiace di essere sempre al centrocampo, all’attacco o in difesa non importa, a condizionare l’agenda politica (e gli scontri) nel governo. Inquieta per chi, più prudentemente, ritiene che la Lega, abbia bisogno di stabilità per completare l’iter delle riforme. Certo, la Lega continua ad affermare attraverso la Padania che governa chi vince, ma il fuoco aperto da Fini potrebbe essere qualcosa di più di una commedia del presidente della Camera. In Via Bellerio ieri nessuno era capace di prevedere le mosse del capo, Umberto Bossi, che però a Roma ha detto una frase da molti ritenuta inequivocabile: “ Se le cose non si rimettono a posto, si va alle elezioni”. Che tradotto vuol dire: vinciamo noi anche quando potremmo perdere. Eppure fino a qualche ora prima della dichiarazione di Bossi, le previsioni, o meglio le supposizioni che facevano leghisti e legologhi, erano al contrario basate su un unico, semplice, ragionamento: se il Pdl, dopo la minaccia di Fini, si sfascia e si va alle elezioni, perdono tutti. A cominciare dalla Lega che ha fretta di portare a casa il federalismo. E per questo motivo ci si aspettava semmai che il Carroccio mandasse avanti qualche pontiere, ma Bossi ha parlato e i suoi colonnelli per ora tacciono. Tace Roberto Maroni. E tace per il momento anche Roberto Calderoli che, secondo alcune indiscrezioni raccolte dal Foglio, ha infastidito il capo con il suo eccessivo protagonismo, non sempre concordato, pare, con Bossi. Apparentemente però i leghisti considerano che la partita sia tutta interna al Pdl e il tentativo di Gianfranco Fini di arginare il brand B&B Berlusconi e Bossi, non possa danneggiarli perché se si andasse a elezioni, questo è il ragionamento che si fa in zona Bellerio, il voto premierebbe ancora di più la Lega che avanza laddove il Pdl dimostra la sua fragilità. E magari riuscirebbe addirittura a segnare quel goal che non è riuscita a mandare in rete alle elezioni regionali: il pareggio con il Pdl in Lombardia. Sparate propagandistiche a parte, Bossi farà di tutto perché non si consumi la rottura. E non reciterà la parte di Ponzio Pilato. Come spiega al Foglio Giacomo Stucchi, bergamasco, parlamentare di lungo corso della Lega, sa bene quali siano i canali di dialogo fra il Carroccio e Fini. “La Lega ha bisogno di stabilità, ovvio, ma la contrapposizione Fini – Berlusconi danneggerà solo il presidente della Camera, che sta facendo lo stesso errore di Casini”, ha detto al Foglio. “A Montecitorio vedo molti di quelli che avevano il nome di Fini tatuato sul braccio, incerti, smarriti, pronti a fare un passo indietro. E poi non ha i numeri: anche se si allea con Casini e con Rutelli, non avrebbe mai posti sufficienti da dare a chi gli rimane fedele. Se si torna a votare, l’iter della legge sul federalismo verrà prorogato, ma ormai la road map delle riforme è delineata. Mi sembra che il colpo di coda di Fini sia stato maldestro e poco consapevole”. Certo, se Roberto Cota non fosse tornato sul territorio, come dicono i leghisti ogni volta che tornano nelle loro regioni di provenienza, a guidare il Piemonte, lui sarebbe l’uomo adatto a fare da pontiere fra Fini e Berlusconi. Visto che il neogovernatore, in qualità di capogruppo, del Carroccio a Montecitorio, ha sempre avuto un filo diretto (e anche una simpatia ricambiata) verso Gianfranco Fini, ma ieri Roberto Cota ha formato la sua giunta e, impegnato nel suo nuovo ruolo, anche lui tace. “Per il momento stiamo a guardare come se la cavano”, conclude Stucchi. Intanto Anna Finocchiaro, capogruppo del Pd al Senato, parla di una crisi istituzionale e politica seria, mentre i dietrologi sostengono che Bossi abbia tirato la corda per fare un favore a Berlusconi che vuole liberarsi di Fini. È presto per immaginare scenari certi, ma secondo i leghisti vincerà comunque il modello padano perché nessuno in questo momento ha la forza di proporre e a affermare un’alternativa alla diarchia B&B.

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