lunedì 8 febbraio 2010

IM-IMPRESA MIA - 8/02/10 - NEL TESSILE E' CRISI PER CHI PRODUCE E PER CHI COMMERCIALIZZA

Le aziende Montecarlo e Triumph sono state oggetto di due interrogazioni rivolte ai ministri del Welfare, Maurizio Sacconi, dell'Economia e delle finanze, Giulio Tremonti, e dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, dai deputati leghisti Giacomo Stucchi, Nunziante Consiglio, Ettore Pirovano e Pierguido Vanalli per sapere come si intende far fronte alla crisi industriale e produttiva che da diversi anni investe pesantemente il comparto manifatturiero, ed ora anche commerciale, della bergamasca coinvolgendo migliaia di lavoratori. Nello specifico, la Montecarlo spa, azienda specializzata nella commercializzazione di abbigliamento e gadget tessili, ha recentemente raggiunto un accordo che prevede il ricorso ad un anno di cassa integrazione straordinaria in deroga per tutti gli attuali 34 dipendenti, a fronte della prospettiva di una cessazione d'attività: solo nell'ultimo anno ha registrato un calo considerevole del fatturato e una forte inadempienza nei pagamenti. e rimarrà aperta un breve periodo per la sistemazione degli ordini e per lo smaltimento del magazzino, con un organico ridotto al minimo. L'azienda fu fondata ad Azzano (Bergamo) nel 1981 e dal 1994 nel polo commerciale-artigianale "Galassia"di Bergamo, la Montecarlo non aveva mai registrato in precedenza particolari problemi sul fronte occupazionale. A detta dei deputati, la vicenda della Montecarlo rappresenta una novità in quanto non si tratta di un'azienda produttrice di beni, ma di una società di commercializzazione di prodotti. L'altra vicenda è quello della Triumph che già nel maggio 2004 annunciò 113 esuberi, poi scesi ad 88, per l'allora annunciata cessazione della produzione dell'intimo Sloggi, che fu spostata da Trescore Balneario (Bergamo) all'estero. Nei giorni scorsi, l'zienda ha annunciato di essere costretta a chiudere il magazzino di Trescore Balneario (Bergamo), a fronte della situazione di crisi mondiale, anticipando la decisione di una eventuale mobilità per 56 addetti, di cui la maggior parte donne. Anche in questo caso, le ricadute sociali, se l'azienda non modificasse la sua decisione, aggraverebbero ancor più la già rilevante problematica occupazionale della bergamasca.

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