venerdì 6 novembre 2009

LA REPUBBLICA -06/11/09 - BOSSI-MARONI, PRESSING SU TREMONTI E GIOCO AL RIALZO SULLE REGIONALI

MILANO - In via Bellerio, dove hanno il gusto dell´allegoria, lo chiamano in vari modi: «duetto», «tandem», «dai e vai» che poi sarebbe il solito schema leghista, puntura e mungitura. Il canovaccio è rodato, compresa la reprimenda del capo che coltiva il vezzo di chiosare a seconda dell´ispirazione (più o meno muscolare). Maroni spinge, sonda, apre il campo (anche a se stesso, per far pesare il proprio ministero agli occhi soprattutto di Tremonti). Bossi, monarca leghista neo-moderato, fa da garante, alla Bossi, per la stabilità di governo e per il patto di fiducia con Berlusconi. Sapendo bene che ora gli tocca tenere a freno anche i suoi "colonnelli", tra i quali - con il quadro politico così agitato - lo spirito di competizione torna ad animare quello di iniziativa. L´obiettivo finale è però uno solo: ottenere. Il più possibile. In questo caso, soldi. Da Tremonti. E poi alzare la posta con il presidente del consiglio; vincere il braccio di ferro sulle candidature regionali (giochi non ancora chiusi persino in Lombardia nonostante la sicurezza ostentata da Formigoni, «sulla mia candidatura non ci sono mai stati problemi»); e saziare la pancia dell´elettorato. Non c´era bisogno delle formalità («con Bossi nessun problema», ha precisato il ministro degli Interni Maroni, figurarsi se diceva il contrario) per capire che dietro l´affondo anti-Tremonti del titolare del Viminale («pronto a votare con l´opposizione») e la tempestiva bacchettata del capo leghista («farà quello che dico io») non esiste nessuna divaricazione. Non tra loro due. E forse nemmeno tra la Lega e Tremonti, se è vero quello che assicura un autorevole dirigente del Carroccio: «E´ vero, Maroni se può mettersi in gara con Tremonti non si tira indietro. Ma ha fatto il suo mestiere, ha chiesto soldi perché sulla sicurezza si è giocato la faccia e ha costruito il successo di risultati che gli riconoscono tutti. Bossi, da parte sua, ha parlato da segretario del secondo partito della coalizione, garantendo che, alla fine, è lui che tratta. Umberto e Roberto si sono messi d´accordo per acchiappare il risultato. Anzi, per blindarlo... «. Il risultato sarebbe un´intesa di massima già raggiunta tra il ministro del Tesoro e lo stesso Bossi. Una sorta di deroga alle sforbiciate impietose di Tremonti. Sui fondi per la sicurezza. Da via XX Settembre la Lega avrebbe ottenuto la disponibilità a sfilare dalle spese correnti e dunque dai patti di stabilità che regolano il portafoglio dei Comuni - sono i sindaci, oltre ai sindacati di polizia, a incalzare Maroni - i soldi per la difesa dei cittadini dalla criminalità. Anche quelli destinati alle ronde. «Le adesioni sono basse - ragiona il parlamentare Giacomo Stucchi - perché se un cittadino si presenta in Comune e gli dicono che non ci sono soldi per le pettorine e per i telefonini, mica si iscrive... «. Dice Paolo Grimoldi: «E´ finita la politica dei soldi gettati al vento, ma sulla sicurezza non si scherza». Per leggere la partita che sta giocando la Lega nella maggioranza occorre poi tenere conto di alcuni aspetti. Primo: la portata dell´insofferenza per i tagli di Tremonti non è inferiore a quella avvertita nel Pdl, dove è forse maggiore. Secondo: il Carroccio sa bene che, nonostante i malumori di Berlusconi, è questo il momento per alzare il tiro (Veneto e Piemonte e/o Lombardia, che «con quella saremmo a posto»). «Ma nessuno di noi vuole veder tramontare il viaggio verso le riforme», ammonisce un diplomatico Mario Borghezio. Terzo ma non ultimo: anche i dirigenti di via Bellerio, come quelli degli altri partiti al governo, coltivano aspirazioni personali. Non certo per fare le scarpe a Bossi, quanto piuttosto per riposizionarsi nel caso l´esecutivo dovesse subire improvvisi scossoni. Maroni mira a detenere il primato di ministro più amato. Se possibile facendo ombra proprio a Tremonti («lui non è la Lega», Maroni dixit). Ci sono voci che vorrebbero meno intensi i rapporti tra lo stesso ministro dell´Interno e il titolare della Semplificazione, Roberto Calderoli. Il quale negli ultimi mesi passa sempre più tempo con il Senatur. Qualcuno dice occupando il ruolo che fu un tempo di Giancarlo Giorgetti, finito nella rosa di nomi dei papabili sostituti di Tremonti semmai si fosse dimesso. Fermenti interni. Sullo sfondo c´è il Nord che chiede molto, anzi moltissimo. «La Lega è in grado di usare armi di distrazione di massa - avverte Daniele Marantelli, deputato varesino del Pd e ambasciatore nei rapporti con il Carroccio - ma alla fine la pancia della gente non la riempi coi diversivi. Questo Bossi e Maroni lo hanno capito, e forse lo temono».

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